Mentre la piazza finanziaria svizzera continua a subire attacchi a destra e a manca, con rimproveri di ogni sorta, quando questo conviene a chi li formula, di tanto in tanto arriva, per fortuna, anche qualche piccola notizia positiva. Giorni fa, per esempio, la «Neue Zürcher Zeitung» riferiva della decisione del ministero americano delle finanze di togliere la Svizzera dalla lista speciale di osservazione dei possibili manipolatori di divise. In sostanza di quei paesi che utilizzano la manipolazione del tasso di cambio della loro moneta per favorire l’economia del proprio paese.
Infatti, questa lista si basa su tre criteri: un’eccedenza commerciale bilaterale nei confronti degli Stati Uniti, interventi ripetuti unilaterali nei confronti della propria moneta nazionale, nonché un’importante eccedenza della bilancia dei pagamenti. Poiché, durante gli ultimi due periodi di osservazione, si può applicare soltanto uno dei tre criteri (quello di un’importante eccedenza della bilancia dei pagamenti), la Svizzera è stata tolta dalla lista nera dei paesi tenuti sotto osservazione speciale.
Questa lista viene pubblicata ogni sei mesi dal ministero americano delle finanze e concerne i paesi che intrattengono i maggiori rapporti commerciali con gli Stati Uniti. In pratica, quei paesi che possono essere sospettati di usare lo strumento valutario per orientare gli scambi commerciali, nell’ottica di Washington.
In effetti, negli ultimi tempi, la Svizzera ha potuto realizzare saldi commerciali positivi nei confronti degli Stati Uniti, ha potuto realizzare un’importante eccedenza nella bilancia dei pagamenti, ma è ripetutamente intervenuta con la Banca Nazionale per impedire una eccessiva rivalutazione del franco. Per ottenere questo risultato (che comunque gli americani considerano un indebolimento del franco), la BNS ha acquistato grandi quantitativi di euro e, in parte e in certi momenti, anche di dollari, gonfiando i propri bilanci di divise estere. La Svizzera non avrebbe quindi rispettato – in questi momenti – solo uno dei tre criteri utilizzati dal ministero americano delle finanze, mediante i quali potrebbe essere considerata un manipolatore del mercato delle divise.
L’essere tolti dalla speciale lista può essere considerata una buona notizia. Infatti, recentemente, il ministero americano del commercio ha minacciato di introdurre dazi doganali in futuro anche quegli Stati che possono essere considerati manipolatori di valute. E questo proprio nel momento in cui la Svizzera sta discutendo con gli Stati Uniti un accordo commerciale di vasta portata con non poche difficoltà, a causa dei prodotti agricoli in particolare. Almeno in questo contesto un ostacolo di una certa portata sembra essere superato.
Nel rapporto semestrale, si constata, infatti, che la Banca Nazionale Svizzera ha ridotto di parecchio i suoi interventi sul mercato a partire dalla metà del 2017, che nel 2018 si sono ulteriormente ridotti a soli 2 miliardi di dollari (0,3 per cento del PIL). Quindi ben al di sotto dei criteri americani che prevedono interventi sul mercato delle divise del 2 per cento al massimo del PIL, in un lasso di tempo fra i 6 e i 12 mesi.
Questo non significa però che la Svizzera sia definitivamente esclusa dalla lista americana dei manipolatori di divise. Anzi, il ministro americano si permette di dare alcuni consigli alla BNS. Chiede per esempio di pubblicare con maggior frequenza tutti i dati degli interventi sul mercato delle divise. Le autorità politiche svizzere dovrebbero inoltre adeguare la loro politica economica e utilizzare gli spazi di manovra che si aprono per sostenere l’economia interna. Questo permetterebbe – sempre secondo gli americani – di alleggerire la politica monetaria, con lo scopo di indirizzare gli sforzi verso un tasso di inflazione costante del 2 per cento.
Evidentemente il punto di vista americano è molto lontano da quello svizzero, soprattutto per quanto attiene al mercato interno e al tasso di inflazione. Ma vi è anche una specie di automatismo che riporterebbe la Svizzera nella lista nera. Se le esportazioni svizzere negli Usa aumentano, sale anche l’eccedenza della bilancia commerciale, superando probabilmente il limite dei 20 miliardi di dollari. Inoltre se dovessero sorgere altre difficoltà in campo monetario, molti investimenti finanziari tornerebbero sul franco svizzero, la BNS dovrebbe nuovamente intervenire sul mercato e il ritorno nella lista nera è presto fatto.
Ma forse gli americani dimenticano che questi nuovi criteri politici sono rivolti soprattutto verso la Cina. Inoltre non si ricordano che le più ampie misure di indebolimento di una moneta furono praticate in tempi recenti proprio per il dollaro, con il «Quantitative Easing», poi imitato dall’Europa. Quanto alla trasparenza dei dati della Banca Nazionale è bene ricordare che le misure sono efficaci se immediate e a sorpresa. Altrimenti servirebbero solo a favorire gli speculatori.La Svizzera comunque è stata tolta dalla lista nera degli Stati manipolatori di divisa.