Negli ultimi tempi, l’euro ha recuperato parecchio terreno sul franco svizzero e, a metà aprile, si era ormai assestato a quegli 1,20 franchi che la Banca Nazionale aveva posto come limite al rafforzamento del franco. Torniamo quindi alla situazione di partenza, che la Svizzera ritiene normale nei rapporti con l’euro. Gli effetti di questo rafforzamento dell’euro o (visto dall’altra parte) indebolimento del franco sono noti: le esportazioni svizzere costano meno, le importazioni un po’ di più, le nostre vacanze all’estero sono un po’ più care e il cosiddetto «turismo degli acquisti», dei consumatori svizzeri nei paesi confinanti, dovrebbe rallentare.
Il tasso di cambio è però solo una delle componenti dei prezzi dell’import-export. E, infatti, con qualche sacrificio, l’economia svizzera è riuscita a difendersi bene anche con un euro molto più debole del franco. In particolare, l’evoluzione del tasso di cambio non sembra avere effetti duraturi sul livello dei prezzi in Svizzera. In altri termini, la Svizzera, pur essendo molto integrata all’Europa sul piano economico, rimane sempre la celebre «Isola dai prezzi alti». Un tema che appare con una certa regolarità anche nei discorsi politici. Nessuno sembra però disposto ad affrontare di petto questa situazione.
In fondo, se in Svizzera i prezzi sono alti è perché i salari (e altre remunerazioni) sono alti, o anche viceversa. Vi sono anche altre cause endogene che possono spiegare questa situazione: per esempio le regole strette per la costruzione, in particolare di case d’abitazione, la rarità del terreno edificabile o anche gli alti prezzi dei prodotti agricoli. Non a caso le differenze di prezzo rispetto all’UE sono evidenti anche nei settori pubblici o parapubblici: l’educazione e la formazione, la salute. Accanto ai citati prodotti agricoli e dell’edilizia, i prezzi in Svizzera vanno dall’80 al 120% di quelli medi dell’UE.
Una situazione che provoca anche un fenomeno particolare: i prezzi di beni importati sono più alti in Svizzera che in altri paesi. Questa situazione è all’origine dell’iniziativa inoltrata nel dicembre 2017, munita di 107’889 firme valide, per cui dovrebbe andare prossimamente in votazione popolare. Il titolo dell’iniziativa è molto ambizioso: «Stop all’isola dei prezzi elevati – per prezzi equi», detta semplicemente «Iniziativa per prezzi equi» In realtà, in Svizzera, gli strumenti per contrastare il fenomeno non sono molti. Finora la sorveglianza dei prezzi si limitava alle grandi intese cartellistiche che possono dominare il mercato. L’iniziativa vuole estendere questa possibilità introducendo il concetto di «imprese che hanno una posizione dominante relativa».
Se il concetto di «posizione dominante» in assoluto è già difficile da tradurre in provvedimenti legislativi, quello di «posizione dominante relativa» lo è quasi di più. Si tratta in sostanza di valutare questa posizione relativa, per poi applicare divieti quali ingiustificati rifiuti di fornire prodotti o discriminazioni sui prezzi. Il concetto va anche qui applicato soltanto nei confronti di rapporti fra aziende e non fra queste e il consumatore finale. Relativamente dominante diventa quindi un’azienda fornitrice o anche acquirente che non lascia possibili alternative al partner contrattuale. Inoltre, l’iniziativa chiede una disposizione che garantisca l’acquisto senza discriminazioni nel settore del commercio elettronico.
Il governo si è occupato recentemente della questione, ma non ha ancora deciso quale posizione prendere. Il Dipartimento dell’economia (competente nella questione) vorrebbe proporre alle Camere di respingere l’iniziativa, senza controprogetto. Altri vorrebbero però una legge quale controprogetto.
Come detto, non è facile trovare una definizione corretta di «dominanza relativa» e tentativi già fatti in passato contro fornitori ritenuti troppo cari non sarebbero più contemplati nell’iniziativa. I più critici vedono il pericolo di provocare incertezze nel diritto e per finire colpire più aziende fornitrici svizzere che estere. La classica «zappa sul piede»? Probabile, poiché l’iniziativa sembra avere aspetti popolari in un settore spesso criticato, non solo, ma la mancanza di un controprogetto potrebbe fornire altre spaccature in un settore industriale che vede spesso i grandi contro i piccoli. I simpatizzanti credono nell’effetto di segnale all’economia e in una riduzione degli svantaggi concorrenziali delle piccole e medie imprese svizzere.
La riduzione del tasso di cambio del franco sull’euro ha comunque lasciato parecchi settori ancora con grandi differenze di prezzo con l’estero. L’iniziativa era stata voluta anche come mezzo di pressione a favore di un postulato di Hans Altherr, attualmente in discussione al Consiglio degli Stati, e che potrebbe fornire le basi per un controprogetto delle Camere federali.