"In Svizzera nessuno morirà di fame"

Covid-19 - Secondo Daniel Koch, dell’Ufficio federale della sanità, la situazione eccezionale a causa del coronavirus dovrebbe durare almeno sino alla fine di maggio. E non si esclude un inasprimento delle misure d’emergenza
/ 30.03.2020
di Ralf Kaminski

Con i suoi 64 anni, Lei fa parte del gruppo a rischio coronavirus. Applica con coerenza anche su di Lei le misure d’emergenza?

Formalmente, farò parte del gruppo a rischio il mese prossimo (ride). Comunque per me non è assolutamente un problema seguire le procedure adottate. Vivo da solo e quando faccio visita alle mie figlie o a qualche amico, riesco facilmente a mantenere le distanze.

Nella sua posizione, oggi non dovrebbe essere semplice mantenere una distanza sociale, o non è così?
Sembra proprio che quando la gente mi incontra abbia subito il riflesso di non stringermi la mano. Non è davvero difficile.Alle nostre latitudini una situazione eccezionale come questa non si era ancora mai verificata.

Eppure la maggioranza sembra tranquilla…
Sì, a parte qualche caso di corsa agli acquisti, non ci sono segnali di paura incontrollata.Ci sono però anche persone che hanno paura.

Come evitare che si trasformi in panico se questa situazione difficile perdurerà e saranno adottati provvedimenti ancora più severi?
È normale, e anche giusto, che si abbia rispetto per questa epidemia. In situazioni del genere, però, i sentimenti di paura non aiutano e non sono neppure necessari. È sufficiente prendere sul serio la situazione e attenersi alle misure introdotte. Il panico insorge quando improvvisamente molta gente è in preda a una forte paura. Dobbiamo evitarlo nel modo più assoluto e per questo motivo rilasciamo regolarmente informazioni e previsioni su cosa aspettarsi o no.

Lei cosa non si aspetta?
Che molte persone finiscano a letto gravemente ammalate. La maggior parte si ammaleranno solo leggermente. Il virus è pericoloso unicamente per il gruppo a rischio e se ci impegniamo tutti, possiamo proteggerci in modo efficace. La parola d’ordine è: mantenere le distanze e seguire le norme igieniche.

È soddisfatto di come il commercio al dettaglio sta affrontando la situazione?

Molto. Già alcune settimane fa avevamo intavolato discussioni con i dettaglianti per poter reagire a questa situazione. È stato fruttuoso: si sono tutti preparati bene. Gli scaffali vuoti in alcuni negozi sono dovuti principalmente a questioni logistiche e non a un problema di rifornimenti. Di certo in Svizzera nessuno morirà di fame. I negozi di generi alimentari resteranno sicuramente sempre aperti e disporranno sempre di merci a sufficienza.

Secondo Lei, si dovranno adottare altri provvedimenti come, ad esempio, restrizioni sulla vendita al pubblico?
No, non ce n’è bisogno.Hanno senso i disinfettanti all’entrata dei negozi?Sì, lo abbiamo raccomandato noi. Disinfettare o lavare le mani è uno dei modi più efficaci per evitare la trasmissione.

C’è da temere che prima o poi qualche prodotto scarseggi?
No. Ovviamente potrebbe accadere che un prodotto specifico non possa essere fornito. Ma l’approvvigionamento della Svizzera non è in pericolo.

Ci sono già cifre consolidate sul tasso di mortalità del coronavirus?

Si avranno solo tra un paio d’anni. Esistono differenze enormi, dato che i casi sono conteggiati diversamente da un Paese all’altro e a volte addirittura non vengono resi noti integralmente. Il fattore decisivo è che ci sia il numero più basso possibile di persone gravemente ammalate: meno gente finisce in ospedale, migliori saranno le cure che si potrà prestare ad ognuno e meno saranno i morti.

Dobbiamo però essere preparati ad avere più contagi e più morti nonostante tutte le misure prese. Giusto?

È così. Le nuove misure hanno effetto solo dopo circa una settimana.

La Svizzera avrebbe dovuto fare qualcosa di più già prima?
Le autorità di ogni nazione devono comunicare nel modo adeguato alla propria popolazione. In Svizzera si è deciso tempestivamente di dare un segnale vietando le manifestazioni con più di mille persone. A quel punto tutti hanno realizzato che qui da noi succedeva qualcosa di serio. In seguito, la graduale estensione delle misure è stata accolta bene, ma difficilmente sarebbe stato così se le avessimo introdotte tutte quante sin dall’inizio.

Gli esperti criticano il fatto che la Svizzera non esegua test su tutti i casi di coronavirus, mentre altrove ciò ha contribuito al contenimento.
Nel continente europeo, la Svizzera è probabilmente il paese che in percentuale esegue più test: attualmente fra i 6000 e gli 8000 al giorno. Ci siamo adattati alla crescente rapidità di diffusione, perché con i mezzi a disposizione non era più possibile effettuare test per ogni caso. L’obiettivo è sempre quello di utilizzare le limitate risorse disponibili nel modo più efficace possibile.

Nel caso di un’ulteriore escalation, potrebbero essere introdotte restrizioni alla libertà di movimento come in altri paesi? È immaginabile il blocco di intere zone?

Nel caso in cui fosse necessario e ragionevole, il Consiglio federale sarebbe certamente pronto a prendere provvedimenti ancora più ampi. Non sono esclusi neppure i blocchi totali.

Ogni nazione fa qualcosa, ma tutte in modo un po’ diverso. Chi fa la cosa giusta e chi no?
Sono discutibili quelle misure che non hanno un impatto e che vengono introdotte solo perché sono facili e servono ad altri scopi.

Come ad esempio il divieto di viaggio negli Stati Uniti per i cittadini europei?

Il numero di contagi negli USA non diminuirà comunque. Ad ogni modo, nel complesso ritengo che sia ancora troppo presto per fare confronti tra i vari Stati. È invece importante utilizzare nel modo migliore qui da noi le esperienze degli altri.

Quanto durerà l’attuale situazione straordinaria?
Difficile fare previsioni, ma abbiamo un piano a grandi linee: come per tutte le epidemie un giorno si toccherà il picco massimo. Prendendo come riferimento i dati dell’Asia, in Svizzera esso dovrebbe essere raggiunto tra la metà e la fine di aprile.

Anche perché farà più caldo?
Questo fattore potrebbe avere un certo effetto, ma non lo sappiamo ancora di preciso.

Ritiene che questa esperienza drammatica avrà ripercussioni sulla globalizzazione, sulle catene commerciali, sui viaggi?
Di solito, eventi del genere hanno un impatto sociale, c’è da sperare che sia positivo. Il congelamento globale dei viaggi e i suoi effetti benefici sul clima potrebbero far sì che forse anche in futuro ci si interrogherà sui viaggi e si troverà un approccio più rispettoso del clima. Ma una causa importante della rapida diffusione del virus è semplicemente che oggi ci sono tante persone.

Cosa consiglia alla gente affinché resti tranquilla?

Innanzitutto: fate un respiro profondo, non abbiate paura, non lasciatevi spaventare dai social media. Ma prendete sul serio la situazione e rispettate le misure introdotte.