I medici Olivia Pagani, a sinistra, e Sabine Zehbe, a destra (Vincenzo Cammarata)

 

La videointervista


Uniti contro il tumore al seno

Medicina - La diagnosi precoce aumenta le possibilità di guarigione
/ 27.11.2017
di Maria Grazia Buletti

In Svizzera, ogni anno circa 5400 donne ricevono la diagnosi di tumore al seno e circa 1350 muoiono per questa malattia. Nel canton Ticino l’incidenza è di 300-350 nuovi casi all’anno (statistica 2015 del Registro cantonale dei tumori), di cui 90 diagnosticati nell’ambito del programma di screening mammografico cantonale che ha preso avvio a febbraio del 2015 e del quale parliamo con la dottoressa professoressa oncologa Olivia Pagani (vice primario Istituto Oncologico della Svizzera italiana – Iosi, direttrice del Centro di senologia dell’Ente ospedaliero cantonale – Eoc) e con la dottoressa Sabine Zehbe, caposervizio di radiologia dell’Ospedale regionale Bellinzona e Valli (Orbv) e responsabile per il Centro di screening mammografico Orbv e Ospedale regionale di Locarno (Odl). 

Le statistiche ci consegnano altri dati molto interessanti circa questo tumore maligno che si rivela essere il più frequente e la principale causa di mortalità per tumore nelle donne. «Possiamo affermare che i tumori maligni mammari siano la malattia dell’invecchiamento, perché essi si manifestano con una certa frequenza dopo la menopausa e in modo esponenziale con l’invecchiamento», afferma la dottoressa Pagani, mettendo in guardia sul fatto che vi sono sempre più donne anziane e queste sono spesso le meno controllate: «Il programma cantonale di screening copre le donne fino ai 70 anni e restano a rischio quelle più anziane che magari non vanno più dal ginecologo». 

Questo ci fa desumere che il tumore al seno potrebbe essere «un grosso problema degli anni a venire», come lei stessa afferma. E neppure essere giovane esime la donna dall’ammalarsi: «Il 25 per cento delle pazienti si ammala prima dei 50 anni; per questo si invitano le donne sotto questa soglia di età (non coperta dallo screening mammografico) ad essere attente e farsi controllare regolarmente. Ottobre è stato indetto mese della prevenzione al seno, ma è giusto non abbassare mai la guardia, spiega la dottoressa Pagani sottolineando il triste primato del tumore maligno mammario: «Purtroppo associato alla maggiore mortalità, in termini di numeri e non di possibilità di guarigione». 

L’oncologa ricorda che: «Negli ultimi decenni si sono fatti enormi passi avanti nei confronti di questa neoplasia e si è dimostrato che una diagnosi precoce, unitamente a cure ottimali, porta a una guarigione definitiva nella maggioranza dei casi». Diagnosi precoce e cure adeguate sono la combinazione che oggi ci consente di rendere guaribile questa malattia dalle molteplici cause e fattori di rischio, afferma la nostra interlocutrice: «Se le cause sono ancora per lo più sconosciute, in una piccola percentuale (inferiore al 10 per cento) vi sono fattori di rischio predisponenti a livello di famigliarità e genetica. Nella maggioranza delle donne abbiamo fattori predisponenti classici come l’inizio precoce del periodo fertile, una menopausa tardiva, non aver avuto figlii o non aver allattato, obesità nella donna post menopausa (a causa degli ormoni insiti nel tessuto adiposo), mentre non vi è una correlazione diretta con la pillola anticoncezionale o con le terapie sostitutive ormonali in menopausa, anche se queste possono favorire la crescita di un tumore mammario preesistente».

La cosiddetta «diagnosi precoce» viene attuata, per l’appunto, attraverso uno screening mammografico selettivo rivolto a tutte le donne tra i 50 e i 69 anni che sono invitate regolarmente ogni due anni (e per iscritto) a beneficiare di una mammografia nell’ambito del programma cantonale partito nel 2015. Le donne sopra i 70 anni possono comunque partecipare al programma su propria richiesta. La dottoressa Sabine Zehbe spiega di cosa si tratta in concreto: «La mammografia è una particolare radiografia del seno che permette di identificare anche tumori molto piccoli, generalmente molto tempo prima che siano palpabili o riconoscibili attraverso la manifestazione di sintomi». Pagani, dal canto suo, sottolinea un concetto fondamentale: «La diagnosi precoce mammografica non è prevenzione in quanto una mammografia non evita l’insorgere di un tumore al seno: essa non ne previene l’insorgenza, ma può prevenire la mortalità. Per questo si parla di prevenzione secondaria».

La dottoressa Zehbe ritorna sull’importanza di sottoporsi alla mammografia e di non procrastinarne l’appuntamento: «I due anni di tempo che intercorrono fra la prima e la seconda mammografia permettono di individuare in fase estremamente precoce, dunque curabile, l’eventuale insorgenza del tumore mammario». E ciò è di vitale importanza, come mostra questo esempio interessante: «Un tumore di cinque millimetri ha meno del 10 per cento di possibilità di sviluppare metastasi linfonodali ascellari, mentre per uno di un centimetro si sale al 30 per cento».

Lo screening mammografico permette dunque di trovare i tumori più piccoli, per i quali la prognosi è migliore e le terapie risulteranno meno invasive. Terapie che la dottoressa Pagani così riassume: «Esse fanno capo a un team medico multidisciplinare. Sono individualizzate e possono comprendere una prima tappa chirurgica (trattamento curativo), associate alle cosiddette terapie precauzionali (terapia medica e radioterapia se il seno ha avuto un intervento conservativo). In alcuni casi la sequenza è invertita, proprio in ragione della personalizzazione della cura per ciascuna donna, in quanto gli scenari possono essere molteplici».

L’esame mammografico non è complicato, spiega Zehbe: «Dura pochi minuti durante i quali, per ottenere un’immagine di buona qualità e ridurre la dose di radiazioni è necessario comprimere ciascun seno fra due lastre per alcuni secondi». A chi teme le radiazioni la radiologa ricorda i vantaggi del risultato mammografico di molto superiori «a un improbabile danno da raggi X». Per intenderci: «Un tempo si diceva che, in termini di radiazioni, una mammografia equivaleva a un volo aereo da Londra a New York; oggi, con gli apparecchi mammografici delle ultime generazioni, ancora meno». 

Incoraggianti i risultati esposti dalla dottoressa Pagani: «Con una diagnosi precoce la prognosi sarà molto buona a lungo termine nella maggioranza dei casi». Così potrebbe non essere per le donne che purtroppo arrivano con una diagnosi tardiva, e per quelle che presentano una ricaduta nella fase iniziale delle cure: «Ci sono donne che continuano a morire di tumore al seno, mentre alcune convivono con la malattia per lunghi anni; oggi le cure consentono una sopravvivenza la cui qualità di vita è conservata anche per quelle donne con malattia avanzata».

La sfida? Entrambe le nostre interlocutrici concordano: «Diminuire sempre più il numero di donne che non ce la fanno».