Un tempo di qualità

Incontri – Andreas Barella ci spiega l’importanza di riscoprire la parte soggettiva del tempo, quella guidata dalle emozioni
/ 24.12.2018
di Alessandra Ostini Sutto

Avvento. Una parola che richiama immagini di calma e di attesa, di intimità e di calore. Immagini che fanno bene al cuore, ma che spesso si scontrano con una realtà fatta di fretta e stress. La scelta dei regali, il menu per le Feste, le questioni lavorative da evadere prima delle vacanze: le incombenze che pure fanno parte di questo periodo si vanno ad aggiungere alla già fitta «to do list» che accompagna la nostra quotidianità. Così, nel periodo pre-natalizio la discrepanza tra il modo frenetico in cui viviamo e quello in cui vorremmo vivere – riuscendo cioè a gustare appieno dei momenti significativi – si fa sentire con maggiore intensità.

Oggigiorno ci sentiamo a disagio se «perdiamo tempo». Non essendo più abituati a, semplicemente, non fare nulla, reagiamo cercando stimoli esterni, che di solito troviamo facilmente nella nostra borsa o nella nostra tasca; invece di limitarci a guardare fuori dal finestrino dell’autobus, rispondiamo ai messaggi su WhatsApp, mentre aspettiamo il nostro turno alla cassa del supermercato, diamo una rapida lettura alle email in arrivo. Quello che però non consideriamo è che l’immobilità serve per ricaricare le batterie. Il flusso costante di stimoli esterni, anche se gratificanti sul momento, causa un sovraccarico cognitivo, che danneggia la nostra capacità di pensare, pianificare, risolvere problemi, prendere decisioni, imparare nuove cose, ricordare informazioni e controllare le nostre emozioni. In altre parole, danneggia la nostra produttività. Ed è anche per questo che, sebbene i progressi della tecnologia aumentino il tempo a nostra disposizione, sia a casa che sul lavoro, viviamo con la costante sensazione che ci manchi il tempo. Inoltre, non concedendoci più il lusso di non fare nulla, ci rendiamo meno sensibili alle sensazioni e alle emozioni. Di conseguenza, quando ci sembra che nella giornata non ci sia abbastanza tempo per fare tutto, probabilmente quello di cui avremmo bisogno sarebbe più immobilità, per ricaricarci, per sentire, per goderci appieno la vita che stiamo vivendo.

Visto che si avvicina il momento di formulare i buoni propositi per l’anno nuovo, si può pensare di introdurre dei piccoli cambiamenti, come guidare in silenzio, con radio e telefono spenti, incoraggiare i propri figli a guardare fuori dal finestrino piuttosto che sullo schermo del loro dispositivo elettronico, fare una passeggiata all’aria aperta, senza distrazioni.

Per chi volesse fare un passo in più, esistono numerose tecniche accomunate dall’obiettivo di essere immersi nel «qui e ora», come la meditazione o il training autogeno, per citare le più classiche. «Tempo di qualità: alla riscoperta della lentezza e della presenza personale» è un seminario nel quale Andreas Barella, personal e professional coach con studio a Mendrisio, presenta un insieme di queste tecniche. Con il termine «lentezza» non si intende necessariamente che le cose vadano fatte piano, piuttosto che ci si prenda il tempo per farle; il che non è scontato, dal momento che, in un’ottica di ottimizzazione dei tempi, siamo portati a fare l’esatto contrario, a fare cioè una cosa e intanto a pensare già alle successive. «Fare degli esercizi con il corpo aiuta, nel senso che svolgendo con attenzione qualcosa che non si è abituati a fare, si deve per forza essere presenti con la mente e le proprie emozioni», spiega Barella, che popone questo corso ciclicamente (l’ultima edizione si è svolta il 17 novembre, nell’ambito dei Corsi per Adulti del Cantone): «in queste occasioni si analizzano e sperimentano inoltre azioni che abbiamo un po’ abbandonato, come la creazione di piccoli rituali personali o la consuetudine di ritagliarsi del tempo per se stessi», continua Andreas Barella, che dopo un dottorato in anglistica e romanistica presso l’Università di Zurigo, si è formato presso la Scuola di psicoterapia integrata di Lugano e la School of Gestalt and Experiential Teaching di San Francisco, nella sede di Francoforte.

«Uno dei concetti cardine della psicologia della Gestalt è proprio il “qui e ora”, la focalizzazione e il potere del presente», spiega Barella, che ha pubblicato tre libri e tiene corsi in Svizzera, Italia, Francia, Germania, Austria e Stati Uniti. Questo concetto cozza con il tempo nel quale siamo immersi, che non è il «tempo di qualità»: «Lo definirei piuttosto un tempo rapido, in cui non c’è il tempo – si scusi il gioco di parole – di essere presenti nelle cose che si fanno, perché la testa o il corpo o le emozioni sono da un’altra parte. Un tempo in cui siamo dominati dalle cose che accadono fuori di noi, in cui le emozioni che da esse ci vengono non sono né controllate, né controllabili». 

Un concetto semplice e lineare solo all’apparenza quindi, quello del tempo. Letteralmente esso è un insieme di istanti che si susseguono e non possono essere fermati. Una definizione che dà l’impressione che il tempo sia qualcosa di oggettivo. «In parte è così: se guardiamo l’orologio, il tempo procede incessantemente e allo stesso modo», commenta lo psicoterapeuta e studioso di mitologia, «quello che interessa me in quanto umanista e professionista che lavora con le altre persone, è però la parte soggettiva del tempo, guidata dalle emozioni che viviamo mentre facciamo qualcosa». Per intenderci, quella per cui quando facciamo qualcosa di noioso il tempo sembra non passare mai, mentre quando facciamo qualcosa che ci piace, vola. «Addirittura, in certe rare e meravigliose occasioni – come l’inizio di una storia d’amore – il tempo sembra non esistere più. In questi momenti, la frase “Ti amerò per sempre” più che un’indicazione temporale dà un’indicazione di intensità», continua, «il suo senso sarà quindi: “in questo momento ti amo talmente tanto che non può che essere per sempre”. Questo per dire che il tempo è condizionato da come ci sentiamo e che, di conseguenza, abbiamo un bel margine di manovra su come intenderlo e viverlo», afferma Barella, che collabora con numerose istituzioni, tra cui il Dipartimento della Sanità e della Socialità, l’Organizzazione Sociopsichiatrica Cantonale, l’Alta Scuola Pedagogica di Locarno e la RSI.

Per farlo bisogna uscire dal vortice delle cose imposte e sapersi interrogare. «Naturalmente non tutto dipende da noi, ma le cose che possiamo scegliere sono più di quelle che pensiamo. La qualità ognuno la deve chiarire nella propria mente. In genere ciò avviene all’interno di un percorso di crescita personale, per diventare veramente se stessi», afferma il personal e professional coach. «“Perché siamo sulla terra?”, “Qual è lo scopo della nostra vita?”, “Quanto tempo dedichiamo alla qualità?”; dobbiamo porci questo tipo di domande, che non hanno risposte univoche, anzi, le cui risposte sono meno importanti del continuare a porsi degli interrogativi», spiega Barella. Dobbiamo cercare così di individuare il nostro centro di gravità, che sarà fatto di cose piccole e cose grandi, ma comunque importanti perché ci indicano dove vogliamo andare e, anche, dove non vogliamo andare. E perché ci aiutano a non farci travolgere dal tempo oggettivo, dalle cose che effettivamente ognuno di noi ha da fare, per fare in modo che la vita non sia solo questo e possa essere vissuta con maggiore intensità. «Il tempo di qualità è quindi quello che spendiamo per fare delle cose che sono importanti per noi. E le cose in questione sono quelle che concorrono il più possibile a creare la nostra immagine ideale del mondo», sintetizza l’esperto.

Anche elementi semplici, quali il silenzio o la solitudine, possono aiutarci a mettere a fuoco gli obiettivi che guidano la nostra vita. «Facendo una passeggiata nel bosco, i ritmi e il respiro del mondo che si percepiscono sono diversi rispetto al centro città. D’altra parte certe persone riescono a concentrarsi meglio nel rumore», conclude Andreas Barella, «in ogni caso è la mente a fare la differenza; quello che fa rumore dentro di noi sono i pensieri. Di conseguenza, ovunque può essere un buon posto. L’importante è che si conquisti il silenzio interiore».