La Svizzera perde competitività

Rimane quinta su 141 paesi nell’analisi del WEF, ma potrebbe migliorare il sistema doganale, incentivare le imprese a innovare e a correre qualche rischio in più, ridurre le regolamentazioni e i tempi per la creazione di imprese
/ 21.10.2019
di Ignazio Bonoli

Se lo scorso anno si poteva evidenziare che, per la prima volta dal 2009, la Svizzera non era più al primo posto della speciale graduatoria, allestita da ormai quarant’anni dal WEF di Ginevra sulla competitività internazionale, quest’anno il giudizio non solo viene confermato, ma peggiorato. Non si può quindi aggiungere, a mo’ di consolazione, che il risultato è dovuto al cambiamento di metodo dell’inchiesta. Ovviamente si può anche avere qualche perplessità sul metodo di indagine, che però ha il pregio di godere di 40 anni di esperienza, nonché quello di sottoporre tutti i paesi allo stesso trattamento.

Il rapporto di quest’anno attira però l’attenzione anche per qualche altra particolarità. Infatti, se lo scorso anno la Svizzera era superata da Stati Uniti, Singapore e Germania, quest’anno è invece superata, nell’ordine, da Singapore, Stati Uniti, Hong Kong e Olanda. Dai primi posti è scomparsa la Germania (e lo si può capire considerando che i primi sintomi di rallentamento dell’economia erano già chiari lo scorso anno). Sorprende invece l’inserimento di Hong Kong, analizzata però prima dei moti di fine estate e d’autunno che ne hanno certamente compromesso la competitività.

Sorprende anche l’inserimento dell’Olanda, la cui economia è molto legata a quella tedesca (come del resto la Svizzera), mentre non sorprende più di quel tanto il sorpasso di Singapore sugli Stati Uniti. Ma probabilmente queste valutazioni potrebbero essere un indice delle debolezze di questo tipo d’indagine: i dati raccolti sono del mese di aprile e la maggior parte di essi si riferiscono al 2018 e in parte perfino al 2017. E nel 2017 la Svizzera era considerata il paese con il miglior grado di competitività al mondo. 

L’indice di quest’anno dà un peso maggiore alla forza innovativa e alla capacità di adeguarsi ai cambiamenti repentini della quarta rivoluzione industriale. Ma anche in questo caso bisogna analizzare i risultati con prudenza. Per esempio, proprio la Svizzera ha perso una posizione per 0,3 punti percentuali, il che di per sé non è molto significativo. Tanto più che la nostra economia deve la propria posizione, sempre fra le prime dieci al mondo, alla stabilità macro-economica, alla buona infrastruttura, al sistema sanitario e alle ottime possibilità di formazione, rimaste invariate.

Il che non significa che, anche agli occhi del WEF, il nostro sistema non sia esente da pecche. Una di queste viene trovata in un sistema doganale molto complesso. Nella valutazione a punti viene classificata con 82,3 punti su 100. Il che significa che vi è parecchio spazio di miglioramento. Uno degli autori dello studio evidenzia però altri due campi in cui si dovrebbe migliorare: la dinamica degli affari e l’apertura del mercato. A proposito della cultura imprenditoriale si nota anche una scarsa propensione ad assumere rischi, nonché un certo ritegno degli imprenditori di fronte a idee molto innovative. In queste categorie la Svizzera viene situata soltanto nelle posizioni 25 e 26. Potrebbe essere questo un sintomo della tradizionale prudenza degli Svizzeri, ma anche una conseguenza di un’eccessiva regolamentazione di tutte le attività, compresi i tempi molto lunghi per la fondazione di un’azienda. D’altro canto, anche gli ostacoli commerciali rallentano l’efficienza economica. Tutti fattori che, accanto al sistema doganale complesso, relegano la Svizzera, in questa categoria, all’ultimo posto dei 141 paesi presi in esame.

Fra gli altri paesi più importanti, da notare la «caduta» della Germania al settimo posto. Il paese economicamente più forte in Europa ha perso terreno in oltre la metà dei punti delle classifiche parziali. Debolezze particolari sono state riscontrate nella tecnologia dell’informazione e della comunicazione, che pongono la Germania perfino dietro i paesi baltici, la Russia e la Cina. Da migliorare sono anche la formazione e il perfezionamento delle forze di lavoro, nonché l’occupazione dei neo-accademici. Nel caso tedesco va però tenuto presente che le distanze dai migliori sono minime, ma le fluttuazioni abbastanza significative.

Negli Stati Uniti, invece, la concorrenza interna e l’apertura verso il commercio mondiale sono sensibilmente peggiorate. La politica di Trump preoccupa per le decisioni protezionistiche e il peggioramento del sistema sanitario, nonché per le crescenti diseguaglianze fra la popolazione. Gli USA rimangono comunque un’economia trainante grazie alla dinamica delle imprese, alla forza innovativa e al potente sistema finanziario.

Dall’indagine emerge anche una questione di fondo: perché la produttività mondiale non è aumentata di più negli ultimi dieci anni, nonostante la politica espansiva delle banche centrali? Questa ha certamente impedito una recessione, ma gli investimenti per migliorare la produttività sono mancati. Secondo il WEF sono necessari maggiori incentivi fiscali a ricerca e sviluppo, all’infrastruttura e alla formazione.