Autodeterminazione: come interpretarla?

Votazioni federali 25 novembre - L’iniziativa popolare promossa dall’UDC che vuole sancire la prevalenza del diritto elvetico su quello internazionale è contestata per le ripercussioni che può avere sulle relazioni con l’estero
/ 12.11.2018
di Alessandro Carli

Lanciata dall’UDC, l’iniziativa per l’autodeterminazione chiede di modificare la prassi seguita dalla Svizzera in caso di «contraddizione» tra un trattato internazionale e il proprio diritto costituzionale. In questo senso intende sancire la prevalenza generale di quest’ultimo sul diritto internazionale e obbligare le autorità ad adeguare e, all’occorrenza, a denunciare i trattati internazionali che contraddicono la nostra Costituzione. Un’operazione non da poco, sia per la complessità delle disposizioni in vigore per l’approvazione dei trattati internazionali, sia per le conseguenze che ne potrebbero scaturite.

Con questo progetto, l’UDC ha reagito alle difficoltà riscontrate nell’applicazione delle sue iniziative popolari, non ultima quella «Contro l’immigrazione di massa», accolta da popolo e cantoni il 9 febbraio 2014 con una maggioranza risicata del 50,3%. L’UDC cita in particolare i casi dell’accordo sulla libera circolazione, prioritario sull’articolo costituzionale (121a) sulla regolazione dell’immigrazione, o dell’accordo istituzionale che la Svizzera sta negoziando con l’Unione europea (UE). Per i democentristi, tutto ciò è la prova che la Svizzera non ha più voce in capitolo, nonostante la volontà popolare espressa chiaramente nelle urne.

In caso di accettazione dell’iniziativa, gli oppositori temono invece proprio la denuncia dell’accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE, appunto perché rischierebbe di entrare in conflitto con l’articolo costituzionale contro l’immigrazione di massa. Tale denuncia potrebbe ripercuotersi sull’insieme dei bilaterali.

A promuovere il lancio dell’iniziativa sull’autodeterminazione è stata una sentenza del Tribunale federale (TF) del 2012: allora i giudici di Losanna annullarono l’espulsione di un trafficante di droga macedone, ritenendo che l’iniziativa sul rinvio dei criminali stranieri, lanciata dall’UDC e approvata dal popolo il 28 novembre 2010, non poteva essere applicata a questo caso e che la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), entrata in vigore per la Svizzera nel 1974, aveva la precedenza sulle disposizioni costituzionali.

Con questa decisione – sostiene l’UDC – il TF ha capovolto la giurisprudenza. A suo modo di vedere, i tribunali non dovrebbero poter ribaltare decisioni prese dal popolo. Non è giusto che criminali condannati invochino il diritto internazionale per non essere rinviati nel loro paese d’origine. Occorre dunque ristabilire l’ordine precedente al 2012. Perciò, il consigliere nazionale democentrista zurighese e professore di diritto Hans-Ueli Vogt ha messo a punto la citata iniziativa popolare. Essa stabilisce (art. 5, cpv. 4) appunto che «La Costituzione federale ha rango superiore al diritto internazionale e prevale su di esso, fatte salve le disposizioni cogenti (ossia obbligatorie) del diritto internazionale», come il divieto della tortura, del genocidio o della schiavitù. In caso di «contraddizione» (art. 56a, cpv. 2) tra un trattato internazionale e il diritto costituzionale elvetico, il diritto svizzero prevale su quello internazionale (principio cardine), fatte salve sempre le disposizioni cogenti del diritto internazionale.

Tuttavia, il progetto sottoposto al Sovrano prevede nel contempo (art. 190) che «Le leggi federali e i trattati internazionali il cui decreto d’approvazione sia stato assoggettato a referendum sono determinanti per il Tribunale federale» e vanno quindi applicati anche se si contrappongono alla Costituzione federale. Qual è dunque il vero senso dell’iniziativa?

A ogni modo, ove non si raggiungesse un’intesa in caso di «contraddizione», la Svizzera non applicherebbe più il trattato in questione che dovrebbe essere rinegoziato e, «se necessario», denunciato. Hans-Ueli Vogt si è però affrettato a sottolineare che nessun trattato internazionale sarebbe direttamente interessato da questa minaccia di disdetta. A suo modo di vedere, l’iniziativa preserva le regole imperative del diritto internazionale.

L’UDC è convinta che con la sua modifica costituzionale le iniziative accolte dal popolo potranno essere applicate alla lettera, ciò che rafforzerà la democrazia diretta.

Durante il dibattito parlamentare, i sostenitori dell’iniziativa non hanno esitato a definire il primato del diritto internazionale sulle leggi elvetiche «un colpo di Stato». «Noi non ci stiamo a dare la precedenza al diritto internazionale rispetto al nostro diritto», ha sottolineato la consigliera nazionale Roberta Pantani della Lega dei Ticinesi, precisando che «non si capisce perché giudici stranieri dovrebbero decidere sulla nostra libertà».

Per l’UDC, il diritto internazionale e il potere delle organizzazioni internazionali sono armi impiegate da Parlamento, amministrazione e tribunali contro il popolo. Il TF pone regolarmente il diritto internazionale al di sopra della Costituzione federale. La competenza di decidere ciò che ha la precedenza non spetta al TF, ma al popolo. Insomma, i cittadini devono avere l’ultima parola in tutte le decisioni politiche importanti. Per questo, con il termine «autodeterminazione», sicuramente accattivante, l’UDC vuole difendere l’unicità della democrazia diretta svizzera e la certezza del diritto.

Ma proprio il rigido sistema proposto dall’iniziativa – sostiene invece Simonetta Sommaruga, responsabile del Dipartimento federale di giustizia e polizia – toglie voce ai cittadini e dunque «non è amica della democrazia diretta». Per il Consiglio federale, se la Costituzione federale dovesse avere la precedenza sul diritto internazionale, fatta eccezione di quello cogente succitato, la Svizzera diventerebbe un partner inaffidabile. Il testo in votazione metterebbe in pericolo gli accordi internazionali firmati dalla Svizzera per «garantire la tutela dei nostri interessi», minacciandone la stabilità, ricorda il governo.

Altro argomento contrario citato da Simonetta Sommaruga: l’iniziativa non porterebbe maggiore autodeterminazione, visto che la Svizzera già oggi sceglie da sola quali accordi firmare e quali no. Parlamento e popolo hanno poi modo di dire la loro e accettare solo intese che portano vantaggi al nostro Paese. La conclusione di trattati internazionali permette di proteggere gli interessi nazionali, ma anche i diritti dei cittadini e quelli umani. Modificare tutto ciò, significa mettere il nostro Paese, se costretto a trattare sotto pressione, in una posizione scomoda, debilitando proprio quell’autodeterminazione che l’iniziativa pretende di rafforzare.

Il progetto dell’UDC – ha dal canto suo affermato il consigliere federale Johann Schneider-Ammann – avrebbe ripercussioni anche sull’economia, poiché le imprese hanno bisogno di certezze per proporre investimenti e creare posti di lavoro, nonché di rapporti stabili con i paesi vicini e con il resto del mondo. L’iniziativa «indebolirebbe la posizione della Svizzera all’estero e nuocerebbe alla certezza del diritto, minando la fiducia».

Le dichiarazioni di Schneider-Ammann trovano riscontro negli ambienti economici. Economiesuisse e l’Usam sono preoccupati: La Svizzera ha concluso 5000 accordi internazionali, 600 dei quali rivestono un’importanza capitale per l’economia e sono in pericolo. Infatti, rinegoziando o abrogando accordi, la Svizzera rischia di non più essere credibile. Gli stessi ambienti economici osservano che per quasi 100’000 imprese è indispensabile conservare un accesso stabile e sicuro ai mercati internazionali. Se alcune associazioni economiche sostengono che l’iniziativa venga meno alla certezza del diritto – replica l’UDC – significa che «vedono nella democrazia diretta un pericolo per la legge».

Per le organizzazioni non governative (ONG), l’iniziativa costituisce un attacco frontale alla Convenzione dell’ONU contro la tortura o a quella sui diritti del bambino. Secondo la ministra di giustizia e polizia, la Svizzera potrebbe soprattutto non più soddisfare le norme della CEDU. Il Consiglio federale potrebbe vedersi costretto a rinegoziarla o, addirittura, a denunciarla.

Tutto ciò non corrisponde al vero, replica l’UDC. I diritti dell’uomo non sono minacciati dal momento che sono da tempo ancorati anche nella Costituzione federale. La CEDU continuerà dunque a essere rispettata. Soltanto la Costituzione federale avrà la precedenza sui verdetti di Strasburgo. In caso di conflitto con una legge federale, il TF potrà continuare a dare la precedenza alla giurisprudenza della CEDU. Per i sostenitori dell’iniziativa, le vittime dell’amianto o le organizzazioni degli invalidi potranno sempre ricorrere alla Corte europea.

Difficile districarsi in questa «battaglia giuridica» e non è facile interpretare ciò che potrebbe succedere se l’iniziativa fosse accolta. Se è vero, com’è vero, che la volontà popolare espressa grazie alla democrazia diretta non è sempre stata applicata alla lettera dal parlamento (ciò che ha dato origine al progetto in votazione) e che le soluzioni legislative sono sovente sofferte, occorre poter capire se questa iniziativa dell’UDC riesca effettivamente a rafforzare la nostra democrazia diretta e l’autodeterminazione del popolo svizzero. La prima è solida e, anche in futuro, non sembra correre pericoli tali da minacciarne l’esistenza. La seconda ci chiama ogni anno regolarmente alle urne, com’è il caso la prossima volta, persino per esprimerci sulle corna delle mucche, tanto da chiederci se, in questo frangente, non sia il caso di parlare di «valori democratici strapazzati».

Dunque, che cosa cambierà? Probabilmente non molto, visto che per una gran parte dei trattati il diritto al referendum è garantito e che il testo in votazione concerne soltanto i trattati internazionali in vigore o da approvare senza possibilità di referendum. Gli oppositori, diversamente dai fautori, temono che con l’iniziativa si debbano rinegoziare o denunciare numerosi trattati, cominciando da quelli sulla libera circolazione e sui diritti dell’uomo. Resta da sapere se tutto ciò ci metterebbe in difficoltà e sarebbe controproducente.