Alle 14.41 svizzere dello scorso 17 agosto, uno dei due rilevatori statunitensi di onde gravitazionali LIGO, costruito nello Stato di Washington, registra un segnale. Dopo pochi minuti di elaborazione dati, gli algoritmi notificano la ricezione di un’onda estremamente pulita, che sembra proprio corrispondere a quella emessa da due stelle di neutroni.
Nel frattempo, e precisamente 1,7 secondi dopo l’arrivo del segnale gravitazionale, il satellite spaziale della NASA Fermi Gamma-ray Space Telescope ha registrato un lampo gamma della durata di circa due secondi: anche in questo caso, è proprio ciò che ci si potrebbe aspettare dalla fusione di due stelle di neutroni. Non si può fare a meno di pensare che l’onda gravitazionale e il lampo gamma abbiano avuto la stessa origine, e per la prima volta nasce la speranza di poter osservare l’evento anche con telescopi ottici. Nel tempo di circa mezz’ora un primo messaggio viene diffuso alla comunità astronomica mondiale. Per sapere in che direzione orientare il telescopio servono però maggiori informazioni.
Il secondo rilevatore LIGO, posizionato in Louisiana, all’estremità opposta degli Stati Uniti rispetto al suo gemello, non aveva fatto scattare nessun avviso. I ricercatori, contattati immediatamente dai colleghi, si rendono successivamente conto della presenza di un segnale registrato anche nel loro apparecchio. Un disturbo dello strumento (detto glitch), che ha luogo alcune volte al giorno senza che ne sia stata ancora identificata la causa, si era sovrapposto parzialmente, per uno sfortunato caso, proprio all’onda gravitazionale e aveva impedito che gli algoritmi la identificassero automaticamente. Ma ora ci sono due segnali: si può azzardare una localizzazione, che rischia tuttavia di essere ancora troppo approssimativa.
Fortunatamente, esiste un terzo rilevatore gravitazionale, lo strumento europeo Virgo, che si è aggiunto alla ricerca soltanto a inizio agosto. Un segnale da parte di Virgo sarebbe di importanza fondamentale, ma al momento della ricezione da parte di LIGO l’analisi dati di Virgo è ferma per cercare di far fronte, anche in questo caso, a un glitch di disturbo. Anche qui viene perso del tempo, quasi un’ora, prima che i ricercatori si rendano conto di avere misurato a loro volta un’onda gravitazionale.
Non appena tutti e tre i segnali sono identificati, si passa alla localizzazione. Non c’è più tempo da perdere. Una prima mappatura, fornita verso le otto di sera svizzere, stabilisce che la sorgente proviene dall’emisfero sud, e che di conseguenza i telescopi in Cile sono probabilmente gli strumenti più adatti. Restano ancora diverse ore per pianificare le osservazioni prima che cali la notte in Cile. Ogni gruppo di ricerca, fra quelli coinvolti, vuole essere il primo a riuscire ad osservare qualcosa e si lancia in un lavoro febbrile. Vengono selezionate le galassie più grandi e attive presenti nella porzione di cielo indicata, si spera nella fortuna. Undici ore dopo la ricezione del segnale gravitazionale, verso le dieci di sera locali, il telescopio cileno Swope, sul Cerro Las Campanas, è il primo a scorgere una nuova sorgente luminosa nei pressi di una galassia posta a circa 100 milioni di anni luce di distanza da noi. Da quel momento, e per diversi giorni seguenti, decine di altri telescopi, operanti in tutte le bande di frequenza, hanno puntato verso la nuova sorgente. E la curva di luce osservata corrisponde proprio al modello teorico di una kilonova.
È stata la più vasta operazione di osservazione astronomica di tutti i tempi, resa possibile grazie alla velocità di comunicazione e di elaborazione. Lo scorso 16 ottobre, a seguito dell’annuncio ufficiale della scoperta, una trentina di articoli scientifici sono apparsi sulle riviste più prestigiose. Ricercatori da tutto il mondo hanno dato il loro contributo. Anche la Svizzera ha fatto la sua parte: per esempio, Maria Haney, ricercatrice al Physik-Institut del-l’Università di Zurigo, ha partecipato all’analisi dati dell’onda gravitazionale misurata da LIGO/Virgo; o ancora, all’Università di Ginevra sono stati elaborati i dati del lampo gamma misurati da un satellite dell’ESA.
Quel giorno, l’astronomia ha avuto davvero molta fortuna. Il lampo gamma in questione è stato emesso da una distanza dieci volte minore rispetto a ogni altro mai osservato. Erano state proprio le grandi distanze ad aver vanificato, in precedenza, la ricerca al telescopio di fenomeni concomitanti.
Ma è il segnale gravitazionale a stabilire, con ottime probabilità, che si tratta proprio della collisione tra due stelle di neutroni, e a confermare dunque che questo tipo di stella può essere all’origine dei lampi gamma corti. L’onda gravitazionale ha portato informazioni anche sulla loro struttura interna, e permette di scartare molti modelli finora ritenuti possibili, dando preferenza a quelli che prevedono una maggior compattezza della stella. Infine, ci sono anche risultati inaspettati: per esempio, l’analisi della kilonova ci ha permesso di capire che gli scontri di stelle di neutroni sono una vera e propria fucina cosmica per la creazione di alcuni metalli pesanti; si pensa addirittura che si tratti del meccanismo più importante a questo proposito. Prendete un qualsiasi anello d’oro: è probabile che la materia che vedete si sia formata nel bel mezzo di uno scontro colossale tra stelle di neutroni, miliardi di anni or sono.
Quello che è successo il 17 agosto, forse ancora meglio delle precedenti misurazioni di onde gravitazionali, ci fa capire perché siamo davvero entrati in una nuova era per l’astronomia. Siamo in un’era in cui le onde gravitazionali permetteranno di anticipare alcuni eventi nell’universo. Ci basterà allora puntare il telescopio e, come se fossimo al cinema, aspettare che lo spettacolo inizi.