Giorno e notte. Bianco e nero. Sole e luna. Buono e cattivo. O, se preferite, cattivo e buono, dato che queste due ultime categorie soggiacciono a valutazioni soggettive. Dario Cologna e Petter Northug. Due campioni che hanno scritto dieci anni di storia dello sci di fondo. Dieci anni di storia dello sport. Entrambi nati nel 1986. L’11 marzo, il grigionese di Santa Maria Valle di Monastero; il 6 gennaio, il vichingo di Levanger.
Ancora in attività il primo. In pensione, da poche settimane, il secondo. Due personalità molto diverse, due stili di vita agli antipodi, ma un solo comune destino: essere un fenomeno. Rivali da juniores, quando primeggiavano su tutti. Avversari da Under 23, quando Cologna sembrava in grado di prendere il sopravvento grazie ai suoi tre titoli mondiali in una sola edizione. Gomito a gomito sin dalle prime gare fra i grandi, come in quella 30 km di La Clusaz vinta da Northug per pochi centimetri.
Petter e Dario, divisi però da percorsi agonistici differenziati.
Il primo è l’uomo del carpe diem. È un distillato di talento, classe, immaginazione e spregiudicatezza. È l’atleta che si autoillumina anche nel più buio dei tunnel, capace di portare la sua luce fin sulla linea del traguardo, dopo aver fatto credere ai rivali di essere lì lì per morire. Petter è l’uomo dell’iride. Un’iride dipinta da una parabola a 180 gradi. Nel suo arcobaleno ci sono sette medaglie d’oro individuali, che spaziano dalla fucilata di uno sprint, allo stillicidio della 50 km.
Dario è invece l’uomo delle imprese multiple e degli straordinari recuperi tra una gara e l’altra. È un distillato di serietà, dedizione, resistenza e razionalità. Ha un mentale d’acciaio e focalizza gli obiettivi come il più preciso dei missili terra-aria. Cologna è, per ora, l’uomo del poker: quattro ori olimpici contro l’unico, a titolo individuale, di Northug; quattro Coppe del Mondo, il doppio del rivale; quattro Tour de ski, a fronte del solo successo del norvegese in questa prestigiosa corsa a tappe che si disputa a cavallo di Capodanno.
Il che può suonare strano, poiché il poker è piuttosto scolpito nel destino dello Scandinavo. Petter era, è, e probabilmente sarà, un gambler, un giocatore di azzardo che ha sottratto ore preziose di allenamento al fondista per dedicarle al tavolo verde fino al punto di partecipare ai Mondiali di poker. «Mi mancano almeno 250 ore di duro lavoro» diceva lo scorso ottobre quando quella del ritiro definitivo dalle competizioni era ancora solo un’ipotesi. Non ce l’ha fatta a recuperarle. Avrebbe dovuto allenarsi anche di notte. Ma, probabilmente, anche la notte è luogo di confine fra i due campioni.
Vita regolare, quella di Superdario, tutta casa e pista, con accanto Laura, la dolce fidanzata di sempre. Vita dissipata quella di Wonderpetter, al quale sono state attribuite alcune liaisons dangereuses. Nessun giudizio morale, credetemi, ognuno è padrone e responsabile delle proprie scelte. Quelle di Dario lo vedranno ancora protagonista ai prossimi Mondiali in programma a Seefeld, in Austria, da metà febbraio, dopo di che, il campione grigionese andrà a caccia del pokerissimo olimpico, nel 2022, sulle nevi atipiche di Pechino, quando avrà 36 anni. E sarà una missione tutt’altro che impossibile.
Anche Petter, nonostante il suo stop definitivo, potrebbe essere presente a Seefeld, Pechino e ancora più in là. Sono, infatti, moltissime le offerte di collaborazione che stanno giungendo nel suo mail-box affinché si cimenti come opinionista. Sono certo che potrebbe essere un eccellente commentatore: brillante, acuto, e soprattutto disposto a uscire dagli schemi. Northug è un campione che ha diviso il pubblico, come accade sovente ai tipi originali, tuttavia dopo che ha deciso di fare la riverenza sono emersi soprattutto la nostalgia e il rincrescimento, poiché è fuori di dubbio che il mondo dello sci nordico perde un personaggio capace di occupare la scena da protagonista. Anche Dario piace. Anzi piace di più e divide di meno. Il ragazzo della Val Müstair incarna il modello dell’uomo serio, ponderato, attivo, disciplinato e diligente. Una sorta di figlio ideale che, per giunta, è pure carino, e dispone di un sorriso che spacca.
Se Northug è stato il tipico Bad Boy, il monello pronto a tutte le trasgressioni, Cologna ha proposto invece dei comportamenti più in sintonia con la storia e la tradizione dello sci di fondo, sport di fatica, per gente di montagna, semplice, ma arguta, di poche parole, ma con grande capacità di ascolto. Il dualismo tra Petter e Dario si è spento, ma l’auspicio di chi ama il fondo è quello di veder nascere presto la stella di due nuovi fenomeni, così diversi, ma così efficaci nel loro ruolo di ambasciatori.