È recente la notizia dell’Ufficio Federale di statistica che indica come l’occupazione in Svizzera, nel secondo trimestre del 2019, sia cresciuta dell’1,1%. In cifre assolute ci sono 5 milioni e 100 mila lavoratori. Siamo ai livelli massimi. Ora, di questi cinque milioni di lavoratori, secondo un sondaggio della società di consulenza internazionale EY, la stragrande maggioranza è soddisfatta del proprio posto di lavoro e non ha intenzione di cambiarlo nel prossimo anno.
Il sondaggio viene effettuato due volte l’anno su un campione di 1501 persone, quindi statisticamente rappresentativo. La percentuale di soddisfatti non si è scostata dal sondaggio precedente, anzi è migliorata.
Lo studio mette in evidenza anche in quali settori ci sono i collaboratori maggiormente soddisfatti, e, forse a sorpresa, si nota come il settore delle costruzioni e quello industriale abbiano evidenziato il maggior aumento di persone contente, mentre è peggiorato il sentimento degli impiegati di banca e di quello degli assicuratori.
Dopo qualche dato quantitativo, passiamo ad analizzare quali sono i motivi per i quali una persona si dichiara contenta del suo posto di lavoro. Di primo acchito il pensiero va allo stipendio. In fondo è anche normale, più guadagno, più sono felice. Invece no, le motivazioni sono ben diverse.
I motivi principali che portano ad alzarsi il mattino con entusiasmo all’idea di andare al lavoro sono fondamentalmente tre. Nell’ordine: le buone relazioni con i colleghi, il riconoscimento del lavoro ben fatto e i buoni rapporti con i superiori. A questi elementi vanno aggiunti anche quelli più strettamente legati all’attività professionale vera e propria, oltre che alle relazioni personale. Infatti, sono tenute in grande considerazione anche la possibilità di essere autonomi, la flessibilità concessa e un lavoro diversificato.
Insomma, lo stipendio, i bonus e altri vantaggi economici sono in secondo piano e sono elementi considerati importanti soprattutto dagli uomini, piuttosto che dalle donne.
Naturalmente vi sono delle differenze generazionali che vengono evidenziate dagli esperti di EY. I più infelici sono gli appartenenti alla Generazione X, compresa tra i 45 e i 54 anni. Mentre i più giovani, più avvezzi alle nuove tecnologie e maggiormente sensibili alle relazioni sociali, e i più anziani, più vicini alla pensione, si dichiarano soddisfatti.
E per quel che concerne la paura di perdere il posto, magari sostituiti dalle macchine? Il tema è sicuramente di quelli ben presenti nelle teste dei lavoratori. Ma anche qui è una questione di generazioni. I giovani, soprattutto maschi, laureati, che vivono nelle città ritengono che le opportunità che il futuro offrirà loro saranno molte e che gli esseri umani saranno sempre più importanti delle macchine. Una convinzione che trova invece meno spazio ad esempio tra le donne che vivono in zone rurali e che hanno un’educazione di base, le quali temono fortemente di essere sostituite nei loro compiti.
Molto interessante infine è l’approccio alla vita professionale. Come detto, i motivi di soddisfazione sul posto di lavoro dipendono non tanto da elementi economici, ma piuttosto dal clima che regna dettato dai rapporti personali. Ebbene, per i giovani è importante avere la giusta attitudine per mantenere questo status quo. E in che modo? Dando molta importanza ad uno stile di vita sano, che comprenda il riposo e lo sport, il tutto naturalmente accompagnato da una formazione. Diametralmente opposto invece il rapporto delle generazioni più anziane, per le quali alla base della vita professionale ci devono essere una solida formazione, molte conoscenze e l’assimilazione della cultura aziendale.
Abbiamo dunque parlato dei lavoratori, di quanto sono soddisfatti e di quali sono le loro aspettative sul posto di lavoro. Ma in questo contesto ci sono due attori: dall’altra parte ci sono i datori di lavoro. E come reagiscono di fronte ad una sostanziale modifica dei parametri di giudizio sulla soddisfazione dei propri collaboratori, che da prettamente economici sono diventati più…sociali?
Presto detto. Si cambia il modo con il quale viene valutato e premiato il collaboratore. In concreto, da qualche tempo, alcune aziende hanno per esempio eliminato il bonus. Una vera e propria istituzione, nata negli anni 90, come conseguenza dell’introduzione sistematica delle valutazioni individuali. Da quando insomma si sono cominciate a fare le cosiddette qualifiche di fine anno.
Ora questo sembra essere superato, l’individuo viene ancora valutato, ma come elemento di un gruppo, di un contesto. In Svizzera ci sono aziende del calibro di Basilese, di Tamedia e, prima nel suo settore ad applicare questa pratica, Banca Migros che hanno abbandonato il paradigma secondo il quale tutto fosse misurabile in denaro. Per compensare il mancato introito derivante dal bonus, verrà aumentato il salario fisso. Di quanto, verrà determinato individualmente.
Il portavoce di Banca Migros, Urs Aeberli, lo scorso mese di novembre si è espresso così: «Nel mercato del lavoro si intravvede un cambiamento di valori: esercitare un lavoro motivante diventa sempre più importante, oltre ai motivi puramente finanziari che spingono all’attività lucrativa». Insomma, affermazioni che calzano a pennello con lo studio sulla felicità sul posto di lavoro elaborato da EY.
Lavoratori soddisfatti e datori di lavoro che hanno capito cosa cercano i collaboratori. Come detto i paradigmi di un tempo stanno mutando e se addirittura anche negli Stati Uniti 200 aziende tra le più grandi del paese hanno deciso di dare maggior peso all’ambiente di lavoro rinunciando anche in parte ai profitti, qualche cosa vorrà pur dire.