«Caro sore, voi siete vecchi, la scuola è vecchia e troppo lenta. Se voglio avere un’informazione vado su internet e trovo immediatamente ciò che mi serve. Se chiedo a lei passano cento anni». «Non sono d’accordo, – ci dice Rezio Sisini, che si è sentito apostrofare in questo modo da un giovane allievo – la scuola deve diventare un’isola di resistenza contro tutto questo bisogno di velocizzare. Dobbiamo prenderci il tempo per conoscere e approfondire. I mezzi di comunicazione (tablet, smartphone, ecc.) sono importantissimi, io li utilizzo, ma con finalità che stabilisco. Bisogna far capire ai ragazzi che sono importanti per la conoscenza, ma devono essere utilizzati in sicurezza. Non si tratta di proibire, ma di usarli nella realtà scolastica quotidiana in modo intelligente».
Sisini è il caposezione delle scuole comunali del Dipartimento dell’educazione della cultura e dello sport. È il responsabile dei 531 docenti di scuola dell’infanzia e dei 1297 di scuola elementare. Un plotone di 1800 persone: fra le figure più importanti in un paese, per la formazione del cittadino. Una delle finalità della scuola dettate dalla legge (art.2) è che essa: «sviluppa il senso di responsabilità ed educa alla pace, al rispetto dell’ambiente e agli ideali democratici e favorisce l’inserimento dei cittadini nel contesto sociale mediante un’efficace formazione di base e ricorrente». La scuola dell’infanzia e la scuola elementare sono tasselli fondamentali del sistema formativo ed educativo, ma se ne parla troppo poco.
Negli anni scorsi le scuole dell’infanzia ed elementari sono state confrontate con una penuria di docenti. Un tema ancora d’attualità, ma da uno studio previsionale, che verrà presentato prossimamente, risulta che per i prossimi anni la situazione dovrebbe migliorare. Dal 2016 al 2020 nelle scuole dell’infanzia saranno necessari 105 nuovi docenti. Il Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI (la vecchia Magistrale) ne dovrebbe formare un’ottantina. Ne mancano quindi 25 che si troveranno fra i diplomati provenienti da altre scuole svizzere, in particolare da Coira. Per rispondere al fabbisogno, anche per le supplenze, si potrà far ricorso alla misura che permette di incaricare a metà tempo gli studenti al terzo anno di formazione. Per la scuola elementare il fabbisogno è stimato in circa 170 docenti. Il DFA ne formerà, entro il 2020, circa 280, quindi non ci saranno problemi, anche se il prossimo anno scolastico sarà ancora un po’ critico, in particolare per la ricerca dei supplenti.
La professione di insegnante è ancora attrattiva? «Penso proprio di sì, anche vedendo i numeri. In ogni caso cerchiamo di promuovere la professione, abbiamo preparato anche filmati accattivanti per questo scopo. – afferma Sisini – Oggigiorno ci sono anche possibilità di diventare docenti seguendo percorsi formativi originali. Abbiamo per esempio un falegname che ha deciso di insegnare. Ora è maestro elementare e la sua precedente formazione è sicuramente preziosa anche nella docenza».
Un altro aspetto che riguarda la trasformazione di questa professione è la femminilizzazione. Sono sempre più le donne a scegliere l’insegnamento: alle scuole dell’infanzia sono il 98,8, alle elementari il 79 per cento». Le donne lavorano spesso a tempo ridotto – precisa Rezio Sisini – ed è aumentato il numero delle doppie docenze, metà tempo per due insegnanti. L’allievo ha due persone di riferimento, è interessante e positivo perché c’è un confronto fra gli stessi docenti e anche una collaborazione nell’attività didattica. Inoltre, da quest’anno, c’è un’importante novità relativa alla retribuzione. Finalmente i docenti di scuola dell’infanzia sono parificati a quelli elementari per quanto riguarda lo stipendio. Con la riforma nazionale Harmos la scuola obbligatoria comincia a quattro anni. Le maestre dei piccoli devono occuparsi di un aspetto formativo importante con tre fasce di età e quindi devono applicare una differenziazione pedagogica che impone modalità di gestione che l’allievo potrà utilizzare anche negli ordini scolastici superiori. Non sono solo bambini che giocano».
Fa discutere il Piano di studi proposto nel 2015. Proprio nei giorni scorsi il Movimento della scuola ha sollevato alcune critiche chiedendo che si valuti l’efficacia di questo documento, un mattone di 280 pagine, che insiste molto sul concetto di insegnamento per competenze. «Bisogna considerare – spiega Sisini – che i vecchi programmi della scuola dell’infanzia e delle elementari risalgono agli anni ottanta e novanta. Il piano di studi è trasversale a tutta la scuola dell’obbligo. È un esercizio partito nel 2010 e deve avere un’evoluzione. Il Piano romando ha 17 anni di vita e viene continuamente aggiornato. Questa nostra prima versione deve quindi essere sviluppata, aggiornata, snellita. Ci sono cose ridondanti, potrà essere ridotto a 100/150 pagine. Però l’insegnamento per competenze non viene messo in discussione. Il docente deve essere autorevole, conoscere molto bene la sua disciplina, ma poi deve diventare un mediatore, deve accompagnare l’allievo ad apprendere e a sviluppare gli strumenti che gli permettano di ricordare le nozioni, contestualizzarle e sviluppare un ragionamento che produca un pensiero. Questo è l’aspetto affascinante del mestiere di insegnante. Se andiamo avanti con un metodo nozionistico non si riesce a costruire le competenze del cittadino che deve maturare uno spirito critico per affrontare i problemi con un approccio olistico e non subirli».
Come fate a spiegare ai genitori il significato delle competenze? «Abbiamo preparato un volantino a questo scopo» precisa il responsabile delle scuole comunali. «È un documento di contatto tra scuola e famiglia, i docenti e i direttori devono parlarne con i genitori. Il concetto principale è che le discipline fondamentali, le materie di insegnamento, non bastano da sole per permettere la migliore formazione del bambino. Ci sono anche altri due ambiti importanti, le competenze trasversali (sviluppo personale, comunicazione, pensiero critico, pensiero creativo, strategie di apprendimento) e la formazione generale (tecnologie e media, salute e benessere, scelte e progetti personali, educazione alla cittadinanza, contesto economico e consumi). La competenza si manifesta nella capacità di collegare, dare significato e utilizzare efficacemente i propri apprendimenti».
Che ruolo hanno le famiglie? «La scuola deve sempre cercare la collaborazione della famiglia» dice Sisini. «L’obiettivo della scuola è il benessere del bambino. Sembra banale, ma non lo è. A volte si dimentica questo aspetto. Se un bimbo si addormenta sulla sedia alla scuola dell’infanzia bisogna capire perché e parlarne con i genitori. Capire se ci sono problemi a casa. Certi aspetti educativi che una volta erano sulle spalle della famiglia e anche della società ora sono demandati alla scuola, che ne viene sommersa. Deve fare di tutto, ma il tempo è sempre lo stesso, non si dilata, e quindi diventa a volte un lavoro soffocante e si fatica a trovare le risorse. Poi ci sono i bambini problematici, che portano il disagio famigliare all’interno della scuola. Il mestiere del docente è sempre più complesso e delicato. Quello che dice e che fa è sempre sotto la lente di tutti, genitori e società. Oggi si tende a esasperare questo controllo. Se i genitori non sono soddisfatti minacciano di informare la stampa per criticare il docente. E la stampa, quando parla dei bambini, deve tener conto di situazioni che possono essere delicate».
«La scuola che verrà» propone riforme anche nelle scuole comunali. Per quanto riguarda le elementari si prevede di introdurre un docente-risorsa, ogni otto sezioni. Un insegnante in più che possa assistere e coordinare i processi didattici. Altro aspetto è l’introduzione di una figura, una specie di coach, finanziato dal Cantone, che nelle scuole comunali curi la formazione dei docenti e aiuti l’istituto a sviluppare progetti per migliorarsi. Terzo elemento, si tratta di garantire la presenza continua dei docenti speciali, di educazione fisica, musica, ecc. per alleggerire il docente. Insomma, si cerca di sostenere e coadiuvare l’insegnante, la figura più importante del mondo della scuola, che rimane il fulcro e il responsabile della qualità dell’insegnamento, al di là della bontà dei programmi e dei piani di studi.
«Credo che lo Stato debba investire nella formazione. La scuola dell’obbligo, in particolare, è un caposaldo che fa prevenzione preparando i futuri cittadini ad assumere un ruolo critico e costruttivo», conclude Rezio Sisini.