A seguito della crisi che ha colpito in questi ultimi anni il settore finanziario, le principali protagoniste in Svizzera, cioè le banche, hanno subito anche quest’anno un notevole ridimensionamento. Il loro numero è infatti diminuito lo scorso anno a 261, contro le 266 del 2015. Vent’anni fa se ne contavano invece oltre 400. L’utile realizzato lo scorso anno si è inoltre dimezzato, anche se solo 35 istituti hanno terminato l’anno in perdita. L’utile globale è però risultato di 7,9 miliardi, contro i 15,8 miliardi del 2015. La somma di bilancio è comunque aumentata del 2,5 per cento. In perdita sono però risultate le banche estere.
Queste poche indicazioni nascondono comunque una situazione ben più grave di tutto il settore finanziario. A fianco delle banche sono infatti sorti molti gestori di patrimoni privati che rischiano di seguire la sorte di alcune banche. Questi uffici hanno già incontrato molte difficoltà a seguito delle disavventure delle banche, dell’abolizione del segreto bancario a favore dello scambio automatico di informazioni fiscali e del moltiplicarsi di regole che disciplinano il loro settore di attività.Oggi però temono anche che la nuova legge sulle attività finanziarie, su cui il Parlamento voterà verosimilmente la prossima estate, dia loro il colpo di grazia: se non subito, al momento dell’entrata in vigore nel 2020. È vero che si prevede un periodo di assestamento di due o tre anni, ma è anche probabile che circa un terzo di questi uffici sia destinato a scomparire nei prossimi cinque anni.
Questo, almeno, è quanto prevede uno studio dell’Università di Lucerna sulle conseguenze della nuova legge in questo particolare settore. Secondo la professoressa Sita Mazumder, le nuove regolamentazioni sono però solo una delle cause dell’accelerato consolidamento del settore. Troppi gestori di patrimoni sono ancora oggi «cavalieri solitari» e non sfruttano le potenzialità offerte dalla cooperazione, per esempio nell’informatica. Questo potrebbe però anche essere un fattore di modernizzazione per queste attività.
Con un patrimonio gestito tra i 400 e i 600 miliardi di franchi, il settore ha un certo peso. I dati sono approssimativi, perché finora il settore dei gestori indipendenti non è mai stato analizzato a fondo. Lo studio valuta in circa 2000 gli uffici che formano l’offerta su questo mercato. In media danno lavoro a tre dipendenti. Il 90 per cento ha infatti meno di dieci dipendenti, per cui la statistica li considera micro-imprese.
Anche altre fonti interne valutano in circa il 30 per cento la diminuzione di questi operatori. Per cui molti si preoccupano del futuro del settore, prevedendo che essere come finora – buoni consiglieri per gli investimenti – potrebbe non più bastare. Qualcuno si è già mosso fondando una società che raggruppa le attività di consulenza e quelle amministrative, comprese le nuove regole dettate dalla futura legge.
L’importanza del settore non è da sottovalutare, poiché costituisce una notevole controparte all’attività delle banche. Queste ultime tendono infatti a concentrarsi sulla gestione dei grandi patrimoni con una consulenza individualizzata, mentre i rimanenti clienti devono accontentarsi di offerte standardizzate. Il limite per queste decisioni si situa oggi attorno ai 2 milioni di franchi.
È un mondo nuovo per questi esperti di investimenti finanziari che finora hanno potuto vivere e prosperare all’ombra delle banche e grazie a una legislazione svizzera favorevole, a cominciare dal segreto bancario. Ma con l’avvento delle nuove leggi, le cui sigle sono Fidleg e Finig, anche questi fiduciari vengono sottoposti a una regolamentazione più severa. In particolare dovranno chiedere un’autorizzazione all’Autorità di vigilanza sui mercati finanziari (Finma), ma dovranno anche disporre di un’organizzazione propria, con controlli interni efficaci che garantiscano il rispetto delle prescrizioni legali e di quelle proprie. I costi per questo adeguamento sono oggi valutati dagli operatori stessi in circa 50’000 franchi, cui farà seguito un aumento dei costi ordinari di gestione di circa 30’000 franchi all’anno.
Il direttore dell’Associazione svizzera dei gestori patrimoniali non è però negativo, poiché il nuovo modello di vigilanza – del resto proposto dalla stessa Associazione – è favorevole alle piccole e medie attività e dovrebbe essere riconosciuto anche all’estero. L’autorizzazione della Finma migliora inoltre la credibilità degli operatori e chiarisce meglio gli aspetti legali della professione, rispetto a quanto fatto finora.
Anche i gestori privati di patrimoni dovranno probabilmente riunirsi per formare una massa critica sufficiente per reggere la pressione che viene anche dalle stesse banche. Depositi fino a 30 milioni di franchi con molti gestori non sono più apprezzati dalle banche, che tendono verso dimensioni di 50 clienti con un patrimonio gestito di 100 milioni. Chi saprà adeguarsi – pensa la professoressa lucernese – avrà spazio anche in futuro su questo mercato.