Banche nazionali: a chi appartengono

Aumentano le statalizzazioni e il controllo pubblico. L’eccezione della Banca Nazionale Svizzera, che è di proprietà di Cantoni e privati, ma soggetta alla sorveglianza federale
/ 09.12.2019
di Ignazio Bonoli

Il profilarsi di un nuovo e sostanzioso utile nei conti della Banca Nazionale Svizzera (record di 38,5 miliardi di franchi nel primo semestre di quest’anno) suscita le abituali discussioni sulla distribuzione di questi soldi. Torneremo all’inizio del prossimo anno su questo tema sempre più dibattuto a livello politico. Oggi vogliamo invece gettare uno sguardo sulle strutture istituzionali della BNS, perché in questo campo le cose stanno cambiando a livello mondiale e la nostra banca nazionale si conferma sempre più come eccezione nel campo delle banche centrali.

La Banca Nazionale Svizzera è, infatti, una società anonima, di per sé indipendente, ma soggetta alla sorveglianza della Confederazione, che però (altra eccezione) non ne è nemmeno azionista. I maggiori azionisti sono, infatti, i Cantoni e le banche cantonali con il 49,6% del capitale. Il 26,3% è in mano a privati. È noto un investitore tedesco che detiene il 5,24%, cioè un pochino di più del canton Zurigo con il 5,20%. Per il 24,1% si tratta di azioni non iscritte a registro (in gergo «dispo»). Comunque Cantoni e banche cantonali detengono il 77,4% dei diritti di voto e i privati il 22%.

Come accennato, questa struttura pubblico-privata delle banche centrali sta scomparendo. Accanto alla Svizzera rimangono in questo comparto la Francia, la Grecia, San Marino e il Sudafrica. Ma proprio quest’ultimo paese, lo scorso novembre, ha adottato un testo di legge che statalizza la banca centrale, riaccendendo una discussione già sollevata nel 2010 dall’Austria, il cui parlamento ha deciso di acquisire la totalità del capitale della banca, di cui possedeva già il 70%. L’argomento essenziale era supportato dal fatto che il 30% era in mano a banche private, le quali a loro volta erano sorvegliate dalla banca centrale. In pratica, potevano sorvegliare il sorvegliante.

Le decisioni di Austria e Sudafrica si inseriscono in un trend che caratterizza l’evoluzione delle banche centrali in questi ultimi anni. All’inizio del secolo scorso invece circa la metà delle banche centrali nel mondo contavano anche azionisti privati nel loro capitale. Soltanto dopo la seconda guerra mondiale il movimento di statalizzazione ha subito una forte spinta in molti paesi. In pratica, oggi, soltanto la banca centrale giapponese e quella belga contano una parte importante di investitori privati. Ognuna di loro regola a modo suo le partecipazioni private, che comunque non sono in grado di esercitare influssi sulla gestione della banca, soprattutto nelle politiche di interesse pubblico, come quella – per esempio – di garantire la stabilità dei prezzi o l’attenzione all’evoluzione della congiuntura.

Il campione assoluto nella struttura privata del capitale è l’Italia. La banca nazionale appartiene, infatti, alle banche private. Negli Stati Uniti, il sistema è invece completamente diverso, poiché la banca centrale (Federal Reserve) si compone di 12 banche regionali, che concordano le misure da prendere attraverso la Fed. Ma che la composizione del capitale delle banche centrali non abbia nessun effetto sulle loro politiche lo dimostra anche un recente studio che ha preso in esame 35 istituti di paesi membri dell’OCSE. Esso constata anche che la struttura del capitale non ha effetti sulla redditività della banca. Contrariamente a quanto si possa pensare, sono le banche con strutture semi-private che versano più soldi allo Stato rispetto a quelle statalizzate, anche se il loro scopo non è principalmente quello della massimizzazione dei profitti, e non si lasciano influenzare dagli interessi dei proprietari privati.

Il perché di queste partecipazioni private ha ragioni storiche. Furono, infatti, le banche private ad emettere le prime banconote (in Ticino, la Banca della Svizzera italiana). Si riteneva, inoltre, che la proprietà privata potesse costituire una protezione supplementare contro gli influssi politici dello Stato nelle politiche della banca. Anche le origini storiche della BNS derivano dal fatto che le azioni, al momento della costituzione del capitale, erano un compenso ai Cantoni per la cessione del monopolio dell’emissione di banconote. Malgrado la tendenza in atto, la BNS non vede la necessità di cambiare sistema. Il vantaggio sta nel fatto di assimilare elementi di diritto pubblico e privato. La componente pubblica garantisce l’esecuzione del mandato nell’interesse generale del paese, quella privata funge da garante dell’indipendenza della banca. È improbabile che la BNS segua i recenti movimenti di statalizzazione, tesi confermata anche con la revisione della legge sulla Banca Nazionale del 2004. Il che non ha impedito – per esempio – alla Banca dei regolamenti internazionali di scegliere la BNS, con Hong Kong e Singapore, per sperimentare gli effetti delle nuove tecnologie finanziarie, allo scopo di migliorare il futuro sistema finanziario globale.