L’anno peggiore dopo il 2008

Borse I mercati finanziari subiscono gli effetti dell’instabilità politica mondiale e si preoccupano delle previsioni negative per le maggiori economie mondiali
/ 14.01.2019
di Ignazio Bonoli

Fino a qualche tempo fa, gli analisti dei mercati finanziari erano concordi nel dire che l’andamento delle borse anticipava di regola l’evolvere dell’economia nell’anno seguente. In seguito però le borse hanno subito tali e tanti influssi da non rendere sempre valida questa regola. L’anno appena terminato sembra però tornato a confermare la tesi: l’anno borsistico 2018 è stato il peggiore – dopo la crisi del 2008 – e le prospettive per l’economia nel 2019 non sono per niente buone.

Ma soffermiamoci qui sullo scorso anno borsistico. In Svizzera l’improvviso rialzo dello Swiss-Market-Index (SMI) del 2,8% nell’ultimo giorno di mercato dell’anno ha provocato soltanto una correzione cosmetica di una tendenza che ha provocato sull’arco dei dodici mesi una perdita globale del 10,2%. Anche tenendo conto dei dividendi, calcolati dall’indice SMIC, la perdita si riduce solo al 7%.

Sempre con lo sguardo rivolto al mercato svizzero, si può vedere chiaramente che, a parte qualche eccezione, sono proprio i titoli più sensibili alla congiuntura che subiscono perdite sensibili: per esempio Lafarge-Holcim (cemento) perde il 23,5%; ABB (metalmeccanica) perde il 25,8%, mentre Adecco (mediazione lavoro) perde il 36%. Per motivi analoghi, ma anche particolari al settore, sono le banche le maggiori perdenti del 2018: Julius Bär 39,8%, Credit Suisse 37%, UBS 29%. Registrano invece guadagni le assicurazioni, con in testa Swiss Life +14%, ma anche le chimico-farmaceutiche Novartis +5,7% e Roche +2,5%. Queste valutazioni tengono conto anche dei dividendi da distribuire.

Ma nel confronto internazionale, quella svizzera è una delle borse con le perdite minori. Anche la borsa americana (indice S&P 500), la sera del 31 dicembre, perdeva «solo» il 7%. Alle borse europee è invece andata molto peggio: l’indice europeo Euro Stoxx 50 perdeva il 14,8%, mentre il tedesco DAX doveva constatare un calo del 18,3% e il francese CAC 40 una perdita del 2,1%. Le perdite in sé sono già preoccupanti, ma lo sono ancora di più se si considera che all’inizio dell’anno le previsioni degli esperti erano piuttosto positive. L’effetto «Trump» negli Stati Uniti sembrava destinato a consolidarsi e a influire positivamente sui mercati internazionali.

Lo stesso presidente americano ne andava molto fiero, al punto di presentarsi quale paladino della crescita economica al simposio di Davos. Tuttavia, già a metà dell’anno, le borse mostravano parecchia volatilità e cominciavano a temere una politica monetaria meno espansiva e quindi un possibile aumento dei tassi di interesse. Molti esperti erano così costretti in autunno a rivedere le previsioni di crescita per l’anno in corso e per il seguente.

In realtà si cominciava a tener conto di una situazione politica che andava deteriorandosi: dalle elezioni in Italia, alle minacce atomiche della Corea del Nord, alla Brexit in Europa, cui si aggiungevano le dispute sui dazi doganali tra Stati Uniti e Cina. Per finire, le previsioni piuttosto pessimistiche del FMI provvedevano a tarpare le ali al poco che restava di ottimismo sull’immediato futuro. Così, verso la fine dell’anno, l’incertezza dominava la scena, favorita anche dalle difficoltà del governo americano, uscito ridimensionato dal parziale rinnovo della Camera dei deputati. Anche le recenti decisioni di Trump aumentano le incertezze a livello mondiale e contribuiscono a creare un terreno arido per le borse.

Di conseguenza, anche le previsioni per le borse per il 2019 non possono essere positive, pure se le reazioni delle borse alla fine del 2018 sono forse state esagerate. Molto può essere dipeso anche dai programmi computerizzati (che in America coprono ormai l’85% del volume di borsa) che reagiscono immediatamente alle tendenze, ampliandole e rinforzandole. I più ottimisti pensano che il fondo dei mercati azionari verrà toccato nel primo trimestre, dopo di che potrebbero verificarsi recuperi.

Non la pensa però così chi tiene conto delle previsioni congiunturali pessimistiche e del fatto che la Riserva Federale americana ridurrà la liquidità dei mercati, mentre anche la Banca centrale europea pone fine al programma di «Quantitative Easing». 

Chiaramente le borse continueranno a subire gli effetti dell’instabilità politica mondiale, ma avranno probabilmente anticipato molti effetti nel primo trimestre, per cui il seguito dell’anno potrebbe lasciare qualche speranza di ricupero. E, infatti, la prima settimana dell’anno si è chiusa con bilanci positivi (salvo Tokyo) perfino a New York, nonostante il tonfo di Apple. Ma forse è anche questo un segno della grande volatilità dei titoli azionari che potrebbe caratterizzare anche il 2019.