I riflettori dei media non rimangono mai fermi. Seguono il flusso incessante delle news. Un giorno puntano il loro fascio di luce su una notizia, l’indomani la abbandonano al buio. È stato così anche per lo scandalo sessuale che in febbraio ha investito Oxfam, una delle maggiori organizzazioni umanitarie e di sviluppo al mondo. Con un budget di circa 520 milioni all’anno, l’ONG con sede a Londra è un gigante nel mondo delle agenzie umanitarie.
Durante le operazioni di soccorso a seguito del devastante terremoto sull’isola di Haiti nel 2010, alcuni suoi collaboratori hanno organizzato festini con ragazze, anche minorenni, pagate in cambio di sesso. Uno scandalo che ha colpito dove meno ce lo si aspetta: tra gli attori umanitari che si impegnano per i meno fortunati al mondo. Nelle settimane seguenti, i giornali hanno riportato le notizie di molestie e abusi sessuali da parte dei collaboratori di altre organizzazioni, quali Medici senza frontiere, Comitato internazionale di soccorso, Save the Children o la Società tedesca per la cooperazione internazionale GIZ. Con il passare del tempo, l’accesa discussione nei media e sulle reti sociali si è spenta e i riflettori hanno concentrato altrove il loro fascio di luce. L’argomento rimane però più che mai attuale.
All’indomani dello scandalo, la Direzione dello sviluppo e della cooperazione, l’agenzia dello sviluppo in seno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) della Svizzera, ha deciso di congelare i contributi finanziari destinati a Oxfam, organizzazione che la Confederazione ha sostenuto con oltre venti milioni di franchi negli ultimi cinque anni. Dopo aver ottenuto le informazioni e le garanzie richieste e alla luce delle misure adottate dalla ONG per prevenire e lottare contro le molestie, gli abusi e gli sfruttamenti sessuali, il 15 maggio 2018 il DFAE ha sbloccato i fondi destinati all’organizzazione con sede a Londra, ci scrive il portavoce del DFAE George Farago. Nel 2018, la Svizzera continuerà quindi a sostenere con 4,8 milioni di franchi i progetti di Oxfam in Tagikistan, Yemen, Congo, Siria, Colombia, Cuba, Etiopia, Marocco e nei territori palestinesi occupati.
Ma la DSC non si è limitata a mettere sotto esame l’agenzia finita nel cuore dello scandalo. Si è rivolta a tutte le organizzazioni partner mediante un’indagine sistematica per conoscere nel dettaglio le misure volte a contrastare e combattere ogni genere di abuso. L’inchiesta ha rivelato che la maggior parte delle organizzazioni partner dispone di meccanismi adeguati, ma non tutte. Per questo motivo la DSC sta valutando le varie proposte volte a migliorare la prevenzione e la segnalazione di comportamenti che violano il codice di condotta da parte dei collaboratori.
Stando a una stima ci sono circa 1,5 milioni di attori umanitari al mondo. Questi ultimi operano in contesti difficili, dove la sicurezza e l’ordine pubblico sono praticamente inesistenti. Attualmente, oltre 135 milioni di persone dipendono dall’aiuto umanitario; una dipendenza che causa uno squilibrio di potere tra beneficiari e chi presta soccorso. Non tutti gli attori umanitari sanno però resistere alla tentazione di approfittare di questo potere, com’è stato il caso per alcuni collaboratori di Oxfam ad Haiti. È un problema riconosciuto da tutte le agenzie umanitarie. Ad esempio, la DSC ha fissato un code of conduct, che è parte integrante di ogni contratto con i partner di progetto: ONG, esperti o consulenti. Inoltre, il personale degli uffici di cooperazione nei vari Paesi ha un ruolo centrale in materia di controllo e vigilanza; è una presenza sul campo fondamentale per lottare contro lo sfruttamento sessuale, la corruzione e altre piaghe nei Paesi in via di sviluppo.
Lo scandalo sessuale che ha investito l’Oxfam ha scosso profondamente il settore umanitario e dell’aiuto allo sviluppo. Uno scossone per certi versi positivo che ha obbligato le ONG a guardarsi allo specchio per riesaminare i propri sistemi di prevenzione e di lotta agli abusi. È stato così anche per le organizzazioni non governative della Svizzera. «Il caso di Oxfam ci ha scioccato», risponde Erich Wigger, membro della direzione di Helvetas. «Ci ha offerto l’occasione di valutare di nuovo in maniera critica il nostro lavoro, le questioni etiche, le misure di prevenzione e di controllo e le norme sanzionatorie». Alla luce dello scandalo sessuale, Helvetas ha precisato e completato i suoi regolamenti, ad esempio, il suo codice di condotta, in cui viene sottolineato il ruolo esemplare dei collaboratori e la problematica relativa ai rapporti di dipendenza e di potere nei Paesi in via di sviluppo. «Scegliamo le nostre collaboratrici e i nostri collaboratori in maniera molto accurata e dopo un processo di reclutamento caratterizzato da più fasi», continua Wigger. «Oltre alle competenze professionali, la persona deve identificarsi con i valori di Helvetas».
Sia le ONG contattate sia la DSC applicano una tolleranza zero rispetto agli abusi sessuali. L’efficacia dei vari regolamenti e codici non si misura però sulla carta, bensì sul campo. Gli abusi devono venire alla luce e il collaboratore pagare per il suo comportamento, non è stato così per i dipendenti di Oxfam.
«Terres des Hommes ha stabilito delle procedure per il cosiddetto whistleblowing», precisa Ivana Goretta, portavoce dell’ONG svizzera d’aiuto all’infanzia. «In seno alla nostra organizzazione c’è un esperto a cui rivolgersi per denunciare eventuali casi, un indirizzo di posta elettronica specifico, un numero di telefono e la possibilità di avvisare un superiore». Presso Helvetas, i collaboratori possono ricorrere, in maniera anonima e riservata, a un ufficio esterno per segnalare eventuali abusi. Inoltre, l’organizzazione d’aiuto allo sviluppo intende allestire una piattaforma online per le vittime e i whistleblower. «Ci vogliono misure preventive, controlli e sanzioni», evidenzia Erich Wigger. Anche l’Aiuto delle chiese evangeliche svizzere (ACES) dispone di un servizio di whistleblowing. «Sono previste varie misure sanzionatorie per chi non rispetta le direttive di ACES: si va dall’ammonizione al licenziamento in tronco», precisa Dieter Wüthrich, responsabile della comunicazione dell’associazione.
Anche a livello internazionale si registrano iniziative volte a favorire il whistleblowing. Ricordiamo, ad esempio, la piattaforma «SafeCall», una hotline a cui segnalare in maniera anonima possibili violazioni. Nel novembre 2017, sulla scia del movimento #MeeToo è stato lanciato l’hashtag #AidToo per portare alla luce molestie, abusi o sfruttamenti sessuali in ambito umanitario e dell’aiuto allo sviluppo e presentare possibili strategie per combatterli.
Dal caso Oxfam, le organizzazioni umanitarie e dello sviluppo sembra abbiamo tratto i giusti insegnamenti: hanno rafforzato le misure di prevenzione e lotta agli abusi. Le vere perdenti di un altro scandalo a sfondo sessuale non sarebbero però le ONG, bensì le persone a cui l’aiuto umanitario e allo sviluppo è destinato. La perdita di credibilità, il danno d’immagine e il conseguente calo delle donazioni castigherebbe purtroppo le persone sbagliate.