La BNS non cambia rotta

Segni di miglioramento congiunturale negli USA e in Europa fanno sperare in minori pressioni sul franco svizzero. Ma le forti incertezze sul piano politico consigliano prudenza nelle decisioni da adottare in politica monetaria
/ 27.03.2017
di Ignazio Bonoli

Le incertezze – tanto di tipo economico, quanto e soprattutto politico – che dominano ancora i mercati in questo inizio d’anno rendono le autorità monetarie dei vari paesi molto prudenti. La Banca Nazionale Svizzera, nel suo primo rapporto trimestrale, ha deciso di non cambiare politica, mantenendo invariati il tasso di interesse sui depositi a vista al –0,75%, e l’obiettivo delle oscillazioni consentite al Libor a tre mesi sul franco fra il –1,25% e il –0,25%.

Il suo giudizio su un franco sopravvalutato sui mercati valutari non è cambiato, per cui la BNS rimane disponibile a ulteriori interventi di freno. I mercati hanno comunque reagito il giorno stesso con una leggera spinta al rialzo, sia sull’euro, sia sul dollaro, ma senza un preciso indirizzo. Accanto all’attesa della piega che prenderà la politica americana del nuovo presidente Trump, anche i motivi di incertezza in Europa sono dettati da attese politiche. Un primo dato positivo è dato dall’esito dello scrutinio svoltosi a metà marzo in Olanda, che ha visto la conferma del partito dell’attuale presidente del governo, ma che solleva anche nuove incertezze sulla coalizione che dovrà reggere le sorti politiche del paese nei prossimi mesi.

Attese – e quindi incertezze – sono però provocate dall’avvicinarsi delle scadenze elettorali in Francia e Germania, nonché dalla situazione politica in Italia. Mentre l’economia in Europa soffre di queste situazioni, a livello mondiale le prospettive di crescita sono migliori. La Banca Nazionale Svizzera tiene conto di queste situazioni nelle previsioni per l’anno in corso, mantenendo le prospettive di crescita del PIL all’1,5%. Di conseguenza, rivede le previsioni di crescita dei prezzi dallo 0,1% allo 0,3% per quest’anno. Ma il prezzo del petrolio, su cui si basano gran parte delle previsioni di rincaro, ha subito proprio negli stessi giorni un calo significativo. Il prezzo di questo (ancora) importante fattore energetico dipende in gran parte dalla domanda (talvolta anche dalle manovre dei produttori). Domanda che cresce se l’economia cresce.

Anche sotto questo punto di vista, quindi, le previsioni di crescita sono importanti. Lo sono per tutte le economie e, in particolare, quella americana che sembra avviata sulla buona strada, nonostante certi atteggiamenti politici, come ad esempio un ritorno al protezionismo, che potrebbero frenare certi sviluppi. La Svizzera – come noto – basa molto della sua crescita economica sui rapporti commerciali con l’estero. Sotto questo aspetto i primi bilanci del commercio estero sono positivi, nonostante l’alta quotazione del franco svizzero sui mercati delle divise.

Compito principale della Banca Nazionale resta comunque quello di mantenere le quotazioni del franco svizzero a un livello sopportabile per l’economia d’esportazione. Sovente però un livello basso del franco svizzero genera il pericolo di importare inflazione. Oggi anche i maggiori contraenti commerciali della Svizzera vivono un periodo di bassi tassi di inflazione. Tanto che uno degli obiettivi delle politiche monetarie delle banche centrali è oggi quello di provocare un livello di inflazione che possa fare da sostegno alla crescita economica.

Obiettivo però non ancora raggiunto per il momento, né dalla Riserva federale americana, né dalla Banca Centrale Europea. La prima ritiene giunto il momento di alzare leggermente i tassi di interesse di riferimento (+0,25%), mantenendo però molta prudenza sui futuri adeguamenti. La seconda prosegue invece la sua politica di «Quantitative Easing», cioè di acquisto di titoli di scarsa qualità presso le banche e quindi immissioni di euro nel sistema monetario europeo. In Europa però l’inflazione ha raggiunto l’obiettivo del 2%. È quindi probabile che la BCE possa procedere entro breve tempo a un rialzo dei tassi direttori. Questo potrebbe avvenire perfino prima della fine del programma di «Quantitative Easing», contrariamente a quanto ha fatto la Federal Reserve americana. Finirebbe cioè la fase di tassi negativi e lascerebbero quota zero anche i tassi di riferimento principali.

Ci sono quindi chiari segnali di cambiamento, che anche la Banca Nazionale Svizzera segue con attenzione. Segnali che però non sono ancora tali da costringere le autorità monetarie elvetiche a una modifica sostanziale della politica finora seguita. I tassi di interesse negativi rimarranno per qualche tempo ancora, dato che la domanda di franchi svizzeri resta alta e le incertezze politiche in Europa rischiano di incrementarla, mentre le previsioni di crescita dell’inflazione in Svizzera restano moderate. Solo per il prossimo anno si può prevedere un’eventuale ripresa dell’euro, il che potrebbe permettere – se necessario – qualche allentamento anche della politica della BNS.