Il Consiglio federale ha inviato al Parlamento la sua presa di posizione sull’iniziativa «Per denaro a prova di crisi: emissione di moneta riservata alla Banca Nazionale», detta in breve «Iniziativa moneta intera». Presentata agli inizi del 2014 (vedi «Azione» del 27.1.2014), propone un totale cambiamento nella struttura e nel ruolo economico del sistema bancario in Svizzera. L’iniziativa è promossa dall’Associazione per la modernizzazione monetaria (MoMo) e vorrebbe impedire alle banche di creare moneta, attraverso la concessione di credito all’economia.
Effettivamente questa attività viene sorvegliata soltanto in parte dalla Banca Nazionale, che utilizza gli strumenti della politica monetaria per impedire eccessi e derive non desiderati. Il problema è diventato molto importante nell’economia moderna, poiché questa moneta, in genere contabile o scritturale, comporta ormai il 90% della massa monetaria in circolazione. Secondo gli iniziativisti ormai le autorità monetarie non riescono più a controllare l’enorme quantità di moneta in circolazione, dovuta in gran parte a operazioni speculative, spesso senza una base economica sufficiente.
L’Associazione svizzera dei banchieri aveva già espresso parecchi dubbi circa la concretizzazione degli scopi dell’iniziativa. Sul piano pratico, inoltre, il momento pare poco propizio, poiché il sistema monetario attuale sta vivendo un periodo esente da inflazione, emette moneta sufficiente (in qualche caso forse troppa) a disposizione dell’economia e le banche centrali non lamentano perdite di controllo della moneta in circolazione.
Il Consiglio federale prende atto della situazione e conclude che l’iniziativa «non può mantenere ciò che promette», secondo l’espressione usata dal responsabile delle finanze federali. Non sottace comunque alcuni aspetti positivi. Intanto non è collegata ad alcun partito politico, solleva problemi reali e anche sul piano teorico offre alcuni spunti interessanti. Non è però facile da spiegare, soprattutto in vista di una votazione popolare, al di là del fatto che persegue lo scopo di un sistema finanziario stabile.
Per raggiungere questo scopo, propone però una vera rivoluzione nel sistema monetario, che non può essere soltanto svizzera. Essenzialmente l’iniziativa vuole vietare alle banche di creare moneta attraverso la concessione di crediti all’economia. In altri termini di estendere l’attuale monopolio della Banca Nazionale Svizzera per l’emissione di monete metalliche e di banconote, anche alla cosiddetta moneta scritturale. Nella teoria monetaria si parla cioè della massa monetaria definita M1.
Per avere un’idea della portata del provvedimento si può considerare che a fine settembre di quest’anno circolavano in Svizzera monete contanti per 76 miliardi di franchi, mentre che per la moneta scritturale, anche solo considerati i crediti a vista (cioè prelevabili subito) si deve calcolare una quantità cinque volte superiore. La massa monetaria M1 superava quindi i 580 miliardi di franchi. Di questi, secondo la definizione dell’iniziativa, solo le monete e le banconote costituivano la «moneta intera», cioè mezzi di pagamento con base legale. Il resto della massa monetaria M1 era quindi costituito dai crediti bancari.
Per realizzare gli scopi dell’iniziativa, i conti dei clienti nelle banche dovrebbero essere amministrati su base fiduciaria e non dovrebbero quindi più figurare nei bilanci delle banche. Così, in caso di fallimento della banca, i clienti non avrebbero più nulla da temere e una garanzia statale per i depositi non sarebbe più necessaria. Le banche potrebbero concedere crediti solo se coperte da depositi a risparmio o prestiti della Banca Nazionale. Così la Banca Nazionale diverrebbe la sola creatrice di moneta. Essa dirigerebbe la politica monetaria non più tramite i tassi di interesse, ma solo tramite l’attribuzione di nuova moneta a Confederazione, cantoni o cittadini.
La Banca Nazionale otterrebbe un utile dai 5 ai 10 miliardi all’anno. Il passaggio al nuovo sistema frutterebbe inoltre circa 300 miliardi alla Banca Nazionale.
Due sono i difetti principali segnalati dal Consiglio federale: gli sperati utili miliardari verrebbero generati attraverso tasse supplementari per le banche e i loro clienti. Si verificherebbe uno spostamento dai depositi sicuri verso conti con interessi, ma anche rischi superiori, il che contraddirebbe la ricerca di maggiore stabilità. Il sistema non potrebbe inoltre impedire crisi di fiducia nelle banche, non più sul credito, ma sui depositi e sul mercato interbancario. Infine, non si potrebbero impedire crisi, come quella del 2008, derivanti da attività all’estero.
La Svizzera non potrebbe inoltre permettersi di adottare da sola il nuovo sistema, indebolendo la piazza finanziaria e anche quella economica, creando maggiori difficoltà per ottenere i crediti necessari. Soluzioni migliori si stanno invece trovando con i provvedimenti adottati dopo la crisi, con gli strumenti dell’accordo Basilea III e il «Too big to fail» per gli istituti di rilevanza sistemica.