Come promesso subito dopo la caduta in votazione popolare del progetto di riforma delle pensioni 2020, il consigliere federale Alain Berset, responsabile del settore sociale, ha avviato la riforma della sola AVS, staccandola da quella della previdenza professionale. L’obiettivo è quello di garantire le finanze dell’AVS fino al 2033. Il problema principale da risolvere diventa perciò quello di trovare i finanziamenti necessari, attraverso maggiori entrate.
Nel messaggio che il Consiglio federale proporrà al Parlamento, si prevede perciò un aumento dell’IVA che potrebbe raggiungere un massimo del 2 per cento. Con questo introito l’AVS potrebbe combattere le conseguenze dell’invecchiamento della popolazione, in particolare l’arrivo, nella schiera dei pensionati,dei nati negli anni del «baby boom». In parallelo si ripropone però anche l’aumento a 65 anni dell’età di pensionamento delle donne. Questa misura – combattuta dalla sinistra – richiederebbe una compensazione dai 400 agli 800 milioni di franchi, a seconda della variante da scegliere, anche fino a 1,1 miliardi di franchi. Ciò potrebbe facilitare alle donne un pensionamento anticipato e offrirebbe rendite migliori a quelle con reddito modesto.
Anche il nuovo progetto – come il precedente – prevede una flessibilizzazione dell’età di pensionamento tra i 62 e i 70 anni, con possibilità di percepire in anticipo la rendita o di rinviarla di alcuni anni. Questo principio verrà introdotto anche per la previdenza professionale, la cui riforma verrà avviata più tardi. Per l’AVS si prevede anche la possibilità di proseguire l’attività dopo i 65 anni, mantenendo la franchigia di 1’400 franchi mensili per i contributi obbligatori. Quelli sui redditi superiori andranno a migliorare le rendite o a colmare eventuali lacune contributive.
Circa i tempi di attuazione, si pensa di concludere la fase di consultazione del progetto dopo l’estate, in modo da permettere al Consiglio federale di pubblicare il relativo messaggio entro la fine dell’anno. Dopo l’approvazione del Parlamento, gli aumenti dell’IVA verrebbero applicati a partire dal 2021 integralmente. Il progetto precedente prevedeva un’applicazione per tappe dello 0,6 per cento, comprendente però anche la riforma della previdenza professionale. Ora il governo attende, per il secondo pilastro, un accordo fra l’Unione Svizzera degli imprenditori e l’Unione sindacale, promesso dopo il voto negativo sul progetto precedente.
Secondo i primi commenti, anche questo progetto non sembra partire con il piede giusto. Come detto la sinistra (in particolare le donne socialiste e i sindacati) si oppone tuttora all’aumento dell’età di pensionamento delle donne e lo farà presumibilmente anche con le previste compensazioni, tanto più che il finanziamento di eventuali pensionamenti anticipati potrebbe necessitare di un leggero aumento dei contributi (0,13 per cento), in aggiunta al maggior gettito dell’IVA. Il partito socialista come tale si accontenterebbe però di «sostanziose» compensazioni. Sull’ammontare di queste compensazioni non c’è però chiarezza. Il PPD – che aveva sostenuto la precedente riforma – dice che la soluzione proposta oggi è un prezzo troppo alto da pagare in cambio di quella precedente.
Il costo di 6 miliardi di franchi, che pagherebbero i consumatori con l’aumento dell’IVA, crea qualche timore un po’ ovunque. La proposta odierna è comunque molto vicina a quella precedente del Consiglio federale (+1,5 per cento), poi ridotta dal Parlamento. UDC e PLR hanno subito precisato che un simile aumento dell’IVA sarebbe inaccettabile, poiché porterebbe il tasso normale al 9,4 per cento. L’Unione degli imprenditori parla perfino di un preventivo aumento di imposte, che potrebbe compromettere anche una moderata riforma dell’AVS, In sostanza, si rimprovera oggi a Berset di guardare troppo lontano, mentre una delle obiezioni rivolte alla precedente riforma era proprio quello di proporre risanamenti a troppo brevi scadenze.
Su un punto l’accordo è generale: la riforma dell’AVS è necessaria, poiché con le tendenze attuali il suo finanziamento dopo il 2030 non è più garantito. Secondo calcoli attuali, le uscite supereranno le entrate e il principio di un fondo che garantisca almeno un anno di rendite non sarà più rispettato. Il rimprovero principale al Consiglio federale è quello di pensare soltanto ad aumentare le entrate dell’AVS, invece di pensare anche – per esempio – all’aumento dell’età di pensionamento.
Di regola le possibilità di un progetto di superare i vari scogli istituzionali dipendono da molti fattori, ma soprattutto dall’equilibrio tecnico e politico delle proposte. Una riforma contenuta dell’AVS su alcuni anni, l’aumento dell’età di pensionamento delle donne, con una certa compensazione, potrebbe trovare una maggioranza in Parlamento, purché non provochi costi eccessivi.