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Una rivoluzione in corso?

Oncologia - Dopo le recenti scoperte nell’ambito dell’immunoterapia che hanno segnato un cambio epocale, ci sono molte aspettative per un’altra grande novità terapeutica nella lotta contro il cancro, denominata «CAR-T cells»
/ 17.06.2019
di Gabriele Lurati

Il Ticino, centro dell’oncologia mondiale. Quando il professor Franco Cavalli ebbe nel 1981 l’idea di creare una conferenza internazionale sui tumori del sangue non si aspettava di ottenere un tale successo. Oggi questo evento – che si celebra a Lugano ogni due anni ed è in programma dal 18 al 22 giugno – è considerato dalla comunità scientifica il luogo d’incontro per fare il punto sullo «stato dell’arte» nella ricerca sui linfomi. 

Nelle sale del Palazzo dei Congressi e dell’Università, quattromila partecipanti (prevalentemente oncologi e ricercatori clinici ma anche manager di ditte farmaceutiche) presenteranno e discuteranno i risultati delle più recenti e innovative scoperte scientifiche del settore. Quest’anno ci sono molte aspettative in particolare per un argomento che viene considerato il tema del momento nell’oncologia mondiale: le cosiddette «CAR-T cells». 

L’uso di queste cellule del sistema immunitario (CAR-T è l’acronimo del termine inglese Chimeric Antigen Receptor cell-T) apre la via all’utilizzo della terapia genica, un nuovo e complesso approccio terapeutico ideato per sconfiggere il cancro. Attraverso questo metodo vi è infatti la possibilità di modificare le cellule del sistema immunitario di un paziente con un tumore, per far sì che si moltiplichino e distruggano in modo selettivo solo le cellule malate, senza danneggiare i tessuti sani (come avviene con certi tipi di chemioterapia). 

Il procedimento consiste nell’ingegnerizzare il linfocita T (una sottopopolazione dei globuli bianchi) per armarlo a combattere contro il linfoma. Concretamente ciò avviene dapprima mediante il prelevamento di cellule del sistema immunitario dal paziente, in seguito queste vengono geneticamente modificate in laboratorio (vengono dotate di uno specifico antigene, una proteina che serve loro come una specie di «sonda» per poter riconoscere e quindi uccidere le cellule tumorali) e infine somministrate allo stesso paziente. 

Siamo quindi di fronte a un metodo terapeutico nuovo e innovatore, mai utilizzato prima contro la malattia. D’altronde si sta assistendo forse a una vera rivoluzione nel mondo dell’oncologia, iniziata già da alcuni anni con l’immunoterapia. Quest’ultimo è un approccio che punta a sfruttare e pilotare il sistema immunitario affinché possa rispondere in modo adeguato alla presenza di un agente estraneo come il cancro; il suo successo è stato suggellato nell’autunno scorso con l’assegnazione del premio Nobel per la medicina ai «padri» dell’immunoterapia.

«Se non si tratta di una vera e propria rivoluzione, sicuramente siamo a una svolta, una scoperta che cambia le possibilità terapeutiche», ci dice il professor Franco Cavalli, fondatore dello IOSI (Istituto oncologico della Svizzera italiana) e presidente del Comitato organizzatore del Congresso sui linfomi. «Le CAR-T sono un’arma potenzialmente molto efficace, la scommessa sarà vedere se questa possibilità potrà essere utilizzata su larga scala e non solo in centri specializzati, dati gli alti costi ad essa associati (circa 500mila franchi a paziente) e verificare le tossicità che essa presenta», precisa Cavalli. 

Proprio durante i giorni della conferenza questo tema verrà spiegato soprattutto da scienziati di Paesi all’avanguardia nella ricerca come gli Stati Uniti, dove si è già arrivati persino alla seconda generazione di «CAR-T cells». In Europa invece siamo ancora alla prima generazione, ma i risultati sembrano comunque essere buoni, tanto che un luminare come il professor Paolo Corradini, presidente della Società italiana di ematologia, si è dichiarato particolarmente ottimista per quanto riguarda i risultati ottenuti dall’ingegneria genica. 

«Attraverso le CAR-T abbiamo guarito il 35-40 per cento di alcuni tipi di linfomi e leucemie di pazienti che non avevano nessuna possibilità di guarire con qualunque altro tipo di trattamento» ha affermato Corradini in un recente convegno tenutosi a Milano.

Queste nuove scoperte fatte nel settore dei tumori del sangue stanno generando quindi molte speranze nei pazienti e hanno attirato l’attenzione dei media, visti i buoni risultati ottenuti. Sono però altrettanto importanti anche per la totalità della comunità scientifica perché storicamente i progressi fatti nell’ambito emato-oncologico sono stati anticipatori anche di quelli avvenuti nei tumori solidi. Da qui nasce il grande interesse nel mondo della ricerca per sapere quali risultati usciranno quest’anno dal Congresso di Lugano perché saranno rilevanti anche per il resto dell’oncologia. 

L’altro tema di questa edizione del simposio è legato alla speciale attenzione alla lotta contro il cambiamento climatico e all’inquinamento. «Si tratta di un messaggio politico in senso più ampio, un avvertimento che vogliamo dare perché è in diretta correlazione con l’aumento del numero di malattie oncologiche» spiega Franco Cavalli. La frequenza del numero dei linfomi è in effetti raddoppiata negli ultimi trent’anni nei Paesi più sviluppati e il peggioramento delle condizioni ambientali è considerata la prima causa di questo aumento. 

«L’enorme incremento di questo tipo di malattia oncologica è in relazione con l’aumento delle sostanze nocive che provengono dall’ambiente, che penetrano nel nostro organismo provocando uno stress nelle cellule e un conseguente sovraccarico del nostro sistema immunitario», continua Cavalli. I linfomi sono un tumore del sistema linfatico, che costituisce la base del sistema immunitario. Quest’ultimo funziona «come un cane da guardia contro tutte le sostanze tossiche che mangiamo e respiriamo, ma negli ultimi decenni ha dovuto lavorare in continuazione affinché il nostro organismo non ne venisse contaminato. Il problema è che al giorno d’oggi il nostro sistema immunitario viene sottoposto a uno stress continuo. Se questa iperstimolazione che provoca uno stress dei tessuti del nostro organismo e una conseguente moltiplicazione di cellule in eccesso avviene di frequente, la probabilità di ammalarsi di tumore non potrà che aumentare in futuro» conclude il professor Cavalli.