Un postulato del socialista Claude Hêche agli Stati e una mozione del Verde liberale Beat Flach al Nazionale sono stati accettati, quasi in sordina, da entrambe le Camere. Eppure l’argomento non è certamente di quelli minori, dal momento che chiedono una legge che introduca il concetto del condono dei debiti privati. Lo scarso impegno nella discussione è forse dovuto al fatto che gli atti sono presentati in termini generali e chiedono in sostanza al Consiglio federale di elaborare un testo di legge che permetta di cancellare i debiti di persone singole che non sono più in grado di farvi fronte.
Una prima giustificazione è insita nel testo stesso delle richieste, che chiedono l’una di introdurre misure che permettano a persone, che non hanno più la possibilità di estinguere un loro debito, di poter essere reintegrate nel tessuto economico; l’altra di considerare le prospettive future di debitori e creditori. Il linguaggio è prudente, ma chiaro: dare la possibilità a una persone fortemente indebitata di estinguere il suo debito privato e reintegrarsi così nell’economia senza il peso di debiti precedenti.
Va detto che lo stesso Consiglio federale, in un rapporto dello scorso mese di marzo, scriveva che «la situazione odierna, nella quale persone che devono vivere senza prospettive con i loro debiti e senza possibilità di migliorare la loro posizione economica, agli occhi del Consiglio federale, è insoddisfacente. Questa mancanza di vie d’uscita danneggia tanto l’imprenditoria privata, quanto l’ente pubblico», aggiungendo che «ogni persona merita una seconda possibilità».
Come potrebbe funzionare in concreto questa «seconda possibilità»? Un debitore si mette d’accordo con i suoi creditori di pagare, entro un certo termine, una parte del suo debito. I creditori gli condonano la parte rimanente del debito. Così i creditori sono sicuri di incassare almeno una parte del loro credito.
Quale può essere la differenza rispetto al diritto svizzero attuale? Si deve partire dal concetto, alla base del diritto svizzero, secondo il quale un debitore deve sempre far fronte al suo impegno. Per questo esistono attestati di carenza di beni della durata di decine di anni. Nella realtà però questa situazione si verifica raramente. Molti debitori non faranno mai fronte ai loro impegni e possono anche vivere collezionando atti di carenza di beni. Bastano queste poche considerazioni per vedere che emanare una legge che regoli questa situazione è un compito tutt’altro che facile.
Si dovrà per esempio stabilire quale proporzione dei debiti il debitore dovrà pagare per giungere a un accordo di condono. Oppure potrà un tribunale costringere un creditore a condonare a un debitore una parte del suo debito? O magari anche: coloro che ricevono aiuti sociali e non hanno altri redditi potranno beneficiare di un condono parziale? Alcuni paesi conoscono già un sistema di condono dei debiti privati: tra questi gli Stati Uniti, la Francia, la Germania. Dal canto suo il Consiglio federale precisa: «Benché il sistema del condono parziale di debiti privati sia spesso oggetto di riforme, non viene ormai più rimesso in questione».
Ad eccezione dell’UDC che finora si è dichiarata contraria al sistema, una maggioranza del Parlamento sembra disposta a seguire l’eventuale progetto di legge, ma con parecchie condizioni. Accanto a chi lo ritiene un mezzo per ridurre l’indebitamento o combattere la povertà, vi è chi teme la possibilità di abusi da combattere fin dall’inizio con prescrizioni e regole molto severe.
In realtà, in Svizzera, l’indebitamento privato è molto alto e in continua crescita: se nel 2000 era appena sopra il miliardo di franchi, oggi sfiora i 2 miliardi. Già uno studio dell’Ufficio federale di statistica del 2013 rilevava un’alta quota di debiti presso le famiglie svizzere. Situazione confermata anche dagli uffici di esecuzione e fallimenti, quando questi debitori non fanno più fronte ai loro impegni. Ma chi sono questi debitori insolventi? Non esistono statistiche precise, ma l’esperienza di consulenti e uffici di esecuzione dice che si tratta di persone in crisi, in molti casi soprattutto uomini dopo un divorzio o una separazione. La figura tipica è quella dell’uomo di 40 anni, separato o divorziato.
Situazione che di per sé offre qualche sostegno alla tesi di «una seconda possibilità», se si assommano anche casi di disoccupazione o di scarsa formazione. Non si può però dimenticare il celebre detto latino. «Pacta sunt servanda», altrimenti è tutto un istituto del sistema economico che rischia di crollare. Ancora una volta, se c’è una necessità di agire lo si può fare, ma con prudenza e moderazione. Altrimenti l’incentivo a diminuire l’indebitamento rischia di diventare uno stimolo ad aumentarlo.