Informatica: gli effetti sull’occupazione

Le nuove tecnologie allargano il fossato, sul mercato del lavoro: aumentano i laureati, ma nascono pressioni sul personale con formazione media negli uffici e anche nelle fabbriche
/ 12.08.2019
di Ignazio Bonoli

L’indagine della Mc Kinsey, di cui riferivamo nell’ottobre dello scorso anno, prevedeva nei prossimi dodici anni la soppressione in Svizzera di un milione di posti di lavoro, a causa della crescente informatizzazione di quasi tutte le attività. Nella stessa indagine si prevedeva però che nel contempo sarebbero stati creati 800’000 nuovi posti di lavoro che in ogni caso richiederebbero un’alta qualificazione e una specializzazione sempre più spinta.

Oggi le conseguenze di questa evoluzione cominciano a manifestarsi nella realtà del lavoro quotidiano. Assistiamo, infatti, da qualche tempo a ristrutturazioni nelle aziende che costano posti di lavoro. Lo si è visto in vari settori, soprattutto dell’industria, ma anche in altre attività. Difficile dire se il principale responsabile di queste decisioni sia sempre e solo l’informatizzazione. Spesso però è proprio il processo di automazione e digitalizzazione che dà l’avvio a ristrutturazioni che possono anche assumere proporzioni più ampie. La stessa Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) prevede tempi difficili per il mercato del lavoro in Svizzera e teme un forte rischio indotto proprio dall’automatizzazione.

Le statistiche dell’occupazione dell’Ufficio federale danno già chiare indicazioni sull’evoluzione in atto: sono sempre più ricercate persone con un grado di formazione elevata e una specializzazione specifica. In Svizzera i lavoratori delle categorie con formazione elevata sono aumentati di 600’000 a partire dal 2003. Cresce però la pressione sulla rimanente mano d’opera. Il numero di persone con una qualificazione media, cioè un diploma di commercio, per esempio, è diminuito di 200’000 unità. Anche il numero di persone occupate con una qualificazione bassa è diminuito di 120’000 unità.

Queste cifre sono messe in evidenza da uno studio del Politecnico federale di Zurigo, effettuato sulla base dei dati forniti da 450 aziende, per studiare l’effetto dell’informatizzazione sulla struttura del personale. Lo studio constata che le tecnologie moderne creano nuovi posti di lavoro, ma stanno differenziando molto la struttura della mano d’opera impiegata. Infatti, l’aumento dei posti di lavoro è limitato ai settori che esigono alte qualificazioni, mentre negli altri comparti la mano d’opera tende a diminuire. Il fenomeno piuttosto nuovo è dato dalla constatazione che la diminuzione colpisce piuttosto il personale con formazione media, e questo in misura doppia rispetto alla diminuzione di personale con basse qualificazioni.

Ci si può chiedere perché la digitalizzazione colpirebbe soprattutto le persone con formazione media. Secondo il professor Martin Wörter, responsabile dello studio, si tratterebbe di attività ripetitive, tanto negli uffici, quanto nei reparti industriali, che possono facilmente essere affidate a computer o robot. Sono invece meno minacciate dall’automazione le professioni di servizio che richiedono un contatto diretto con la clientela.

Secondo la statistica dell’occupazione dell’Ufficio federale di statistica, il numero di occupati negli uffici, in 20 anni, è diminuito di oltre 150’000, mentre quello degli artigiani è diminuito di 90’000. Per contro le persone occupate con formazione universitaria sono aumentate di 470’000.

In Svizzera, questo importante cambiamento nella struttura degli impieghi è dovuto da un lato alla forza del franco e dall’altro alla libera circolazione delle persone. Anche secondo uno studio dell’OCSE del 2017, nel nostro paese, negli ultimi 20 anni, il tipo di lavoro che richiede qualificazioni medie ha subito riduzioni maggiori rispetto ad altri paesi. La diminuzione è quantificabile nel 15% circa dei posti di lavoro. Nel contempo sono però aumentati soprattutto i posti di lavoro che richiedono un’alta qualificazione.

L’OCSE avverte del pericolo della crescente polarizzazione sul mercato del lavoro, aggiungendo che i vantaggi della digitalizzazione dovrebbero favorire tutte le categorie, mentre oggi si creano sacche di occupati con bassi salari e scarse possibilità di miglioramento. Non dovrebbe invece preoccupare la riduzione fra le persone con medie formazioni, poiché molte sono le possibilità di migliorare la loro posizione. Determinanti per questa evoluzione sono però gli investimenti nella formazione del personale. Non dimentichiamo che un lavoratore può subire oggi da due a tre rivoluzioni tecniche nella sua carriera professionale o, come dice il professor Bruno Staffelbach, rettore dell’Università di Lucerna: il 60% delle giovani generazioni, al momento della pensione, eserciterà una professione che oggi non esiste ancora. Per adattarsi a questa evoluzione la formazione continua del personale è una soluzione molto migliore di quella della sua sostituzione.