Economie diverse ma integrate

Svizzera e Italia hanno problemi a volte simili ma elaborano soluzioni molto diverse – Le ha illustrate il delegato permanente di economiesuisse a Bruxelles al Congresso degli Svizzeri d’Italia a Parma
/ 03.07.2017
di Ignazio Bonoli

Un interessante confronto fra l’economia svizzera e quella italiana è stato presentato al recente congresso delle associazioni degli Svizzeri in Italia. Relatore sul tema era il delegato permanente di economiesuisse a Bruxelles François Baur che ha iniziato il suo intervento con un confronto fra due economie molto diverse fra loro, ma con punti in comune, soprattutto per quanto attiene alle rispettive strutture economiche.

L’Italia, con 62 milioni di abitanti, è la nona potenza economica mondiale, ma superata negli ultimi anni da Cina e Brasile, a causa della debole crescita economica. La sua economia si basa in misura del 75% sul settore terziario. Nel settore industriale, che contribuisce in misura del 23,6% al PIL nazionale, la produttività è inferiore alla media dei paesi dell’OCSE. Mentre in passato il benessere dell’Italia era fortemente dipendente dall’esportazione di prodotti industriali, oggi i risultati della bilancia commerciale sono contenuti.

Molte aziende si trovano in condizioni finanziarie problematiche e faticano a onorare i loro impegni con le banche. Di conseguenza, vari istituti bancari italiani si trovano con montagne di crediti in sofferenza. È quindi difficile per le aziende ottenere crediti da investire in ricerca e innovazione. Dal canto suo anche lo Stato italiano scarseggia di risorse e si indebita eccessivamente.

La Svizzera, pur essendo un paese piccolo, è al 19° posto fra le potenze economiche mondiali e potrebbe far parte del G20. Qual è il segreto del successo svizzero, soprattutto se si pensa che il livello salariale medio, al netto del potere d’acquisto, è del 40% superiore a quello di paesi vicini come l’Italia?

La risposta dipende dalle strutture economiche. Come l’Italia, anche la Svizzera ha un’economia altamente sviluppata, con il settore dei servizi che contribuisce in misura del 72% al PIL nazionale. Sempre come l’Italia (ma anche la Germania), l’industria fornisce una quota importante del PIL (26%). E questo nonostante che il settore industriale lavori con margini molto ridotti e subisca una forte concorrenza internazionale. L’80% della produzione industriale è destinato all’esportazione, nonostante costi di produzione elevati e la forza del franco svizzero sui mercati valutari.

Ma, proprio per compensare gli elevati costi unitari di produzione, le aziende svizzere si sono specializzate in prodotti con notevole valore aggiunto. La produzione di alta qualità, con continui investimenti nello sviluppo dei prodotti, nonostante i prezzi elevati, trova acquirenti in tutto il mondo. Per questo molte imprese svizzere occupano i primi posti nelle loro nicchie di mercato, con quote tra il 30 e il 50% del mercato mondiale. Sul fronte opposto, la Svizzera importa diversi fattori di produzione a prezzi vantaggiosi. La creazione di valore aggiunto è dovuta all’innovazione e alla lavorazione sul territorio elvetico e i prodotti sono venduti nel mondo intero. Così la Svizzera funge anche da motore dell’export per tutta l’area economica europea.

Trovandosi a parlare in Italia, François Baur ha presentato un caso emblematico come quello del caffè, per il quale l’Italia gode di una fama internazionale. Pochi sanno però che oggi il commercio del caffè greggio passa per il 70-80% attraverso la Svizzera. Paese che però ne importa solo 1,8 milioni di sacchi, cioè l’1,4%, di cui un terzo viene raffinato e poi nuovamente esportato. La tostatura e il confezionamento costituiscono un valore aggiunto notevole e il caffè è diventato, nel settore alimentare, il prodotto di esportazione più importante per la Svizzera, più del cioccolato e del formaggio.

Non solo, ma i produttori svizzeri di macchine da caffè hanno acquistato una posizione di «leader» nel settore delle macchine automatiche. Il notevole know-how nella meccanica di precisione ha favorito la conquista del primato in questo campo. In Italia – invece – le piccole e medie aziende non hanno investito per l’innovazione dei loro prodotti e continuano a offrire prodotti industriali a prezzi più convenienti, ma non in grado di reggere la concorrenza di paesi emergenti come la Cina o il Vietnam.

Non bastano però innovazione ed efficienza per creare condizioni vantaggiose per le imprese. A questi si aggiungono i vantaggi tradizionali elvetici che sono: un’economia stabile, un mercato funzionante, la libertà d’impresa, il libero accesso ai mercati mondiali, formazione e ricerca d’avanguardia, politica fiscale e finanziaria competitiva, infrastrutture efficienti, libertà e apertura del mercato del lavoro, approvvigionamento energetico sicuro e tutela dell’ambiente.

Questo panorama presenta evidenti discrepanze fra la Svizzera e l’Italia, in particolare in qualche settore molto importante. Per esempio,la Svizzera dispone di un mercato del lavoro tra i più liberali d’Europa. È abbastanza semplice assumere personale, ma anche, se del caso, licenziare. Ciononostante il tasso di disoccupazione in Svizzera è molto basso (attualmente sotto il 4%). Su una popolazione di 8,3 milioni di abitanti sono stati creati oltre 5 milioni di posti di lavoro, corrispondenti a 4,2 milioni di impieghi a tempo pieno. In pratica, la metà della popolazione è occupata al 100%.

L’Italia deve invece affrontare una disoccupazione strutturale dell’11%, più acuta al Sud, dove tocca il 17%. Il mercato del lavoro è finora stato molto rigido, creando due classi di lavoratori: quelli con lavoro a tempo indeterminato, licenziamento quasi impossibile e prestazioni sociali molto alte e gravose per le imprese, e quelli a tempo determinato senza tutele contro il licenziamento e prestazioni sociali ridotte. Ne fanno le spese soprattutto i giovani, poiché le imprese cercano di evitare contratti a tempo indeterminato. La disoccupazione giovanile supera il 38%. Le riforme sono state avviate, ma bisognerà vedere se saranno sufficienti.

Un problema cruciale in Italia è quello della fiscalità. La pressione fiscale per le imprese è una delle più alte tra i paesi dell’OCSE; con il 43,3% è di lunga superiore a quella svizzera, che è del 27,7%. Il governo italiano sta procedendo a una riduzione. Al problema fiscale si aggiungono però anche la scarsa efficienza dell’amministrazione pubblica, con oneri eccessivi per le imprese e la corruzione, con ripercussioni economiche anche sulle imprese.

L’immigrazione in Svizzera è un tema politico molto controverso. In ogni caso non può essere causa di disoccupazione, visto il livello molto basso. Oggi vivono e lavorano in Svizzera circa 2 milioni di stranieri (1,3 milioni dall’UE, di cui 320’000 italiani). Negli ultimi dieci anni il saldo migratorio in Svizzera è di circa 800’000 a favore degli immigrati.

In Italia gli stranieri sono oltre 5 milioni, ma rappresentano soltanto l’8,25% della popolazione totale. La lieve crescita demografica (+0,3%) è dovuta agli immigrati. Ma questa immigrazione è fatta di molti profughi con qualifiche professionali scarse o nulle e grava sul bilancio dello Stato.

In Svizzera, invece, il 60% degli immigrati possiede un titolo di studio accademico e proviene in maggioranza da paesi industrializzati. Ciononostante, è nata una paura, statisticamente infondata, di un effetto sostitutivo della mano d’opera indigena con quella straniera. Sono comunque in vigore misure per combattere il fenomeno del «dumping salariale». Particolarmente toccato il canton Ticino che vede giornalmente l’arrivo di oltre 60’000 lavoratori frontalieri dall’Italia. Hanno un ruolo importante per l’economia, ma suscitano reazioni di difesa.

I rapporti economici tra Svizzera e Italia sono intensi. Per la Svizzera, l’Italia è il quinto partner commerciale, dopo Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna e Cina. È al terzo posto quale fornitore di beni e servizi, mentre è il sesto mercato d’esportazione per la Svizzera, che importa anche dall’Italia il 4,6% delle esportazioni di beni italiani. Intenso è anche lo scambio di servizi: le imprese svizzere forniscono servizi in Italia per un valore di 5,4 miliardi di euro, mentre ne importano dall’Italia per 9,2 miliardi. Anche gli investimenti diretti svizzeri in Italia sono importanti e con 15,6 miliardi di franchi la Svizzera è il settimo investitore straniero, generando 50’000 posti di lavoro.

Negli ultimi tempi questi rapporti sono stati caratterizzati da conflitti. La questione fiscale e l’esportazione di capitali hanno indotto l’Italia a inserire la Svizzera in diverse «liste nere». All’inizio del 2015 i due paesi hanno concordato un adeguamento della convenzione in materia di doppia imposizione, aderendo allo schema OCSE per lo scambio di informazioni fiscali. Proprio in questi giorni si stanno facendo gli ultimi adeguamenti per permettere la firma del trattato da parte italiana (tassazione dei frontalieri e misure del canton Ticino – la richiesta del casellario giudiziale è stata lasciata cadere  – per frenare l’afflusso di frontalieri). Qualcosa si muove anche nel settore dei trasporti: dopo aver ultimato la galleria di base del San Gottardo è ora necessario completare anche le coincidenze in Italia, in particolare il corridoio di 4 metri per il trasporto merci sulla linea Bellinzona – Luino – Novara, nonché per il traffico futuro la realizzazione di un corridoio per il trasporto di merci via Chiasso – Seregno – Bergamo. Inoltre, dopo un’interruzione di tre anni, entro la fine del 2017 verrà portata a termine anche la linea ferroviaria tra Arcisate (Varese) e Stabio (Svizzera), che collegherà Lugano all’aeroporto di Malpensa.

Non si vedono invece progressi nella soppressione degli ostacoli burocratici per le imprese svizzere che vogliono operare nel mercato italiano, mentre per le imprese italiane è molto più semplice accedere al mercato svizzero. Anche le rispettive organizzazioni economiche si stanno muovendo per risolvere problemi concreti del mondo imprenditoriale.

François Baur ha fatto in questa occasione un’analisi molto lucida e completa della situazione, basandosi soprattutto sugli aspetti che concernono l’economia e le sue imprese. Non ha mancato di segnalare le difficoltà dovute a due sistemi politici diversi e alla lentezza della burocrazia, cui bisognerebbe però aggiungere anche la diversa interpretazione dei trattati con l’Europa, che crea parecchie difficoltà e incertezze. L’Italia ne approfitta per ricavare determinati vantaggi, mentre la Svizzera deve fare i conti con la volontà popolare, che non sempre coincide con quella del Governo e del Parlamento. È però evidente che due economie così integrate come quella svizzera e quella italiana hanno tutto l’interesse a mantenere buoni rapporti dentro e anche fuori dai trattati europei.