Anno decisivo per il PBD

Mai del tutto uscito dall’ombra di Eveline Widmer-Schlump, il Partito borghese democratico è in calo di consensi. Il risultato di Berna lascia ben sperare, ma il banco di prova saranno le elezioni grigionesi
/ 02.04.2018
di Marzio Rigonalli

Dieci anni or sono, a Glarona, nella biblioteca cantonale, venne creato il Partito Borghese Democratico (PBD). Il nuovo partito sorse dalle peripezie interne dell’UDC, dopo la mancata rielezione in Consiglio federale di Christoph Blocher, la nomina al suo posto di Eveline Widmer-Schlumpf, e l’esclusione dal partito della sezione grigionese. La nuova formazione fu subito vista come la versione moderata e ragionevole dell’UDC. Ottenne un’accoglienza favorevole in una parte significativa dell’opinione pubblica, un po’ per la novità che costituiva, un po’ per la forte personalità della nuova consigliera federale, e alle elezioni federali del 2011 ottenne un risultato più che incoraggiante. 

La primavera del nuovo partito non durò, però, molto tempo. La prima grossa delusione arrivò già nel 2014, alle elezioni cantonali bernesi. Il PBD perse ben 11 seggi in Gran consiglio, scendendo da 25 a 14 deputati, e lasciò sul campo il 5% dei voti che aveva ottenuto quattro anni prima. La delusione venne accentuata dal fatto che il canton Berna era ed è uno dei pochi cantoni dove il PBD può vantare una buona presenza. Nel 2015, alle elezioni federali, i borghesi democratici vissero una seconda delusione. Scesero dal 5,4% al 4,1% e persero 2 dei 10 mandati parlamentari che detenevano. Infine, nelle quindici elezioni cantonali che si svolsero fra le ultime elezioni federali ed oggi, il PBD è rimasto alle prese con una tendenza negativa, per lo meno a livello legislativo. Nei 15 parlamenti cantonali interessati ha perso in tutto 9 seggi e la sua percentuale di voti è scesa dell’1,2%.

La lenta e progressiva erosione di consensi pone vari interrogativi sul futuro di questo partito ed eventualmente sulle strategie che converrebbe applicare per garantirne la sopravvivenza. In questa disamina, si rivelano importanti i risultati degli appuntamenti elettorali che quest’anno caratterizzano tre cantoni: Glarona, Berna e Grigioni. Sono i cantoni dove il PBD è presente sia nel potere esecutivo che in quello legislativo. Da questi tre cantoni provengono 51 dei 66 seggi che i borghesi democratici detengono nei Gran consigli, i 4 loro rappresentanti eletti nei governi cantonali e 6 degli 8 mandati che il partito ha conquistato alle Camere federali alle ultime elezioni.

Nel canton Glarona, l’elezione del nuovo governo è già avvenuta lo scorso 4 marzo. Il PBD è riuscito a difendere il seggio che occupava nell’esecutivo ed a far eleggere il suo rappresentante Kaspar Becker, al posto del dimissionario Robert Marti. I borghesi democratici hanno così respinto il tentativo del partito socialista di conquistare il seggio vacante per poter far parte di nuovo del governo. La vittoria è equivalsa ad un grande sollievo per i dirigenti del partito, ma dovrà ancora essere confermata il prossimo 10 giugno, quando gli elettori del canton Glarona eleggeranno il loro Gran consiglio.

Un sollievo analogo i dirigenti del PBD l’hanno vissuto lo scorso 25 marzo, quando sono stati resi noti i risultati delle elezioni nel canton Berna. La loro rappresentante, Beatrice Simon, responsabile delle finanze, è stata confermata in governo ed ha anche ottenuto il miglior risultato fra i 7 eletti nell’esecutivo. Nel Gran Consiglio, il partito non ha guadagnato nessun seggio, ma è riuscito a difendere la sua posizione, con 13 eletti su 160, nonché a garantirsi un ruolo importante nella futura formazione delle maggioranze. Senza i suoi voti, la destra formata dall’UDC, che è il primo partito con 46 eletti, e dal PLR, non riuscirà a far approvare i suoi progetti ed i suoi disegni di legge.

Nel canton Grigioni, infine, l’elezione del governo e del parlamento avverrà il 10 giugno. La prova da superare nel cantone trilingue s’annuncia difficile per almeno due ragioni. Innanzitutto, perché il PBD detiene due seggi nell’esecutivo, uno dei quali dovrà essere riconquistato con un nuovo candidato. La signora Barbara Janom Steiner, responsabile delle finanze e dei comuni, eletta nel 2008 al posto di Eveline Widmer-Schlumpf, non può sollecitare un nuovo mandato perché la rielezione è consentita soltanto due volte. Il suo seggio è vacante, stimola molte ambizioni e sarà molto combattuto. In secondo luogo, perché l’UDC cantonale, uscita male dalla guerra fratricida del 2008, negli ultimi anni ha riconquistato numerosi consensi ed i pronostici le attribuiscono un buon risultato elettorale.

A breve termine, l’esito elettorale nei tre cantoni citati è dunque fondamentale per il PBD. Un risultato complessivo soddisfacente potrebbe far tacere i campanelli d’allarme, almeno fino alla prossima tornata elettorale. Un risultato con perdite significative nei due appuntamenti di Glarona e Grigioni del 10 giugno, potrebbe avere ulteriori conseguenze destabilizzanti.

A medio e lungo termine, però, il PBD non può sottrarsi ai grossi problemi che lo caratterizzano e che sono essenzialmente tre. In primo luogo l’assenza di forti personalità al suo interno. Nei suoi primi anni di vita, il PBD è stato trainato dalla consigliera federale Widmer-Schlumpf. La sua presenza offriva al partito spazio, simpatie ed attenzione. Il vuoto che ha lasciato dopo la sua partenza dal Consiglio federale non è stato colmato da nessuno, neanche in parte. In secondo luogo, l’incapacità di essere presente su tutto il territorio nazionale. I ripetuti tentativi di espandersi ovunque non hanno avuto successo, in particolare in Romandia, dove l’assenza è completa e dove il partito non può contare neanche su un unico eletto. Di conseguenza, la mancata copertura nazionale costringe il PBD a svolgere un ruolo di secondo piano. Infine, la mancanza di un profilo facilmente riconoscibile, che consenta agli elettori di identificarlo con determinati temi e problemi importanti. Il PBD sostiene di essere una forza progressista di centro, ma è ben difficile individuare un tema sul quale lo si ritrova particolarmente attivo ed incisivo.

Queste caratteristiche lasciano la porta aperta ad alcuni possibili sbocchi, ma che non saranno immediati. Il PBD potrebbe scomparire. È già successo ad altre formazioni politiche, come per esempio all’«Anello degli indipendenti» (AdI), il movimento crea-to dal fondatore della Migros, Gottlieb Duttweiler. Questo movimento, diventato poi partito, fu molto attivo nella seconda metà del secolo scorso, ma dopo oltre mezzo secolo di vita abdicò e nel 1999 si sciolse. La determinazione a battersi che i dirigenti del PBD dimostrano non sembra, però, favorire questo sbocco. Un’altra ipotesi potrebbe essere la fusione con un altro partito, per esempio con i Verdi liberali, che difendono posizioni molto simili, o con il PPD, che continua a perdere terreno un po’ ovunque e che si ritrova molto indebolito. Un tentativo in questa direzione è già stato fatto alcuni anni or sono, proprio con il PPD, ma non ebbe alcun successo. Resta l’ipotesi di una sopravvivenza con le forze attuali, ad un livello inferiore, un po’ come avviene con il Partito evangelico svizzero (PEV). Fondato nel 1917, il PEV ha oggi due seggi in Consiglio nazionale e negli ultimi decenni, alle elezioni federali, ha sempre ottenuto una percentuale tra il 2 ed il 3 per cento. Quest’ultima ipotesi, se non arriveranno una nuova primavera o altre importanti novità, rimane forse la più probabile.