Voto al femminile

1969-2019 – Cinquant’anni fa le donne ticinesi ottennero il diritto di voto a livello cantonale, ma ancora oggi i dati della presenza femminile in politica non sono soddisfacenti
/ 21.01.2019
di Roberto Porta

«La donna ticinese è da oggi davvero parte del Popolo sovrano. Ha raggiunto un traguardo che le spettava di diritto, perché decisamente inserita in posizioni di responsabilità a ogni livello, nella struttura economica e sociale del Paese. Da oggi, la donna ticinese potrà dare il proprio contributo di idee nella scelta democratica per costruire il Paese di domani». Con queste parole il quotidiano «Gazzetta Ticinese», nel frattempo scomparso, commentava il risultato del voto popolare che permise alle donne ticinesi di ottenere il diritto di votare e di essere elette, a livello cantonale e comunale. Era il 19 ottobre del 1969. E quel giorno il 63% degli uomini ticinesi decise – finalmente – di aprire il mondo della politica anche alla presenza delle donne. 

«Sono trascorsi cinquant’anni ma in fondo è cambiato ben poco – ci dice Marialuisa Parodi, presidente di FAFTplus, la Federazione delle associazioni femminili in Ticino – Per una vera parità tra uomo e donna in Ticino e in Svizzera rimane ancora parecchio da fare, molto di più rispetto a tanti altri Paesi occidentali». La votazione di mezzo secolo fa si inserì con successo in un lungo ed estenuante percorso di rivendicazioni femminili, iniziato già alla fine dell’800. Un cammino segnato da parecchie brusche frenate e da altrettante profonde delusioni, come quella di 60 anni fa – era il primo febbraio del 1959 – quando gli uomini svizzeri bocciarono il diritto di voto alle donne a livello federale. Sempre in quell’anno però Vaud e Neuchâtel furono i primi in Svizzera ad accettare questa storica riforma, seppur solo a livello cantonale, seguiti l’anno successivo anche da Ginevra. A livello federale si dovette aspettare il 1971 per estendere questo diritto a tutte le donne svizzere, anche se vi furono ancora resistenze in particolare ad Appenzello interno, cantone a cui nel 1990 il Tribunale federale dovette addirittura imporre l’introduzione del suffragio femminile. La Svizzera fu così uno degli ultimi Paesi in Europa ad accordare questo diritto. 

Il 1971 fu anche l’anno delle prime elezioni cantonali ticinesi a cui poterono partecipare le donne. Dieci furono allora le elette in un parlamento di 90 membri. Da quel momento il Ticino non ha mai eccelso a livello nazionale per quanto riguarda la presenza femminile in politica. In questa ultima legislatura le gran consigliere sono 22, ciò che equivale a poco più del 24%, un dato non lontano dalla media di tutti i legislativi cantonali, che è di una donna ogni quattro uomini eletti. Nessuna donna invece in governo, e probabilmente sarà così anche nei prossimi quattro anni, dopo le elezioni cantonali del prossimo 7 aprile. Poco incoraggianti sono anche i dati sulla presenza femminile nei municipi delle principali città ticinesi, dove attualmente il primato, si fa per dire, è detenuto dall’esecutivo di Chiasso con due donne tra i suoi cinque membri. Nessuna rappresentanza rosa invece a Locarno e a Bellinzona, una sola a Lugano e a Mendrisio, in un municipio in entrambi i casi composto da sette membri. 

E proprio Mendrisio ha visto la settimana scorsa l’arrivo nell’esecutivo dell’unica donna – Francesca Luisoni – la prima da quando il Magnifico Borgo è diventato città. La signora Luisoni è così l’ultima donna, cronologicamente parlando, ad accedere ad una carica politica in Ticino. Ma quale la motivazione che l’ha portata in passato ad avvicinarsi alla cosa pubblica, forse anche il desiderio di accrescere la presenza femminile? «Il mio ingresso in politica è stato molto meno consapevole, forse anche perché in famiglia le due persone che avevo più vicine e che facevano politica erano proprio due donne, una zia e una cugina. Era il 2004 e studiavo ancora all’Università a Zurigo. Al momento di comporre le liste del consiglio comunale di Ligornetto esponenti del gruppo PPD mi chiesero di candidarmi, più che in qualità di donna – se ben ricordo – in qualità di giovane. Prima di accettare rifiutai più volte, essendo a quei tempi molto meno interessata alla cosa pubblica. Venni eletta e mi appassionai in fretta tant’è che 14 anni dopo sono ancora attiva». 

Per facilitare questo tipo di scelte il parlamento federale ha aperto la pagina sul proprio sito internet chiamata «Donne politiche» mentre in Ticino FAFTplus ha lanciato la campagna «Iovotodonna». «Questa nostra iniziativa sta facendo parlare di sé e ha come scopo principale quello di dare visibilità a tutte le donne che si vorranno candidare e accrescere il numero di chi tra loro sarà effettivamente eletta – fa notare Marialuisa Parodi, presidente di FAFTplus – Purtroppo al momento non ci sono più candidate del solito, le prime informazioni che abbiamo ricevuto dai partiti non sono incoraggianti. Per il 7 aprile il nostro obiettivo è quello di perlomeno riuscire a mantenere l’attuale proporzione di donne in Gran Consiglio, che è del 24%, il massimo storico finora raggiunto in Ticino. Questo mi fa dire che la presenza delle donne in politica dovrà essere, oggi e anche in futuro, la madre di tutte le nostre battaglie». In altri termini il numero di candidate donna non sembra decollare, c’è forse anche il timore di doversi confrontare con un contesto ancora fin troppo dominato dalla presenza maschile? «Per quanto mi riguarda a Mendrisio, in consiglio comunale dove ero attiva fino a poco fa, non vi sono dinamiche di “guerra tra i sessi” – fa notare la neo-municipale Francesca Luisoni – È pure vero che a Mendrisio si percepisce maggiormente l’assenza di donne (soprattutto a livello di esecutivo dove siamo assenti da 18 anni!) ed è anche per questo che in occasione delle scorse elezioni comunali abbiamo dato vita all’Alleanza OttoMarzo.16 per valorizzare la sensibilità e la visione della donna in politica e anche per cercare di avere più candidate elette. Un obiettivo ancora difficile da raggiungere, dovremo quindi continuare a lavorare in questo senso anche coinvolgendo un numero sempre maggiore di donne alle prossime elezioni». 

Rimangono dunque attuali queste parole, scritte mezzo secolo fa dal «Giornale del Popolo», proprio a commento della votazione che accordò alle donne i diritti politici: «Si può ben dire, senza tema di esagerare, che incomincia un capitolo nuovo nella storia della nostra democrazia, che d’ora in poi sarà una democrazia più larga e più rappresentativa, in una parola più autentica e genuina». Capitolo che però a 50 anni di distanza rimane in buona parte ancora da completare. Ne va di una democrazia davvero autentica.