Dal prossimo mese di settembre il Dipartimento Tecnologie Innovative della nostra Scuola Universitaria Professionale proporrà un nuovo corso di laurea che mira a formare figure professionali in grado di utilizzare tecniche e metodi dell’intelligenza artificiale e di gestire e valorizzare al meglio grandi quantità di dati. «Data Science and Artificial Intelligence» è il nome del nuovo corso triennale di bachelor, che si terrà quasi tutto in inglese.
La gente sa che l’Intelligenza Artificiale è legata, tra l’altro, a quelle macchine che hanno la capacità di imparare in maniera autonoma, interagendo col mondo e con i dati. Un’applicazione moderna sta nelle nostre case, nei nostri computer. Ho incontrato Luca Maria Gambardella, direttore dell’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale (IDSIA), una delle anime del nuovo corso di studi.
«Siamo immersi sempre di più in grosse quantità di dati – mi dice Gambardella – e all’interno di questi, che chiamiamo big data, dobbiamo cercare una sintesi. Abbiamo bisogno di capire se con poche informazioni possiamo riassumerli tutti. In medicina, per esempio, se vogliamo utilizzare i dati dei pazienti per capire se una cura funziona o meno dobbiamo analizzarli tutti, per poi poter dire sì o no. È questa la scienza dei dati: si parte da molti dati, che chiamiamo non strutturati, che non sono per forza negli archivi informatici ma provengono dalle fonti più disparate, per poi elaborarli fino a trovare delle informazioni di sintesi». Nella nostra società con una tecnologia in rapida evoluzione c’è chi è spaventato dalle macchine intelligenti. Si dice che la rivoluzione digitale stia togliendo posti di lavoro, che le macchine sostituiranno sempre più l’uomo. La rivoluzione industriale di due secoli fa si era basata su una forza lavoro che oggi serve meno. Si creerà più disoccupazione. «È chiaro che stiamo cambiando la tipologia del lavoro – annota Gambardella – ma non vedo un futuro tragico. Ci sono nuove professionalità per nuovi mestieri. Se un tempo c’erano i facchini adesso ci sono i trolley: allora abbiamo messo della tecnologia e tolto dei posti di lavoro, che però nessuno rimpiange. La tecnologia fa progredire. In questa fase di transizione, in cui non abbiamo ancora sviluppato completamente questi metodi, ci saranno anche persone che devono riqualificarsi su certe tecnologie e ci vorrà la formazione continua oltre a quella di base tradizionale.» Quanto ai posti di lavoro, Gambardella cita l’esempio degli smartphone, i telefonini che oggi quasi tutti usano. Una tecnologia nuova, che in poco più di dieci anni ha fatto passi da gigante: ci sono le aziende che li producono, altre che producono hardware, poi quelle che fanno applicazioni di tutti i tipi. Un sacco di posti di lavoro sono nati intorno a quel tipo di tecnologia. Intorno all’intelligenza artificiale e alla robotica si prevede un percorso simile, quindi con nuove tendenze e nuove tecnologie.
«Se vogliamo vivere la digitalizzazione e questi metodi, non solo come utenti ma con un poco più di conoscenza, e applicarli anche nel nostro mondo del lavoro, dobbiamo far capo alla scolarizzazione e all’apprendimento. Di sicuro la nostra SUPSI risponde bene a questi bisogni». Nell’usare le tecnologie innovative come utile strumento, senza conoscerle veramente, c’è il rischio di lasciarci sopraffare, senza prepararci al loro impatto. Penso all’uso sempre più diffuso degli smartphone, per esempio... «Come tecnologo sono un poco in controtendenza. Io sono un informatico, però mi rendo conto che il rischio di quel tipo di tecnologia non sia un rischio tecnologico ma piuttosto un rischio di approccio. Rischiamo oggi di perdere un po’ di senso critico, di farci guidare e consigliare troppo spesso dalle macchine e in qualche modo di diventare pigri. Chi non ha sentito dire: “l’ho letto su Internet, me lo ha detto Internet”. Qui si nasconde un importante problema di fondo. Soprattutto i giovani devono imparare a sviluppare il proprio senso critico che, secondo me, non si ottiene solo con le materie tecnologiche ma anche studiando la storia, la filosofia, le lingue. In questo senso il ruolo delle persone di cultura è importante, soprattutto nella scuola. Il mondo del futuro sarà ibrido, dove in una stanza ci saremo io, lei e una intelligenza artificiale che ci fornisce opinioni e risposte. Su temi specifici le macchine saranno probabilmente più brave di noi, però non sanno generalizzare. Dovremo esser capaci di interagire con gli umani e con le macchine».
Tornando ai nostri telefonini e alle navigazioni su internet sappiamo bene che utilizzando queste tecnologie diamo al mercato tantissime informazioni su di noi e quindi il mercato stesso potrà, con l’uso di questi dati, guidarci o condizionarci. È un pericolo reale e, purtroppo, probabilmente inevitabile. «Questo è un tema delicato – ribatte Gambardella – perché dietro a queste cose non ci sono gli scienziati, c’è gente che fa i soldi. Quindi si tratta di un tema che è uscito dalle università ed è entrato nel business. Non è facile pensare come regolarlo ma, per prima cosa, dobbiamo acquisire la consapevolezza di questa situazione. Sapere che in tanti casi siamo stati noi a dare il consenso sulla divulgazione dei nostri dati. Magari inconsciamente, pigiando troppo spesso il tasto yes. Ti propongono un’applicazione? Yes. Un’altra? Yes e così via: yes, sì, sì, sì! Quasi istintivamente. Così i nostri dati volano e se finiscono in mano a chi ha poco rispetto per la privacy non siamo protetti. Dobbiamo davvero aumentare il nostro senso critico, esser capaci di giudicare anche quella fase iniziale dove diamo il consenso. D’altra parte tutte queste cose vanno regolamentate a livello di istituzioni, regolamentate dall’alto e dal basso perché il tema non ci invada».
Il nuovo corso di studio proposto dalla SUPSI risponde a una precisa richiesta delle aziende. SUPSI, DTI e Istituto Dalle Molle hanno la fortuna di lavorare tantissimo con le aziende e quindi di tastare veramente il polso dell’economia che cerca di innovare e di diventare più competitiva. In questo mercato, non solo in Ticino ma anche in Svizzera e internazionalmente, sono sempre più richieste figure professionali con capacità e competenze di elaborazione dei dati e di studio di sistemi intelligenti. Ne approfitteranno grosse, piccole e medie aziende, anche in campo finanziario. Poi settori come il turismo, la moda, e tutti quelli che hanno bisogno di dati freschi e aggiornati per essere competitivi.
«Anche la sanità e l’ente pubblico sono un tema cruciale – conclude Gambardella – Noi abbiamo stretto un accordo con l’Ente Ospedaliero Cantonale per fare intelligenza artificiale con loro. Il nostro nuovo corso di bachelor è un ulteriore tassello in un ricco ventaglio di proposte già consolidate della SUPSI e dell’USI».