Sulla rotta delle balene blu

Mondo sommerso - Un tuffo nell’Oceano Indiano vicino alle coste dello Sri Lanka per nuotare con il più grande mammifero vivente
/ 21.08.2017
di Franco Banfi, testo e foto

Le acque dell’Oceano Indiano che bagnano le coste meridionali e orientali della Sri Lanka (ex isola di Ceylon, l’isola splendente) sono state riconosciute dai ricercatori come uno dei migliori luoghi al mondo in cui osservare le balenottere azzurre. Esse sono una sottospecie del più grande mammifero vivente: le balene blu sono cetacei di grandi dimensioni del sottordine dei misticeti, ovvero animali marini dotati di speciali lamine presenti nella bocca al posto dei denti. Ma queste acque sono altresì la migliore destinazione per vedere i capodogli, i più grandi mammiferi marini odontoceti, cioè dotati di denti. 

La differenza anatomica è indice di una diversa alimentazione. I misticeti sono animali filtratori: ingoiano tonnellate di acqua che spingono con la lingua attraverso i fanoni, che setacciano e trattengono prevalentemente il krill, un minuscolo organismo che compone lo zooplancton di cui questi cetacei si nutrono. Gli odontoceti, invece, sono mammiferi carnivori, che si nutrono prevalentemente di cefalopodi nelle profondità abissali. 

Nell’area sud orientale dello Sri Lanka, la piattaforma continentale è veramente breve: la profondità dell’oceano raggiunge mille metri a soli sei chilometri dalla costa. E i capodogli possono raggiungere profondità superiori ai duemila metri, restando sott’acqua per oltre due ore, anche se normalmente le loro immersioni sono più contenute.

La balena blu (Balaenoptera musculus musculus) è l’animale più grande esistito ed esistente sulla Terra, maggiore persino dei dinosauri. L’esemplare più grande di cui si ha notizia era di 33 metri di lunghezza e 180 tonnellate di peso. Le femmine sono più grandi dei maschi della stessa età. Le balenottere azzurre dell’Oceano Indiano (Balaenoptera musculus brevicauda ed Indica) in media hanno una lunghezza compresa tra 23-24,5 metri (ben maggiori di un autobus) e pesano circa 10 tonnellate. 

Anche se è possibile trovarle in piccoli gruppi, è più comune vedere le balenottere azzurre singole o a coppie, costituite spesso dalla madre con il piccolo. In rare occasioni sono stati avvistati gruppi più numerosi e in quei casi sono state osservate concentrazioni di 50-60 esemplari. Sono veloci nuotatrici, in grado di raggiungere 50 km orari se allarmate, sebbene la loro velocità di crociera sia di circa 20 km orari. In genere si immergono per 10-20 minuti e quando risalgono in superficie fanno da 8 a 15 respiri prima di immergersi nuovamente. Come le megattere, anche le balenottere azzurre possono vocalizzare e fare dei richiami sonori.

C’è molto dibattito sulla tassonomia delle balene blu e attualmente esistono diverse sottospecie riconosciute: Balaenoptera musculus musculus si riferisce alle popolazioni di balenottera azzurra che si trovano nel nord Pacifico e del nord Atlantico; Balaenoptera musculus intermedia (a volte chiamata la «vera» balenottera azzurra) indica la specie Antartica; Balaenoptera musculus brevicauda (nota anche come balenottera azzurra pigmea), descrive la popolazione che si trova nell’Oceano Indiano e nell’emisfero australe; Balaenoptera musculus Indica, si riferisce alle balene blu che si trovano nell’Oceano Indiano settentrionale e Balaenoptera musculus sottospecie senza nome si riferisce alla popolazione di balenottere azzurre che si trovano in acque cilene.

Detto questo, la cosa più straordinaria è nuotare e interagire con questi animali, come è capitato a me con le balenottere blu pigmee. Immaginate di essere su un’imbarcazione più piccola della balena che state cercando, circa dieci chilometri al largo della costa più vicina. Ora immaginate di scrutare l’impenetrabile superficie scura dell’oceano alla ricerca di una balena, con la speranza di avvistarne alcune. La loro dimensione media può raggiungere i 25 metri di lunghezza, ben superiore al doppio della barca sulla quale vi trovate. Finalmente una balena risale dalla sua immersione a parecchi metri di distanza da voi e vedete il classico sbuffo di aria vaporizzata fuoriuscire dallo sfiatatoio, oltre il moto ondoso sulla superficie del mare. Lo skipper ruota la prua in direzione dello sbuffo e si avvicina; ognuno in barca è in trepida attesa e spera che la balena resti in superficie, che non si immerga spaventata dal nostro avvicinarsi. Già si preannuncia un incontro che ci farà certamente sentire piccoli e vulnerabili. 

Eppure non c’è nulla da temere da un gigante gentile che risale alla superficie ogni 20 o 30 minuti per prendere una boccata d’aria e anzi, è enorme l’emozione che si prova nel nuotare fianco a fianco e nel guardare una balena negli occhi, a un paio di metri di distanza. L’importante è sempre mantenere un comportamento gentile e nuotare in modo lieve, così facendo le balene accettano la nostra vicinanza (*). E quando saranno annoiate, si allontaneranno e si immergeranno alcuni metri al di sotto della superficie, con un delicato battito di coda. 

Il loro incontro con le imbarcazioni non è però sempre indolore. Le collisioni con le navi sono una delle principali cause di morte delle balene in tutto il mondo, insieme ai vari tipi di inquinamento, principalmente ambientale (ingestione di plastiche, microplastiche e metalli pesanti, sversamenti di idrocarburi e altri inquinanti, come le acque di zavorra), acustico ed elettromagnetico. Qualsiasi tipo di nave può causare una collisione, ma il rischio di lesioni fatali sembra essere correlato alla velocità dell’imbarcazione e alla sua stazza. 

La costa meridionale dello Sri Lanka, uno dei più vasti areali di nutrizione della balenottera blu, si trova sulla rotta internazionale che collega il continente africano e il mar Arabico con l’Oceano Pacifico. È una delle rotte più trafficate al mondo, che vede numerose navi (soprattutto cargo) transitare nella zona ad alta velocità, giorno e notte. E le collisioni con le balene non sono rare, perché i cetacei percorrono la medesima area durante le migrazioni stagionali.

Fortunatamente, vi è una crescente consapevolezza di questo pericolo, anche grazie agli studi effettuati dall’Università di Ruhuna Indian Ocean Marine Mammal Research. Sono state individuate alcune opzioni per mitigare il fenomeno delle collisioni, che includono lo spostamento della rotta di navigazione del traffico navale, la riduzione della velocità delle navi oppure dichiarare off limits le aree individuate. Valutando le tre opzioni, quella più facilmente attuabile è lo spostamento in mare aperto della rotta del traffico navale, 3 km a sud della linea attuale. Questo tuttavia impatterebbe con un’altra attività a ridosso della rotta di navigazione, cioè la pesca con reti derivanti, maglie in nylon che sono praticamente invisibili agli occhi di una balena.

Se le rotte di navigazione verranno traslate in mare aperto, è probabile che i pescatori pescheranno nelle acque in precedenza utilizzate come corridoio di navigazione, quelle stesse acque che oggi sono il bacino di alimentazione e di maggiore attività delle balene. Analogamente, ridurre solamente la velocità delle navi in questa zona non avrebbe alcun effetto sulla cortina di reti derivanti che occupano i margini delle rotte migratorie. Tuttavia sulle reti da pesca potrebbero essere montati i cosiddetti «pingers», allarmi acustici che disturbano le balene e pertanto fungere da deterrente, con il pericolo però che i cetacei si allontanino definitivamente dall’aerea.

La migliore soluzione sembrerebbe essere quella di spostare i canali di navigazione più a sud e fare in modo che il governo locale vieti la pesca con le reti derivanti, pur consentendo ai pescatori altri metodi di pesca nella zona tra i 200m e i 2000m di profondità. 

Informazioni
(*) Le interazioni con le balene sono possibili solamente previa acquisizione di un permesso speciale, rilasciato dagli enti governativi solamente a scopi di ricerca ed identificazione. Per qualsiasi informazione rivolgersi a info(at)banfi.ch.