Fine di una carriera brillante?

Il consigliere di Stato ginevrino Pierre Maudet, che l’anno scorso si candidò per il Consiglio federale, è sotto inchiesta per accettazione di vantaggi in relazione ad un viaggio ad Abu Dhabi pagato dalla famiglia reale
/ 01.10.2018
di Marzio Rigonalli

Ancora pochi mesi or sono, Pierre Maudet veniva visto come un politico brillante, giovane e dinamico, per certi versi paragonabile al presidente francese Emmanuel Macron. Molti lo ritenevano il numero uno del governo e della politica del canton Ginevra, e ravvisavano in lui una delle stelle più brillanti del Partito liberale radicale, destinata ad avere un destino nazionale, ricco di traguardi e di successi. Un’immagine, dunque, più che positiva che si fondava sulla personalità di Maudet e sulle sue capacità, nonché sui consensi che riusciva ad ottenere sulla scena politica, come per esempio all’ultima elezione in Consiglio federale, il 20 settembre 2017. Pur non avendo un ruolo di primo piano nella politica federale, Maudet venne votato da ben 90 membri dell’Assemblea federale, contro i 125 che elessero Ignazio Cassis. Oppure, altro esempio, lo scorso 15 aprile, alle elezioni cantonali, quando fu l’unico consigliere di Stato uscente ad essere rieletto già al primo turno e concorse al successo del suo partito che, in Gran Consiglio, guadagnò quattro seggi.

Oggi, l’immagine di Pierre Maudet si è offuscata. Il consigliere di Stato è al centro dei dibattiti politici e privati, che segnano le giornate all’estremità del Lago Lemano, per un viaggio all’estero e per le sue conseguenze. Che cosa è successo? Alla fine di novembre del 2015, Maudet compì un viaggio ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, con la moglie, i loro tre figli, il suo capo di gabinetto ed un uomo d’affari, con l’obiettivo di assistere al Gran premio di Formula Uno, l’ultima prova della stagione automobilistica 2015. Il viaggio durò quattro giorni e i partecipanti vennero ospitati in un albergo di lusso. Le spese del viaggio ammontarono ad alcune decine di migliaia di franchi e vennero assunte dalla famiglia reale di Abu Dhabi. Alcuni mesi dopo, un giornalista  venne a conoscenza del viaggio ed avviò un’indagine. Pose numerose domande a Pierre Maudet, in particolare gli chiese se il viaggio era ufficiale o privato e da chi era stato pagato. Il consigliere di Stato dette risposte poco convincenti. Parlò di un viaggio privato, pagato da lui stesso, ma più tardi si contraddisse, sostenendo che la spesa era stata assunta da alcuni suoi amici, amatori della Formula Uno. Più tardi ancora, Maudet dette altre versioni ed evocò un finanziatore vicino alla famiglia reale. Le ipotesi e le smentite si alternarono nella stampa ginevrina e la politica s’impossessò della vicenda. Anche la magistratura s’interessò al viaggio di Maudet. Avviò un’inchiesta e, lo scorso 30 agosto, il procuratore pubblico diffuse un comunicato in cui affermava che il viaggio era avvenuto su invito del principe erede dell’emirato e che le spese erano state assunte dalla casa reale dell’emirato.  Il comunicato aggiungeva che persone e società attive a Ginevra nel settore immobiliare erano state coinvolte nell’organizzazione del viaggio. 

Il comunicato del Ministero pubblico aprì la porta ad una serie di decisioni che privarono il consigliere di Stato di una buona parte del suo potere politico. Pierre Maudet ha così dovuto rinunciare alla presidenza del governo cantonale, nonché al dossier della polizia ed a quello dell’aeroporto. Il Gran Consiglio gli ha tolto l’immunità, consentendo all’autorità giudiziaria di estendere la sua inchiesta per verificare se c’è stata accettazione di vantaggi. Infine, il consigliere di Stato ha dovuto abbandonare anche la presidenza della Conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia, una carica che occupava dall’aprile scorso e che è stata affidata ad interim all’argoviese Urs Hofmann. Tutte queste rinunce, volontarie od imposte, hanno un carattere provvisorio e la loro conferma, o il loro annullamento, dipenderanno in gran parte dai risultati che emergeranno dall’inchiesta giudiziaria.

Pierre Maudet è ormai al centro della più importante crisi politica ginevrina degli ultimi decenni e la sua posizione appare sempre più insostenibile. A Ginevra, un consigliere di Stato può accettare regali soltanto di piccola entità, per un valore non superiore ai 100 franchi. Il suo viaggio ad Abu Dhabi va ben oltre e rimangono vari punti interrogativi su persone e società in qualche modo legate all’organizzazione del viaggio. Per di più, le sue ripetute bugie e le sue parziali ammissioni gli hanno fatto perdere la fiducia dei suoi colleghi di governo, dei membri del Gran Consiglio e, probabilmente, anche di una buona parte degli elettori che l’avevano appoggiato. In questa situazione, lo sbocco più logico, già invocato da più parti, dovrebbero essere le dimissioni di Maudet. La decisione è grave e soltanto lui può prenderla, poiché a Ginevra i membri del governo cantonale non possono venir revocati. Agirà in questa direzione? È difficile rispondere. La sua personalità e la sua indole combattiva inducono a pensare ch’egli lotterà ancora con determinazione, fin quando riuscirà ad intravvedere una via d’uscita. Le dimissioni costituirebbero verosimilmente la fine della sua carriera politica.

Un caso analogo a quello di Ginevra, ma apparentemente meno grave, è emerso anche nel canton Vaud. Un’inchiesta preliminare è in corso nei confronti del consigliere di Stato Pascal Broulis, capo del dipartimento delle finanze e delle relazioni esterne, per un certo numero di viaggi compiuti in Russia. I viaggi potrebbero essere stati finanziati da Frederik Paulsen, un uomo d’affari, proprietario dell’azienda Ferring Pharmaceuticals di Saint-Prex, uno dei leader mondiali nella lotta contro l’infertilità. Paulsen è uno dei principali contribuenti del cantone, con il quale vanta un accordo fiscale, ed è anche il console onorario della Russia. Ad uno di questi viaggi avrebbe partecipato anche la consigliera agli Stati socialista Géraldine Savary. I risultati dell’inchiesta preliminare diranno se gli accertamenti potranno essere archiviati, o se invece dovranno essere allargati ed approfonditi.

Il caso Maudet soprattutto, ed in parte anche il caso Broulis, offrono lo spunto per almeno due riflessioni. La prima riguarda i professionisti della politica eletti dal popolo o da un’autorità che ne ha il potere. Nel loro lavoro quotidiano i politici sono alle prese con svariate forme di lobbismo, che raramente coincidono con la difesa dell’interesse generale. In certi casi, la tentazione di accettare un possibile vantaggio personale è forte e può essere vinta soltanto con la rettitudine del singolo e con la sua consapevolezza del bene comune e degli argini che vanno posti all’esercizio di una funzione pubblica. Un aiuto in questa direzione potrebbe venire da regole più severe, che prescrivano una maggiore trasparenza ed un maggiore rigore nelle pene previste. La seconda riflessione concerne il partito liberale radicale. È facile immaginarci lo scandalo nazionale che sarebbe scoppiato se un anno fa Pierre Maudet, uno dei tre candidati proposti dal partito, fosse stato eletto consigliere federale. Non fu così e tanti oggi tirano un sospiro di sollievo. Ma restiamo in Romandia. Siamo ad un anno dalle elezioni federali e, grazie all’evoluzione della popolazione, i cantoni di Ginevra e Vaud potranno inviare al Consiglio nazionale un deputato in più. La posta in gioco nei due principali cantoni romandi diventa dunque ancora più importante e la battaglia elettorale s’annuncia sin d’ora molto vivace. Il PLR vi si prepara, cercando di emarginare le due inchieste e d’impedire che si ripercuotano negativamente sulla sua immagine e sul suo elettorato. Il futuro ci dirà con quali risultati concreti.