Osservare risultati e classifiche, analizzarli e capirne le cause, è uno dei compiti istituzionali di un giornalista sportivo. Da dicembre – sentitevi liberi di considerarmi un maniaco – al termine di ogni week end mi ritrovo a esaminare le graduatorie della Coppa del Mondo di sci alpino. Lo faccio, settimana dopo settimana, con interesse e stupore crescenti. In attesa che sbocci Marco Odermatt, il nostro miglior talento dai tempi di Pirmin Zurbriggen, attualmente non disponiamo di un atleta, maschio o femmina che sia, in grado di inserirsi nel duello per la vittoria della Classifica Generale. Recentemente c’era riuscita Lara Gut, poi bersagliata dalla malasorte, mentre in campo maschile si deve risalire al successo di Carlo Janka nel 2010.
Scorrendo le classifiche attuali con occhio elvetico, oltre all’assenza, si spera temporanea, di un megaleader, balzano all’occhio altri due dati macroscopici.
1. Disponiamo di un numero elevato di sciatori e sciatrici tra la 5a e la 15 posizione. Se consideriamo che sono sparpagliati nelle classifiche delle varie discipline, possiamo affermare che la nostra è una Nazionale forte, equilibrata, con ulteriori margini di crescita.
2. La conseguenza di quanto scritto è confermata dal fatto che nella classifica per nazioni siamo al primo posto. La sigla CH è lassù, in cima, dove per oltre 30 anni volavano le aquile targate «AUT». Incredibile! Tanto più che il divario in punti è andato dilatandosi settimana dopo settimana, fino a raggiungere quasi quota 1000.Fino a una decina di giorni fa – e mi riferisco sempre al mio maniacale peregrinare fra le graduatorie – notavo la nazionale svizzera maschile sempre al comando, mentre quella femminile era costretta a inseguire Italia e Austria, nonostante le buone prestazioni di Corinne Suter e Wendy Holdener.Dentro di me pensavo: ecco, mancano i punti di Lara Gut-Behrami.
Sono bastate 24 ore di fuoco, sulle nevi di Crans Montana, per sciogliere quasi completamente il gap fra le ragazze e proiettare la Svizzera sempre più vicina alla conquista della Coppa per Nazioni. Ciò non accade dal 1989. Da allora, per 30 anni, Austria, ancora Austria, solo Austria. Le Aquile hanno portato in giro per il mondo un numero impressionante di donne e uomini vincenti. Dalla Kronberger al trio Goetchel, Meissnitzer, Dorfmeister, su fino alla Fenninger-Veith. Oppure dall’era Hermann Maier, Stephan Eberharter, Hans Knauß, passando per Benny Raich e Mario Matt, su su fino al Fenomeno, colui che la primavera scorsa ha deciso di dire stop, dopo aver messo in bacheca otto sfere di cristallo in altrettante stagioni consecutive di Coppa del Mondo: Marcel Hirscher, probabilmente il più grande sciatore di tutti i tempi. Che quest’anno siano soprattutto i suoi punti a mancare nel carniere austriaco, ci può stare, tuttavia sarebbe una considerazione che non mette sufficientemente in risalto i meriti della nazionale Svizzera, e i demeriti dei nostri rivali storici che non sono stati in grado di ovviare in tempi brevi a questa pesantissima mancanza.
Non saprei spiegare perché la Svizzera sia in testa sin dallo scorso mese di dicembre. Azzardo delle ipotesi: l’ottimo lavoro svolto, negli anni recenti, a livello giovanile, l’arrivo di figure nuove, capaci e vincenti, alla guida della nazionale maggiore, l’impiego adeguato di un budget, che non è sui livelli di quello austriaco, ma è pur sempre cospicuo. Sta di fatto che in ogni classifica di specialità, sia al maschile, sia al femminile, troviamo la bandierina rossocrociata fra i top cinque, ad eccezione del gigante uomini, dove il nostro miglior rappresentante, Marco Odermatt, è solo decimo, anche perché costretto a disertare alcuni week end di gara a causa di un intervento a un ginocchio. Aggiungo il carico da 11. Siamo persino diventati la nazione faro nello slalom maschile, dopo che, per quasi 40 anni, eravamo stati abituati a raccogliere solo le briciole.
Non so se tra un mese, a stagione conclusa, potremo festeggiare questo storico ritorno ai vertici dello sci mondiale. Io credo comunque che solo un cataclisma ci potrà privare di questa soddisfazione. Ad ogni modo due dati significativi restano già sin d’ora scolpiti nella storia: Corinne Suter ha già vinto la Coppa di specialità nella libera, non accadeva dal 1991 con Chantal Bournissen, e potrebbe ripetersi in SuperG. Dal canto suo, Lara Gut, dopo un lungo digiuno, è tornata al successo. Pim Pum Pam, due cartucce vincenti sparate in 24 ore, per dire al mondo che non è finita, e che lei, per lo sci elvetico, è ancora un capitale importante da investire. La ragazza di Comano non ha ancora 29 anni, sa come si fa a vincere e lo ha ricordato a chi pensava che se ne fosse dimenticata. Lasciamoci quindi stupire. Quanto alla svittese, considerata fino a un anno fa un talento inesploso, ha fatto tesoro delle due medaglie conquistate ai Mondiali del 2019, si è sbloccata, e dopo l’uscita di scena di Lindsey Vonn, si è ritagliata quello spazio privilegiato al quale ambivano atlete come Sofia Goggia, Ilka Stuhec, Ester Ledecka, che le sono regolarmente alle spalle.
Insomma, se Federer e Wawrinka, regalandoci la Coppa Davis, ci avevano fatto credere di essere un popolo di tennisti, ed Enrico Bertarelli ci aveva illuso che fossimo una nazione di esperti navigatori, oggi i nostri sciatori ci ricollocano nel cuore della nostra vocazione e della nostra storia.