Visto con gli occhi di chi vive tutto sommato nell’abbondanza, il prezzo del grano è uno di quei temi che sicuramente non scaldano gli animi. In fondo, se il prezzo del pane aumenta o diminuisce di 10 centesimi non ce se ne accorge nemmeno. Ma se la dieta giornaliera è per il 60-70% basata su prodotti derivanti dalla farina, ecco che le variazioni di prezzo del frumento hanno sicuramente un effetto più pregnante.
In questo momento dunque vi è apprensione per la crescita del prezzo del grano, che sul mercato di Parigi è arrivato a toccare i 200 euro a tonnellata, con un aumento del 30% rispetto al mese di settembre. E non è di meno la borsa di Chicago, la principale piazza finanziaria mondiale per quel che concerne le materie prime, dove per un bushel di grano (circa 27 chili) si è arrivati a quasi 6 dollari, livelli mai visti dal 2015.
A questi aumenti del prezzo del grano dobbiamo aggiungere il fatto che l’indice dei prezzi degli alimentari pubblicato dalla FAO, l’agenzia dell’ONU per l’alimentazione e l’agricoltura, è ai massimi storici. In altre parole, il prezzo delle materie prime agricole sta raggiungendo picchi molto alti, ai massimi degli ultimi cinque anni. E le conseguenze potrebbero essere esiziali per molte persone.
Ma non solo il grano, anche riso, zucchero, latticini e olio vegetale non sono da meno in quanto ad aumento di prezzi, sempre guardando le tabelle della FAO. È vero, non siamo ancora ai livelli di qualche anno fa quando vi fu una vera e propria crisi alimentare a livello mondiale, ma i segnali non sono incoraggianti.
Ma quali sono le cause che stanno portando in alto i prezzi? Le materie prime sono regolate dalle stesse leggi di mercato che coinvolgono altri beni, quindi si tratta di domanda ed offerta. In questo caso a giocare un ruolo molto importante è l’offerta, la quale, a causa di diversi fattori, è diminuita. E si sa, se la domanda rimane stabile, oppure aumenta, mentre l’offerta diminuisce, il prezzo sale.
Vediamo quali sono i fattori che fanno diminuire l’offerta. Uno dei principali è lo sciopero che in Francia sta condizionando i trasporti da diverso tempo. Il grano accumulato rimane fermo nei magazzini, con porti e ferrovie parzialmente bloccati. Si stima che nei terminal marittimi siano fermi 450 mila tonnellate di grano. Si potrebbero usare i camion per spostarle, dicono dall’associazione di settore Intercéréales, ma il costo per tonnellata aumenterebbe di 5-6 euro.
Un altro elemento che sta condizionando l’offerta di grano sono le misure annunciate dalla Russia, ovvero quelle di mettere un tetto di 20 milioni di tonnellate alle sue esportazioni. La Russia è il terzo produttore mondiale di grano, dopo Cina e India, ma è il primo paese esportatore. La misura russa dovrebbe durare da gennaio a giugno di quest’anno, ma tanto basta per farne aumentare il prezzo. Il motivo per il quale la Russia vuole limitare le sue esportazioni è semplice: il grano dovrebbe servire per il consumo interno.
Queste sono le due principali motivazioni che stanno condizionando il mercato del grano, alle quali se ne può aggiungere un’altra, meno incisiva ma importante, ovvero gli incendi in Australia, la quale è il nono paese produttore a livello mondiale.
Come abbiamo accennato all’inizio, alle nostre latitudini se aumenta il prezzo del grano (ma vale anche per altri tipi di prodotti agricoli) e quindi di tutti i suoi derivati, possiamo anche farcene una ragione e non preoccuparci molto. Ma pensiamo a paesi che vivono di questo.
Le tensioni sociali causate dalla scarsità e dal conseguente aumento dei prezzi delle derrate alimentari sono sempre state parte della società civile. Le «rivolte del pane» fanno parte della storia, ma senza scomodare tempi troppo remoti basta tornare indietro di qualche anno. Prima tra il 2007 e il 2008, con il prezzo del grano aumentato del 136%, e poi ancora tra il 2010 e il 2011 si vissero due crisi alimentari dovute proprio all’aumento dei prezzi.
In molti paesi ci furono disordini e rivolte. Soprattutto in Africa, dove l’aumento dei prezzi dei generi alimentari scatenò l’ira della popolazione in 14 paesi, tra i quali anche il ricco Sudafrica dove nel 2012 si contarono 37 morti. Possiamo citare anche il Mozambico. Il prezzo del pane aumentò del 30% e le proteste costarono la vita a 13 persone nel 2010. Fuori dall’Africa, si possono citare anche i casi di Argentina e Venezuela che hanno vissuto forti tensioni, sempre a causa dei prezzi degli alimentari.
Come abbiamo detto all’inizio, visto con gli occhi di chi ha a disposizione cibo in abbondanza, il problema del prezzo delle materie prime agricole può sembrare banale. Ma il concetto di «sicurezza alimentare», uno dei cardini del vivere civile, è ben lungi dall’essere diventato un problema del passato, e gli esempi citati ne sono la prova. Oggi la situazione si presenta con molte analogie. I prezzi stanno aumentando e gli esperti escludono che si tratti di speculazioni finanziarie, visto come si muovono i suddetti prezzi.
E se dopo tutto questo qualcuno avesse ancora dei dubbi sull’importanza del grano basterebbe solo ricordare una cosa molto banale: uno dei sinonimi utilizzati in modo colloquiale per definire i soldi è… grana. Un motivo ci sarà.