Un casco per immergersi nel gioco

Quest’anno i grandi nomi dell’industria dei videogiochi puntano sulla realtà virtuale, una tecnologia dalle grandi potenzialità ma non ancora del tutto sviluppate
/ 31.10.2016
di Davide Canavesi

Il 2016 è un anno potenzialmente molto importante per quanto riguarda la tecnologia d’intrattenimento. Il 3D è oramai passato di moda e molti televisori di nuova generazione non offrono nemmeno più la possibilità di inforcare scomodi occhialini per vedere film con una dimensione in più. Quest’anno però si sono concretizzati i piani di diversi grandi marchi legati all’informatica: PlayStation, HTC e Facebook. Stiamo parlando dei caschetti per la realtà virtuale, i quali promettono di cambiare per sempre il modo in cui interagiamo con i contenuti digitali. 

Il concetto di realtà virtuale non è certo una novità. Sin dagli anni Sessanta infatti ci sono stati diversi tentativi di creare dei sistemi per immergersi in mondi tridimensionali. Gli esperimenti degli ultimi cinquant’anni non sono però mai stati coronati da grande successo. Alcuni magari ricorderanno il Virtual Boy di Nintendo: un caschetto estremamente limitato sia per quanto riguarda la tecnologia usata per costruirlo che per quantità e qualità dei videogiochi prodotti. Il progetto fu un fallimento spettacolare che portò Nintendo a ritirarlo dal mercato appena un anno dopo la sua commercializzazione. I tempi però sembrano finalmente più maturi. La potenza di computer e console da videogiochi è cresciuta in modo esponenziale, la tecnologia di fabbricazione degli schermi permette di raggiungere risoluzioni elevatissime e i sistemi di tracciamento spaziale a tre dimensioni sono diventati precisi e relativamente poco costosi. 

La nuova corsa alla VR (o virtual reality) è iniziata a Long Beach, Stati Uniti, nel 2012. Un ragazzo di nome Palmer Luckey, assieme ad alcuni veterani dell’industria dei videogiochi, decise infatti di creare un caschetto per la realtà virtuale che chiamò Oculus Rift. L’allora diciannovenne riuscì a convincere professionisti più anziani e con molta più esperienza di lui a seguirlo in una folle avventura. Dal 2012 sono passati oramai quattro anni ed Oculus Rift non è più un prototipo costruito in un garage. Dopo aver organizzato una campagna di crowdfunding di grande successo su Kickstarter ed essere stato acquistato da Facebook, il progetto di Palmer Luckey è una realtà. 

Il progetto Oculus ha avuto talmente tanta eco nell’industria dei videogiochi che è stato immediatamente adottato anche da altri. Tra i vari nomi (e sono davvero tanti a contendersi questo nuovo mercato) troviamo Samsung, HTC e PlayStation. Samsung, in collaborazione con Oculus, ha creato Gear VR. Un sistema basato sull’utilizzo di un visore e uno smartphone che lavorano in tandem per offrire una rudimentale esperienza di gioco. HTC ha creato Vive, il sistema che al giorno d’oggi è tecnicamente più valido e completo, offrendo non solo una finestra sulla realtà virtuale ma anche la possibilità di muoversi fisicamente in uno spazio di 25 metri quadrati pieni di elementi a tre dimensioni. Non dimentichiamoci nemmeno PlayStation che, proprio in questi giorni, ha iniziato la vendita di PlayStation VR, una soluzione molto simile ad Oculus Rift. 

Mettendo da parte le differenze tecniche di Oculus Rift, HTC Vive e PlayStation VR non possiamo che interrogarci sul tipo di esperienze offerte da questa nuova tecnologia. I giochi in realtà virtuale sono un concetto nuovo e non ci sono, per ora, consensi su come si debba creare un gioco in VR. Alcuni titoli possono scatenare una forte nausea nel giocatore, dal momento che il cervello viene convinto che il nostro corpo è in movimento quando in realtà non lo è, causando interferenze con il senso d’equilibrio. Altri, molti al momento, sono delle semplici «esperienze» dalla durata estremamente ridotta che non giustificano la spesa di 500 franchi (per PlayStation VR) e fino a 1000 (senza contare un computer potente da almeno 2000 per HTC Vive ed Oculus Rift).

Nonostante il 2016 sia l’anno in cui tutti i maggiori produttori hanno immesso sul mercato le loro proposte, per ora non sono altro che schermi e sensori estremamente precisi con poco da offrire sul lungo periodo. Ci sono giochi di guida, giochi di guerra e programmi che simulano una sala cinematografica e persino alcuni corti d’animazione molto suggestivi. Ma questo non basta, per ora, a rendere la VR una solida realtà con un futuro assicurato. 

Chi scrive ha provato ogni singolo visore per la realtà virtuale al momento sul mercato (più alcuni che lo saranno presto) e il consiglio è: prudenza. Non acquistate un caschetto VR senza prima averlo provato e, nel caso non possediate una PlayStation 4, verificato che il vostro computer (basato su Windows, niente Mac) sia all’altezza. La VR avrà forse moltissime potenzialità ma ha ancora moltissimo da dimostrare.