Le SUP si burocratizzano

Uno studio di Avenir Suisse constata negli istituti universitari superiori un aumento dei costi amministrativi e la diminuzione di quelli per l’attività didattica. Il totale è di 2,7 miliardi di franchi all’anno per 78’000 studenti
/ 05.03.2018
di Ignazio Bonoli

Uno studio di Avenir Suisse, ma anche costanti richiami da parte dell’Associazione dei docenti, hanno sollevato, dall’inizio di quest’anno, il problema delle Scuole universitarie professionali in Svizzera (in Ticino la SUPSI). In sostanza, le critiche maggiori mosse all’istituzione sono quelle di aumentare i costi dell’amministrazione a scapito dell’insegnamento. Cosa che però la Conferenza dei rettori delle Scuole universitarie professionali non ammette, sostenendo che non si possa parlare di «burocratizzazione», tanto meno a scapito dell’insegnamento.

Tra questi e altri pareri divergenti, probabilmente – come sempre – la verità sta nel mezzo. In ogni caso non si tratta però di un problema minore, dal momento che concerne ben 78’000 studenti, che costano 2,7 miliardi di franchi. Due ordini di grandezza che inducono a pensare che, dopo un ventennio di attività, un esame della situazione sia necessario. Necessità che hanno indotto non solo «Avenir Suisse», ma anche un comitato di ingegneri e di rappresentanti dell’economia a interessarsi del problema.

Secondo l’Ufficio federale di statistica, i costi di 2,7 miliardi di franchi sono ripartiti fra sette scuole universitarie professionali che contano su un’ottantina di siti. Costi che sono in continuo aumento. D’altro canto, nel confronto internazionale, le SUP svizzere escono molto bene dal punto di vista della qualità dell’insegnamento e della ricerca, ma sono anche al secondo posto, dopo gli Stati Uniti, quanto al costo per studente. Nel contempo, si è però enormemente sviluppato anche l’apparato amministrativo.

Sempre secondo l’Ufficio federale di statistica, nel 2016 l’amministrazione ha consumato il 33 per cento dei costi totali, mentre il corpo docente, nella media nazionale, è costato il 49 per cento dell’esborso totale. In confronto, nel 2009, la quota dei costi provocata dall’amministrazione era ancora del 31 per cento, mentre quella per i docenti raggiungeva il 57 per cento. In due dei sette istituti superiori professionali le spese per l’amministrazione erano perfino superiori a quelli per l’insegnamento: si tratta di quella di Berna e di quella della Svizzera italiana. Per quest’ultima l’amministrazione costa il 44 per cento del costo totale e l’insegnamento solo il 36 per cento. Il quadro è invece completamente diverso per la SUP della Svizzera romanda: qui l’amministrazione costa solo il 26 per cento del totale, ma l’insegnamento ben il 57 per cento.

Queste cifre e il loro confronto hanno sollevato parecchia curiosità anche a livello politico. Tanto più che da ormai un decennio le SUP hanno goduto di maggiore autonomia nella gestione del budget globale. Ma, proprio per questo, la politica ha chiesto maggiori informazioni, il che ha anche provocato maggiori costi amministrativi, senza un corrispondente miglioramento della produttività. Molto viene anche investito nelle collaborazioni esterne e un ulteriore fattore dell’aumento dei costi è dato dall’introduzione della riforma di Bologna (1999) volta a creare un sistema europeo della formazione professionale.

Già una decina d’anni fa, il corpo docente aveva avvertito dell’aumento significativo delle spese amministrative e chiesto un cambiamento radicale, che avrebbe posto in primo piano l’insegnamento invece dell’amministrazione. Difficile però da realizzare dal momento che non c’è una gestione trasparente dei bilanci e che anche il personale docente è sempre più costretto a lavori amministrativi. Lo denuncia, in un’intervista alla NZZ, l’ex-presidente dell’Associazione dei docenti, nonché membro della Commissione federale delle SUP, Franz Baumberger.

Ma, secondo la segretaria generale della Conferenza dei Rettori delle Università svizzere, Martina Weiss, lo sviluppo dell’amministrazione avviene soltanto in parallelo con le prestazioni delle SUP, e non si può parlare di un indebolimento dell’insegnamento, in presenza di un aumento di quasi diecimila studenti rispetto al 2013.

La soluzione per mantenere un alto livello di insegnamento potrebbe essere quella di interessare maggiormente gli ambienti economici all’insegnamento, cosa che già in parte si fa. Avenir Suisse giunge perfino a chiedere che non si inseriscano politici nei consigli universitari, ma scientifici, economisti e persone della società civile. Dal canto suo la Confederazione si muove già in questa direzione con la nuova legge sulla promozione e il coordinamento delle università che, entro il 2022, dovrebbe migliorare la qualità dell’insegnamento e della ricerca, creando le premesse per i futuri finanziamenti federali. A livello politico, si dovrà decidere il ruolo e il grado di autonomia degli istituti universitari, di cui sono responsabili i cantoni. Questi ultimi hanno però tendenza a esigere maggiori controlli e regolamenti, invece di puntare all’autonomia e alla libertà di insegnamenti e di ricerca.