Suicidio, meglio parlarne

Pro Juventute – Una campagna di prevenzione del suicidio giovanile si rivolge in particolar modo agli amici coetanei con consigli e consulenze, perché chiedere aiuto alle persone giuste può salvare una vita
/ 21.01.2019
di Alessandra Ostini Sutto

«Suicidio», una parola che resta tutt’ora un tabù. Per tale ragione, chi ha dei pensieri che vanno in questa direzione, ha spesso difficoltà a chiedere aiuto e a raccontare ciò che sta vivendo. Lo stesso vale per chi gli sta attorno, siano essi familiari, amici o colleghi, che fanno tendenzialmente fatica ad affrontare l’argomento. Come dice la giovane Savannah – uno dei cinque protagonisti di una recente campagna sulla prevenzione dei suicidi giovanili – «in una situazione del genere molti hanno paura di poter sbagliare qualcosa. Ma l’unico sbaglio che si può fare è proprio quello di non fare nulla». I pensieri suicidali, purtroppo, sono frequenti tra i ragazzi: secondo quanto pubblicato da Pro Juventute – uno dei principali partner della sopracitata campagna – un giovane su due afferma di avere già pensato almeno una volta di togliersi la vita. Questo trova conferma nei dati del servizio Consulenza + aiuto 147 della più grande organizzazione svizzera per l’infanzia e la gioventù, cui lo scorso anno si sono rivolti 2-3 adolescenti al giorno sul tema del suicidio. Fortunatamente, tra i giovani il numero di coloro che passa all’atto è inferiore rispetto agli adulti. Si stima che circa una persona su dieci faccia un tentativo di suicidio nel corso della sua vita, con tassi 3-4 volte maggiori tra il sesso femminile. Tra il 2009 e il 2015 in Svizzera i decessi per suicidio tra i giovani di età inferiore ai 29 anni sono stati in media 131 all’anno, con vittime molto più spesso di sesso maschile. Tra le principali cause, figurano situazioni di stress acuto come delusioni amorose, problemi a scuola, nella formazione o sul lavoro.

Alla luce di questa situazione, le FFS e la divisione dell’EBPI per la prevenzione e promozione della salute nel Cantone di Zurigo hanno messo a punto la campagna «Stop al suicidio giovanile», assieme a Pro Juventute e ad altri partner (la BLS, la Federazione Svizzera delle Psicologhe e degli Psicologi – FSP, il Sindacato del personale dei trasporti – SEV e l’organizzazione STOP SUICIDE di Ginevra).

Dal 2016, i due primi partner lavorano già insieme a favore della prevenzione dei suicidi tra gli adulti nell’ambito della campagna nazionale «Parlare può salvare», sostenuta, tra gli altri, dal Telefono Amico. Fulcro della campagna è il sito www.parlare-puo-salvare.ch, dove le persone «a rischio» e i loro conoscenti e familiari possono trovare informazioni, consigli ed indirizzi. L’obiettivo perseguito è infatti quello di superare i tabù legati alla tematica ed incoraggiare chi è in difficoltà ad aprirsi, facendo al tempo stesso in modo che possa trovare rapidamente aiuto.

La più recente campagna – lanciata lo scorso anno – invece che ai ragazzi con tendenze suicide, si rivolge agli amici, con lo scopo di mostrare loro come essere d’aiuto. I coetanei sono infatti spesso i primi a rendersi conto che un adolescente o un giovane sta attraversando un periodo di smarrimento. Ed è qui che si inserisce ed acquista significato la collaborazione con il servizio di aiuto di Pro Juventute, cui collabora una settantina di consulenti professionisti. Come accennato in apertura, sono stati scelti cinque giovani che hanno vissuto un’esperienza di questo tipo e che la raccontano in brevi filmati. I video possono essere visionati sul sito www.147.ch, nella sezione dedicata alla campagna, dove si trovano pure informazioni supplementari (per esempio, «Suicidio: segnali d’allarme» o «Suicidio: altre possibilità per non soffrire») e risposte a domande frequenti (come «Esclusione – È normale avere pensieri suicidi?» oppure «Pensieri suicidi, non so perché!»).

Un po’ in tutta la Svizzera sono inoltre affisse le immagini dei cinque volti della campagna, che possono essere fotografate con Shazam, un’app molto diffusa tra i ragazzi per l’identificazione delle canzoni. Così facendo parte il video in cui i ragazzi raccontano in che modo sono riusciti ad aiutare un loro amico. Il racconto di Ilyas, 18 anni, inizia così: «Una sera, un mio compagno di classe mi ha telefonato. Mi ha raccontato che non ce la faceva più ad andare avanti e che voleva togliersi la vita». Gli esperti sono concordi nell’affermare che gli amici rappresentano potenzialmente un sostegno importante, in quanto possono parlare all’amico dei suoi problemi, ascoltarlo, stargli vicino e chiedere aiuto.

Parlarne, ascoltare e chiedere aiuto: queste sono infatti le cose più importanti da fare quando qualcuno ha pensieri suicidi. Ed è anche il messaggio che lanciano ai propri coetanei questi giovani, dopo aver provato sulla propria pelle cosa significa avere un amico in profonda crisi e riuscire ad aiutarlo.

«Secondo me è importante non lasciare sole le persone quando sono in crisi, e soprattutto bisogna prenderle sul serio», dice Elea, altra voce della campagna. Chi ha la sensazione che un amico o un familiare possa avere pensieri suicidi, non dovrebbe mai sottovalutare la cosa, bensì affrontarla, anche perché spesso le persone in difficoltà non osano o non riescono a parlarne. Farlo però, oltre che di indubbio conforto, è di grande aiuto perché serve a far ordine tra i pensieri. Esternando i propri pensieri suicidi, si riduce il rischio che questi prendano il sopravvento. Certo, non è facile affrontare questo tipo di tematiche o mantenere la calma quando una persona cara parla di pensieri suicidi, tanto meno per un ragazzo. Per questo motivo, sul sito www.147.ch gli esperti di Pro Juventute mettono a disposizione dei giovani dei consigli su come affrontare simili conversazioni, oltre ad essere ovviamente a diposizione per una consulenza personalizzata.

In generale, la persona che ha bisogno di sfogarsi va approcciata con l’atteggiamento di chi desidera capire – come sta, cosa pensa, quali sensazioni prova, ecc. – astenendosi per quanto possibile dal formulare giudizi di valore. «Se un amico sta male, devi fargli capire che sei al suo fianco e che gli vuoi bene così com’è», testimonia Ardit, un altro dei ragazzi della campagna.

Capita sovente che il ragazzo con pensieri suicidi dica all’amico con cui è riuscito ad aprirsi di diventare custode di quel segreto condiviso. Una situazione pesante, in cui l’amico deve mantenere la lucidità per capire che vi è in gioco la vita di qualcuno e che la cosa giusta da fare è cercare aiuto. Tacere non è mai una soluzione. Come dice Lionel, «Meglio parlarne con gli adulti. Chiedete aiuto alle persone giuste. Non siete soli in questo mondo». Le «persone giuste» possono essere adulti di fiducia, appartenenti alla propria cerchia privata o all’ambito scolastico o formativo, oppure il medico di famiglia o ancora chi opera presso uno sportello di consulenza per i giovani, come i già citati Telefono Amico (143) e Consulenza + aiuto 147 di Pro Juventute, servizi gratuiti e confidenziali attivi 24 ore su 24, ora anche online. Altri indirizzi utili si trovano sul sito www.parlare-puo-salvare.ch

Gestire situazioni di questo tipo è indubbiamente impegnativo e si corre un reale rischio di farsi sopraffare dagli eventi. È quindi importante che i giovani confrontati con una persona con tendenze suicide cerchino aiuto anche per se stessi e prendano coscienza che essere amici non significa essere responsabili della vita dell’altro. Può purtroppo capitare che, nonostante il proprio impegno, il suicidio avvenga lo stesso. Come si legge sul sito della campagna «Parlare può salvare» vi sono giovani che si tolgono la vita anche se sostenuti da amici e familiari e che questo è dovuto al fatto che nei ragazzi le azioni suicide sono talvolta una reazione impulsiva a un momento acuto di crisi. La relazione tra i giovani e il suicidio è inoltre caratterizzata, e resa particolarmente delicata, dal fatto che si ritenga che essi non percepiscano la propria mortalità e non riescano a stimare il carattere definitivo dell’atto che si apprestano a compiere.