Contea di Midland, Texas. I campi sterminati che si estendono all’orizzonte sono punteggiati da innumerevoli pozzi di petrolio con le loro caratteristiche fiamme rosse ardenti. La contea si trova nel cuore del bacino permiano, un area di praterie cespugliose che si estende per 200’000 chilometri quadrati tra il West Texas e il New Mexico e che è diventato in aprile con i suoi 4,1 milioni di barili al giorno il giacimento petrolifero più produttivo al mondo. Il bacino era considerato un giacimento esaurito ma è tornato fortemente alla ribalta negli ultimi anni grazie all’estrazione di petrolio di scisto (shale oil) tramite la fratturazione idraulica o fracking. Questa tecnica permette di estrarre petrolio e gas naturale da giacimenti non convenzionali in cui le risorse naturali sono intrappolate in strati di roccia poco permeabile. In un decennio la quota di petrolio di scisto sul totale della produzione di petrolio americana è passata dal 6% nel 2008 al 50% nel 2018. La shale revolution ha permesso agli Stati Uniti di diventare il più grande produttore di petrolio al mondo e uno dei maggiori esportatori al pari di Russia e Arabia Saudita. Questo ha modificato le forze in gioco nello scacchiere geopolitico mondiale dando agli Stati Uniti più poteri e margini di manovra. L’amministrazione Trump ha subito sfruttato la nuova situazione per imporre sanzioni all’Iran e al Venezuela senza doversi preoccupare troppo delle conseguenze sul prezzo del petrolio. Ad oggi, gli Stati Uniti e il Canada sono gli unici paesi che utilizzano il fracking su larga scala per lo sfruttamento di petrolio e gas di scisto. Altri paesi con importanti giacimenti come la Cina, il Messico e l’Argentina hanno intensificato le esplorazioni e in alcuni siti hanno iniziato con l’estrazione. Altri paesi invece sono contrari ad impiegare questa tecnologia a causa dei rischi ambientali che comporta e hanno introdotto moratorie che ne vietano l’uso. Ma quali sono i rischi legati a questa controversa tecnologia? E che posizione mantiene la Svizzera al riguardo?
Il termine fratturazione idraulica o fracking si riferisce ad una tecnologia che permette di avere accesso a risorse di gas e petrolio non convenzionali presenti in strati di roccia poco permeabile. Per estrarre la risorsa si deve scavare un buco verticalmente nel terreno per 1-4 km e poi si perfora orizzontalmente per 2-3 km. Dallo stesso buco verticale vengono fatte fino a 30 perforazioni orizzontali in tutte le direzioni. Dopo aver perforato viene pompato nel buco un mix di acqua, sabbia e prodotti chimici che genera una forte pressione e produce delle fratture nella roccia. Le fratture permettono al gas e al petrolio di fluire fino al pozzo e venire estratti. I pozzi dei giacimenti non convenzionali dopo una fase iniziale con una produzione elevata diventano improduttivi. Per continuare ad estrarre la risorsa sono necessari sempre nuovi pozzi uno vicino all’altro. Il fracking non gode di una buona reputazione ed è solitamente associato all’inquinamento delle riserve d’acqua dolce e alle scosse sismiche. Secondo un rapporto del 2017 della ditta di consulenza Econcept commissionato dal governo svizzero tuttavia questi due aspetti non sono critici se si rispettano standard di protezione dell’ambiente elevati. Le sostanze chimiche utilizzate hanno infatti una tossicità molto bassa e sono quindi poco pericolose per l’ambiente e per l’uomo. Per quanto riguarda le scosse sismiche invece gli strati di roccia dove viene impiegato il fracking sono in grado di attenuare l’energia rilasciata. Inoltre, la fratturazione viene fatta a piccoli intervalli che permettono di controllare e monitorare il rilascio di energia.
Un altro pregiudizio comune sul fracking è legato al presunto elevato consumo d’acqua. La fratturazione idraulica richiede sì grandi quantità di acqua ma in confronto ad altre fonti di energia il consumo d’acqua del fracking è relativamente basso. Secondo uno studio del Belfar Center dell’Università di Harvard, altri vettori energetici consumano molta più acqua. Il carbone richiede fino a 4 volte più acqua del fracking, il petrolio convenzionale fino a 30 volte di più mentre il consumo d’acqua dei biocarburanti è fino a 500 volte superiore. Anche se il consumo d’acqua è relativamente basso in confronto ad altri vettori energetici, la carenza d’acqua nei pressi dei giacimenti di gas e petrolio non convenzionali può impedirne lo sfruttamento. Secondo uno studio del World Resources Institute (WRI) del 2015, le risorse di gas e petrolio di scisto si trovano soprattutto in luoghi con scarsità d’acqua, ciò che ne limita lo sfruttamento.
Un aspetto critico legato al consumo d’acqua è il suo smaltimento. Una parte dei fluidi pompati sottoterra per il processo di fratturazione rimane nel sottosuolo. Il resto torna in superficie e deve essere smaltito. Il metodo di smaltimento più semplice ed economico, che viene utilizzato in Nord America su larga scala, è quello di pompare le acque di scarico sottoterra in strati profondi di roccia permeabile. Questo processo non è molto ecologico e può in alcuni casi causare sismi e inquinare le riserve d’acqua dolce.
Il problema più grande del fracking però non è ambientale ma finanziario. Il fracking è un business che richiede grandi quantità di capitali perché le aziende devono investire costantemente nell’esplorazione a causa della bassa probabilità di trovare pozzi produttivi. Inoltre i pozzi diventano improduttivi dopo 2 o 3 anni ed è quindi necessario creare sempre nuovi pozzi e le attività di perforazione sono molto costose. Il boom del fracking in Nord America a partire dal 2008 è stato reso possibile dalla combinazione di prezzi del petrolio molto alti (oltre i 100 dollari al barile), tassi d’interesse molto bassi e grandi quantità di denaro disponibili dal quantitative easing della Federal Reserve. Questa situazione finanziaria favorevole ha alimentato la prima shale revolution che è durata fino al 2014, quando una diminuzione della domanda di petrolio mondiale in combinazione con l’aumento della produzione dovuto al petrolio di scisto nordamericano hanno fatto precipitare il prezzo del petrolio fino a sotto i 50 dollari al barile. Molte compagnie nordamericane sono fallite e la produzione di petrolio di scisto ha subito un contraccolpo.
Nel 2016 l’Arabia Saudita, in una vasta alleanza con altri paesi produttori di petrolio, in particolare la Russia, ha deciso di tagliare la produzione globale per spingere al rialzo i prezzi mondiali del petrolio. I prezzi del petrolio più elevati hanno ridato slancio alla produzione di petrolio di scisto nordamericana dando vita ad una seconda shale revolution. Il lungo periodo di prezzi bassi ha obbligato le compagnie nordamericane ha diventare più efficienti riducendo i costi. Nel bacino permiano dove le risorse di scisto sono relativamente facili da estrarre, nuove tecnologie per la perforazione e la fratturazione idraulica hanno contribuito a ridurre il prezzo di estrazione nei migliori pozzi da 70-80 dollari fino a 30 dollari al barile. Nonostante la migliore efficienza, il fracking rimane un’attività finanziariamente rischiosa perché è soggetta all’elevata volatilità dei prezzi del petrolio e non può reggere una politica di tassi d’interesse elevati.
L’uso del fracking viene gestito in modo molto diverso in tutto il mondo, a seconda dei paesi. Gli Stati Uniti e il Canada estraggono gas e petrolio dai loro depositi non convenzionali su larga scala e lo continueranno a fare. Altri paesi con risorse rilevanti come Cina, Messico e Argentina, hanno creato le condizioni quadro per lo sfruttamento delle risorse e in alcuni casi hanno iniziato con lo sfruttamento. Nell’UE alcuni paesi come l’Inghilterra, la Polonia e la Romania, hanno svolto primi test esplorativi. Altri paesi come la Francia e l’Olanda hanno invece vietato l’estrazione di gas e petrolio da giacimenti non convenzionali.
In Svizzera si ipotizzano depositi di gas non convenzionali a profondità comprese tra 2000 e 5000 m. Il volume teorico di gas recuperabile potrebbe coprire il fabbisogno di gas naturale della Svizzera per oltre 30 anni. Test esplorativi sono necessari per dare un quadro delle riserve effettive presenti sul territorio svizzero. Il Consiglio federale nel marzo 2017 si è dichiarato di principio contrario a vietare la fratturazione idraulica per l’estrazione di gas e petrolio da giacimenti non convenzionali. Tuttavia non ne favorisce lo sviluppo visto che persegue una politica climatica ed energetica della sostituzione dei combustibili fossili con energie rinnovabili. Il diritto di sfruttamento del sottosuolo è però di competenza dei cantoni. Alcuni cantoni tra cui Berna, Zugo, Neuchâtel, e Vaud hanno bandito il fracking in generale o il fracking per l’estrazione di gas da giacimenti non convenzionali. Altri cantoni stanno lavorando a nuove leggi per regolare lo sfruttamento del sottosuolo. Anche in Svizzera quindi il fracking viene gestito in modo diverso da cantone a cantone. Globalmente il fracking ricopre un ruolo sempre più importante nella produzione di petrolio e gas naturale. Non è da escludere che in futuro anche in Svizzera potrebbe venire impiegato per la produzione di gas naturale da giacimenti non convenzionali.