La faglia europea

Nord contro Sud – La battaglia scatenata soprattutto da Italia e Spagna per chiedere aiuti alla loro economia mette in questione le radici stesse dell’Unione
/ 13.04.2020
di Lucio Caracciolo

Ci può essere un’Unione Europea, o un’Eurozona, se gli interessi dei soci che la compongono divergono radicalmente? Anzi, sono percepiti a somma zero? Il tabù europeista ha finora evitato di rispondere a questa domanda. La crisi scatenata dal Covid-19 l’ha resa attualissima. Cogente. In gioco è in questi mesi non semplicemente la solidarietà tra gli associati di fronte a una tempesta economica e finanziaria, oltre che sanitaria, senza precedenti. Molto più: si tratta di verificare la ragione sociale dell’impresa. E non in base a criteri puramente economici, tanto meno a breve termine.La battaglia scatenata in Europa da Italia, Spagna e Francia, con la richiesta di emissioni speciali di titoli europei a basso costo e lunga scadenza – eurobond o coronabond, il nome conta poco – per sostenere il finanziamento di investimenti necessari a tenere in piedi le loro economie, in ultima analisi lo Stato e la società stessa, mette in questione le radici stesse dell’Unione.

A partire dall’Eurozona. La resistenza olandese, più moderatamente tedesca, e in genere nordica alla richiesta dei «latini», vissuta come una estorsione, è violenta. Il compromesso di basso profilo che potrà uscirne non sarà tale da rispondere positivamente alla domanda iniziale. Le ragioni dell’Unione Europea sono in crisi e potrebbero essere spazzate via dalle conseguenze dell’epidemia.Al di là degli strumenti finanziari su cui i ministri delle Finanze e i capi di governo battagliano e continueranno a litigare in assenza di una prospettiva di concreta risalita dal baratro, il problema è infatti culturale e geopolitico.Culturale, perché nella partita della mutualizzazione o meno del debito, in una forma o nell’altra, non sono in ballo solo criteri e politiche strettamente economiche e finanziarie. Si scontrano culture, non solo economiche.

Sul fronte Nord le «formiche», forti della relativa saldezza di base delle strutture produttive e di bilanci pubblici sostenibili, non sono disposte a compromettersi con le «cicale» meridionali, scialacquatrici e inaffidabili: chi li garantisce che i «latini» non prendano i soldi e scappino, continuando ad accumulare montagne di debito? Sul fronte Sud, italiani e spagnoli in testa, con il supporto piuttosto peloso dei francesi, invocano la solidarietà degli altri soci nell’ora più grave. E insistono che in ballo c’è molto più dei conti pubblici. C’è la capacità di reagire insieme a una emergenza mai vista.Ad allargare la faglia fra europei, e a confermarne la radice culturale, il diverso approccio all’emergenza sanitaria. Gli italiani, in ritardo, hanno infine deciso di chiudersi in casa e di limitare al minimo il motore produttivo.

Così come, ancora più tardi, francesi e soprattutto spagnoli. Tedeschi, austriaci, olandesi e scandinavi hanno invece attuato blande misure di protezione della salute, per lo più affidate al buon senso, proteggendo invece al massimo le catene di produzione e di commercio. Risultato: godono di un vantaggio competitivo sulle «cicale».È probabile che l’inerzia tenga in piedi anche durante questa crisi le strutture formali dell’Unione Europea. Le burocrazie hanno una loro vita autonoma, che prescinde dalla funzionalità. Gli Stati membri costruiranno tuttavia legami e regole parallele, al di fuori dei trattati. Varranno quelle, non questi. Ognuno per sé e insieme a chi dimostrerà un grado di affinità culturale e d’interessi. Sotto questo profilo, l’attuale bipartizione fra Nord e Sud si rivelerà duratura, a sua volta con suddivisioni interne.

La Germania, per la sua centralità economica, cercherà di tenere in piedi il più largo gruppo di suoi associati possibile, a protezione della sua catena del valore.Allo stesso tempo, lo spazio europeo sarà sempre più conteso fra Stati Uniti e Cina, con in più la Russia. La crisi attuale segnala il crescente distacco fra i paesi atlantici, con notevole perdita d’influenza e di prestigio da parte americana. Significativo al riguardo un recente sondaggio che avverte come il 52% degli italiani consideri la Cina il paese più amico, seguito dalla Russia al 32%, con gli Stati Uniti al 17% e la Spagna al 16%. Germania e Francia guidano la lista dei nemici, rispettivamente con il 45% e il 38%, poi Regno Unito (17%) e Stati Uniti (16%). Quasi un rovesciamento delle alleanze. Per ora solo quanto a opinione pubblica. Domani chissà.