Gli scenari di crescita per l’economia svizzera, nell’anno appena iniziato, sono positivi. Secondo la maggior parte delle previsioni dovrebbero aggirarsi attorno a un +2,3% del prodotto interno lordo (previsioni SECO), la disoccupazione dovrebbe mantenersi al livello del 2,9% e l’inflazione non dovrebbe allontanarsi dallo 0,3%. Come di regola, il tasso di crescita dell’economia svizzera dipende in gran parte dalle esportazioni. Queste ultime sono a loro volta favorite dal buon andamento delle economie mondiali. Anche in questo caso le previsioni sono molto favorevoli. Secondo il Fondo Monetario Internazionale e l’OCSE, l’economia mondiale dovrebbe crescere del 3,7%. L’economia svizzera sta quindi già beneficiando della ripresa mondiale (e in particolare europea), approfittando anche della ripresa dell’euro e in parte anche del dollaro sul franco.
Se le previsioni restano buone anche per il 2019, non si deve dimenticare che il mantenimento di questi livelli, a media e lunga scadenza, va sostenuto con opportune misure. A questo proposito, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), nel suo rapporto annuale per paese, sostiene che la Svizzera deve diventare più concorrenziale e abbattere ancora alcuni ostacoli che intralciano il libero scambio, con il preciso scopo di migliorare la produttività.
Il rapporto OCSE constata che la Svizzera, anche durante il recente periodo di crisi finanziaria ed economica, ha saputo mantenere un ottimo livello di benessere, una buona concorrenzialità e un’ottima resistenza dell’economia, nonché un ottimo grado di preparazione della sua mano d’opera. Ma – secondo l’OCSE – il tasso di crescita dell’economia negli scorsi anni è stato troppo debole per poter aumentare in modo sensibile il reddito pro capite della popolazione. Inoltre, la politica monetaria della Banca nazionale potrebbe nascondere qualche insidia. In sostanza, tra i punti deboli dell’economia, l’OCSE segnala un troppo modesto miglioramento della produttività. Un tema che i rapporti dell’OCSE affrontano già da qualche anno con regolarità. Negli ultimi due decenni, infatti, la produttività dell’economia svizzera si è indebolita in media dello 0,3% all’anno, il che corrisponde ancora a un terzo della media dei paesi OCSE.
Le cause individuate dall’OCSE per questo fenomeno sono molteplici. Tra queste si cita l’eccessiva ingerenza statale in settori strategici come l’energia, le telecomunicazioni e i trasporti. Settori che dovrebbero aprirsi maggiormente agli investitori privati, riducendo anche gli ostacoli che oggi frenano altre partecipazioni. Anche la politica di protezione doganale per i prodotti agricoli e le barriere nel settore dei servizi sono ancora troppo importanti. Negativi sono anche gli ostacoli amministrativi per la creazione di imprese, il che rende molto bassa in Svizzera la quota di giovani imprenditori. A questa situazione supplisce in parte il nuovo portale (One-Stop-Shop) che dovrebbe alleggerire i lavori amministrativi.
Nel rapporto, l’OCSE critica la composizione e la limitata indipendenza della Commissione della concorrenza (ComCo) e suggerisce di escludere dalla Commissione i rappresentanti delle organizzazioni economiche per rinforzarne l’indipendenza. Attira inoltre l’attenzione sul fatto che il rallentamento dell’immigrazione potrebbe provocare problemi sul mercato del lavoro. La Svizzera dovrebbe facilitare l’immigrazione di forze lavorative altamente qualificate, provenienti da paesi non-UE, per attenuare le minacce di carenza di personale qualificato. Inoltre, si dovrebbe utilizzare meglio il grande potenziale di mano d’opera femminile, magari anche introducendo il principio della tassazione individuale per le coppie sposate. Infine, impulsi positivi per la produttività potrebbero essere trovati negli accordi di libero scambio, in particolare in quelli già avviati con paesi sudamericani.
Il rapporto OCSE affronta parecchi altri temi, tra i quali quello di un miglior coordinamento nella politica di bilancio tra Confederazione, Cantoni e Comuni. Tema piuttosto complesso e che deve comunque tener conto dell’impronta federalistica dello Stato elvetico. Su altri aspetti invece l’OCSE prende posizioni nette, come per esempio quando consiglia di sopprimere la garanzia statale per le banche cantonali, oppure di ridurre i sussidi all’agricoltura, o anche di adeguare l’età di pensionamento all’aumentata speranza di vita, creando incentivi che possano ritardare il pensionamento, e infine anche di garantire una formazione specialistica dinamica e l’aggiornamento continuo.
Tutte buone cose, che però, calate nella realtà svizzera, creano non pochi problemi di attuazione. Si sa però che questi suggerimenti sono spesso già concordati con i responsabili elvetici dei vari settori, i quali talvolta approfittano dell’occasione per rinverdire l’attualità di certi problemi. In realtà, trattandosi di puri suggerimenti, questa parte del rapporto ha una sua attualità e non viene contestata nella stesura finale.