Emanuela Iacchia è psicologa e psicoterapeuta

Vulnerabili, sensibili e... scontrosi

Psicologia – Il passaggio cruciale dall’infanzia all’adolescenza: intervista a Emanuela Iacchia
/ 25.03.2019
di Alessandra Ostini Sutto

L’adolescenza è un turbine di cambiamenti ed emozioni. Un turbine che comincia già a farsi sentire nel periodo precedente, quello della preadolescenza. In questa delicata fase, gli adulti dovrebbero essere dei punti di riferimento stabili e riconoscibili, che trasmettano ai figli quei valori che saranno l’argilla con cui costruiranno la propria personalità. 

«L’entrata nella preadolescenza si è molto anticipata, tanto che già quando un figlio raggiunge gli 11-12 anni, i genitori si rendono conto che non possono più considerarlo un bambino», afferma Emanuela Iacchia, psicologa e psicoterapeuta, che ha recentemente tenuto una conferenza sul passaggio dall’infanzia all’adolescenza nella sede luganese della Croce Rossa Svizzera. L’adolescenza inizia poi attorno ai 13-14 anni: «Essa ha “rubato” tempo e spazio sia all’infanzia, che si è molto ridotta, sia all’età adulta, che si è ritirata», continua la psicoterapeuta: «così i bambini si ritrovano immersi in stimoli, emozioni e immagini in un periodo in cui non sono pronti a decifrarle emotivamente e cognitivamente, mentre i giovani adulti tendono ad avere comportamenti adolescenziali fino a tardi, con la delega di responsabilità ad altri». 

E il fatto che i ragazzi passino molto del loro tempo nel mondo virtuale dei videogiochi oppure sui social media non aiuta: «Le maggiori difficoltà si presentano di solito in ragazzi che non hanno potuto costruire basi sufficientemente solide di sicurezza e autostima, come può avvenire quando genitori fin troppo presenti non consentono ai figli di mettersi alla prova», commenta la Formatrice per la Croce Rossa Svizzera, «oppure, al contrario, quando i genitori, troppo impegnati con i propri problemi, lasciano di fatto crescere i figli senza fornire un adeguato appoggio».

Ma quale dovrebbe quindi essere il ruolo dei genitori per accompagnare e sostenere i figli nel processo di crescita? «L’adolescente deve superare la situazione protetta tipica dell’infanzia per acquisire indipendenza. Occorre non impedirgli esperienze e autonomia, pur vigilando e soprattutto fornendo rassicurazioni affettive», spiega Emanuela Iacchia. Un elemento comune in questa fase è la voglia di non avere sempre i genitori alle calcagna. La protezione dell’adulto, in questi assaggi di libertà, deve essere sullo sfondo, non invadente ma comunque presente. Più in generale, un genitore dovrebbe sapersi informare su tutto ciò che riguarda il figlio, con discrezione. Anche perché l’adolescente vive un’ambivalenza per cui – per certi versi – vuole ancora essere protetto. Questo tipo di atteggiamento contribuisce inoltre a creare fiducia. Un elemento importante per mantenere il dialogo con i propri figli durante questa fase della loro vita, che può così diventare molto piacevole. Non pochi genitori, infatti, temono gli anni dell’adolescenza, ma bisogna ricordare che un ragazzo non nasce a 11-12 anni e che quindi l’educazione ricevuta e il clima respirato in famiglia hanno sicuramente un’influenza su questa fase «critica». Spesso poi i ragazzi appaiono diversi in famiglia da come sono con gli amici. «Le continue oscillazioni tra questi modi di essere rappresentano l’essenza dell’adolescenza stessa: nel passaggio dalle sicurezze del bambino a quelle dell’adulto, l’adolescenza è l’età che presenta maggiori incertezze, quella in cui ci si mette maggiormente in gioco», commenta Iacchia, che è pure docente presso l’Università Ludes di Lugano.

Oltre a maggiori incertezze, questi sono pure gli anni dei maggiori cambiamenti, il più evidente è quello fisico. Il corpo si trasforma e avviene la maturazione sessuale, con la quale si apre la tematica della sessualità. «Il ruolo degli adulti di riferimento è fondamentale per aiutare i ragazzi a vivere un rapporto sereno con il corpo che cambia, che, inizialmente, è spesso vissuto come estraneo e diverso dalle proprie aspettative, come pure per accogliere dubbi, pensieri e domande sull’affettività e la sessualità da cui i ragazzi sono attirati, ma spesso anche intimoriti», spiega Emanuela Iacchia. 

Un altro cambiamento importante è quello cognitivo. «Se il bambino pensa in modo concreto ed ego-centrato, il ragazzo inizia a produrre un pensiero che è in grado di nutrirsi di astrazioni, riflessioni, considerazioni che vanno al di là dell’esperienza concreta e a sviluppare la cosiddetta “logica” finalizzata alla risoluzione di problemi», continua la psicoterapeuta. È in questo periodo della vita che si inizia a mettere a confronto i vari pensieri, con lo scopo di farsi un’idea propria su svariate tematiche e costruendo al tempo stesso la propria identità, in un’alternanza tra il desiderio di conformarsi alla massa e una spinta individualistica. La presenza, accanto a sé, di figure di riferimento con le quali confrontarsi, fornirà al ragazzo dei «modelli» di adulti, cui egli sceglierà di aderire o meno. Ovviamente, con questi adulti non ci saranno solo confronti pacifici. È infatti imprescindibile, durante l’adolescenza, lo «scontro» con il mondo adulto, l’opposizione a tutti i costi, che da un lato ha la funzione di testare la solidità e la convinzione dei grandi, dall’altro permette al giovane di riscoprirsi come persona a sé stante. Come sostiene l’antropologa americana Margaret Mead, durante l’adolescenza c’è «un bisogno di riesaminare tutto per poi partire con un nuovo senso dell’orientamento». 

Altri importanti cambiamenti si manifestano dal punto di vista psicologico. «L’adolescente appare più vulnerabile rispetto al bambino, più sensibile sia ai numerosi cambiamenti che avvengono in lui, sia al pensiero, alle emozioni e ai vissuti degli altri», spiega Emanuela Iacchia. Motivo per cui a quest’età anche una delusione d’amore o un litigio tra amici possono essere vissuti con grande intensità. 

Anche il modo di vivere le amicizie evolve con l’adolescenza. «In entrambi i sessi compaiono i legami con l’amico del cuore e con il gruppo. L’andare a passeggio sotto braccio con le amiche o i segreti sussurrati nell’orecchio sono comportamenti più femminili, gli scherzi che finiscono a spintoni più maschili; accomuna i generi la ripresa di giochi infantili con penitenze tipo un bacio o una carezza, testimonianze della ricerca del contatto fisico tipica di questo periodo», commenta la psicoterapeuta.

Come dicevamo, l’adolescenza è, anche, un periodo di conflitti con la famiglia, che possono essere più o meno intensi, e che nascono dal desiderio di confrontarsi e sentire che le proprie opinioni contano quanto quelle di un adulto. «Spesso i ragazzi non si sentono capiti dagli adulti, pensano che siano antiquati, a volte ridicoli – continua – diventa allora indispensabile avere qualcun altro con cui condividere esperienze, pensieri, sogni e paure. Ed ecco che il confronto con gli amici diventa essenziale e il gruppo – con il proprio look, il proprio gergo, i propri segnali convenzionali – necessario per sentirsi più forti e poter affrontare uniti gli adulti e gli altri gruppi di ragazzi».

Il gruppo dei pari è quello che il ragazzo sceglie, nell’ambito del quale costruisce importanti relazioni affettive al di fuori della realtà domestica e dal quale ha un forte bisogno di essere accettato. Identificandosi nel suo gruppo, il ragazzo si costruisce un’identità collettiva, premessa alla costruzione della propria identità personale. L’adulto, che magari non comprende più questo bisogno fisiologico di riconoscersi nel gruppo, dovrebbe aiutare il ragazzo a cogliere l’importanza di differenziarsi e scoprire chi è lui nella propria individualità. 

Infine, neppure l’ambito neurobiologico è esente da trasformazioni. «Nel cervello dell’adolescente si verifica uno sfoltimento e una riorganizzazione a livello neurologico. Aumentano le connessioni neuronali che si instaurano tra le differenti aree, mentre le fibre nervose vengono progressivamente coperte da una “guaina mielinica”», spiega Emanuela Iacchia: «la mielina velocizza la conduzione dello stimolo nervoso e una sua carenza in alcune aree del sistema nervoso centrale può determinare un funzionamento irregolare». Considerando che alcune regioni della corteccia prefrontale, dove risiede “il pilota” che regola la riflessione e la pianificazione, arrivano a maturazione intorno ai 20 anni, si capiscono meglio alcuni comportamenti tipici dell’età adolescenziale, che tanti grattacapi creano ai genitori, quali l’incapacità di controllare gli impulsi o la difficoltà di regolazione emotiva.