Al sicuro da una crisi finanziaria?

10 anni dopo - A Basilea, alla BRI, governatori ed esperti delle banche centrali cercano ancora indirizzi migliori per stabilizzare il sistema finanziario mondiale
/ 15.04.2019
di Ignazio Bonoli

Sono passati poco più di dieci anni dalla crisi che ha sconvolto il sistema finanziario mondiale e ci si sta ancora chiedendo come si è potuto stimare allora la capacità di resistenza a una crisi di questa portata. Si pensava che qualche innovazione, introdotta con prudenza, avrebbe potuto combattere il degradarsi della situazione. In molti si sono però dimenticati di esaminare a fondo la capitalizzazione delle banche, tollerando anche la scarsa capacità di resistenza al rischio.

Oggi ci si comincia però a chiedere che cosa abbiamo imparato da questa crisi e se le basi finanziarie create dopo sono ora abbastanza solide. Lo hanno fatto anche 260 dirigenti di alto livello, riuniti nella seconda settimana di marzo nella sede della Banca dei regolamenti internazionali (BRI) a Basilea. La sede del convegno era quanto mai appropriata, essendo la BRI la «Banca delle banche centrali», il cui compito è in sostanza quello di avvertire in tempo le banche centrali dell’avvicinarsi dei pericoli e di favorire la collaborazione fra le autorità monetarie dei vari paesi.

In questi dieci anni sono stati adottati molti provvedimenti, volti appunto a evitare grandi crisi nel sistema monetario internazionale. La Svizzera – visto il rischio di fallimento di alcune grandi banche, in particolare dell’UBS – è intervenuta rapidamente e anche molto in profondità, riuscendo a raddrizzare la situazione. Anche tutti gli altri paesi lo hanno fatto in diversa misura, valutando le singole situazioni e anche gli effetti che misure drastiche di risanamento avrebbero potuto provocare.

Ora, a livello internazionale, ci si chiede se le misure adottate sono in grado di evitare un’eventuale crisi di sistema. Nell’ambito della citata riunione di Basilea si è perciò svolta un’inchiesta fra i partecipanti. Si è così venuti a sapere che il 54% dei presenti pensa che una nuova crisi globale potrebbe scoppiare già nei prossimi due anni, mentre l’altro 46% prevede la crisi nel decennio. In sostanza, nessuno crede nella capacità del sistema di resistenza a una crisi globale. E questo nonostante le 2800 pagine di regole emanate nel frattempo dal Comitato di sorveglianza delle banche della BRI.

Non sono del resto pochi coloro che valutano gli ormai celebri «Basilea I, II e III» un nuovo rischio per le attività bancarie. La sentenza provocatoria è attribuita nientemeno che all’ex-presidente del Comitato di sorveglianza ed ex-governatore della Banca centrale olandese Nout Wellink. In realtà, si è fatto molto e in tempi brevi, ma si sono create anche false sicurezze. In particolare Wellink critica la ponderazione in base al rischio dell’aumento di capitale che le banche possono fare. Preferirebbe concentrarsi maggiormente sul grado di indebitamento non ponderato della banche, quello su cui si basa la «leverage-ratio».

Secondo Wellimk, sarebbe meglio, e più trasparente, considerare il capitale proprio e gli attivi delle banche, invece di complicati modelli di rischio, che lasciano anche molto spazio di manovra alle banche. Non tutti però condividono questa semplificazione, che non terrebbe conto della diversità delle banche. Dovrebbe insomma valere il principio secondo cui un rischio elevato esige un elevato capitale, un rischio basso esige meno capitale. A Basilea erano comunque tutti d’accordo nel ritenere che il solo riferimento al capitale proprio non è sufficiente per stabilizzare il settore finanziario.

Anzi, l’applicazione di «Basilea III» potrebbe avere l’effetto contrario, annullando la diversità fra le banche, se tutte si mettono a seguire lo stesso modello di rischio. Comunque, anche i rischi sono cambiati. Secondo i rappresentanti delle banche centrali, oggi i rischi principali sono il rischio informatico, i rischi politici e solo dopo vengono i rischi di credito e quelli legati alle nuove tecnologie. Qualcuno ha anche rammentato di considerare il rischio «persone». Cioè se i dirigenti di una banca sono sempre all’altezza della situazione.

Ma qui si apre un discorso parecchio complicato. Chi deve valutare la personalità dei dirigenti o le loro capacità di lavorare in gruppo? Sicuramente non gli attuali regolamenti. Sempre più importante è anche il ruolo del Consiglio d’amministrazione, che è l’organo di controllo, ma che spesso non è in grado di svolgerlo pienamente. Un’osservazione particolare è stata fatta anche sugli obiettivi a breve scadenza (per esempio l’utile annuale) che mal si concilia con la gestione dei rischi a lunga scadenza. Infine, da non sottovalutare la volatilità dell’azionariato di una banca, che può cambiare spesso in tempi brevi. Tutti problemi che i regolamenti attuali non risolvono. Anzi, hanno notato alcuni delegati, si sente una certa «stanchezza» nel formulare e applicare regolamenti, perfino già con «Basilea III».