Storie all’orecchio

Podcast – In questi anni assistiamo a un vero boom: non è più solo la puntata radiofonica che ascoltiamo il giorno dopo, ma una nuova forma di comunicazione, artistica e giornalistica. In Ticino però non è ancora conosciuto né valorizzato come si deve, secondo l’esperto Daniel Bilenko
/ 02.09.2019
di Sara Rossi Guidicelli

«Il podcast è sulla bocca di molti e nelle orecchie di pochi». Daniel Bilenko parla di storie sonore nelle Università di Italia e Gran Bretagna e da anni contribuisce a costruire una cultura dell’ascolto anche da noi. «Qui molte persone pensano ancora che il podcast sia semplicemente la lista di quelle trasmissioni radiofoniche che si possono ascoltare in differita dopo che sono passate. Ma da una decina di anni il podcast è un mondo, una nuova biblioteca sonora che cresce ogni giorno di più, piena di storie prodotte da giornalisti, professionisti dell’audio o da persone comuni che sanno usare bene un telefonino. I podcast esistono indipendentemente dalle radio e quelli belli hanno alcuni tratti in comune: l’alta qualità del suono, il racconto della realtà usando tutti i trucchi della narrazione e la capacità di attivare la nostra immaginazione, rendendoci partecipi di quella storia».

Negli Stati Uniti, in Francia e nel nord Europa il podcast è una realtà affermata, con le sue classifiche, i Festival e i premi; gente di ogni età scarica e ascolta serie di giornalismo investigativo, singoli file in cui viene spiegato un concetto (ad esempio come migliorare la biodiversità nel proprio giardino o quali sono i segreti per montare al meglio la mayonese), puntate realizzate da personaggi famosi che offrono consigli sulle ultime novità librarie o che svelano i retroscena dei colossal di Hollywood... Semplice da ottenere e in gran parte gratuito, meno impegnativo di un video perché lo puoi ascoltare mentre cammini, vai in macchina, cucini, fai sport, il podcast, come dice Bilenko, racconta storie «non tramite immagini, ma tramite l’immaginazione».

Oggi Daniel conduce l’emissione d’attualità culturale «Diderot» alla Rsi Rete Due ed è autore di documentari e fiction sonori, alcuni dei quali premiati a concorsi svizzeri ed europei. Da bambino ascoltava storie da vinili 33 giri e minicassette; sua mamma gli raccontava fiabe prima di dormire e suo papà era musicista e teneva la radio accesa tutto il giorno. «Questa infanzia molto “sonora” mi ha marcato, ma l’importanza dell’udito riguarda tutti gli esseri umani: ognuno di noi ha iniziato a sviluppare l’ascolto prima degli altri sensi, già nel ventre materno, abituandoci al battito cardiaco della mamma, alla sua respirazione e a tutti i rumori che si sentono da lì dentro... Poi solo dopo che siamo nati abbiamo fatto per la prima volta l’esperienza anche del silenzio... Oggi in questo mondo pieno di suoni, di immagini, di news che ci arrivano a raffica da ogni parte, credo che metterci un buon paio di cuffie nelle orecchie, potendo scegliere momento e luogo per sentire una voce intima che ci racconta una storia, sia un’attività tra le più benefiche che esistano».

La scelta è vastissima e all’inizio può disorientare, come quando entri in una biblioteca e non hai mai letto un libro: da cosa comincio? Come faccio a sapere cosa mi piacerà? Come assicurarmi che non mi sto perdendo il meglio? «Sì, è vero, è difficile districarsi in un mare senza fondo, senza bussola, senza radar», spiega Daniel, «ma come esistono i docenti di letteratura, i manuali, le rubriche, le classifiche, i blog, le riviste che parlano di libri, sempre di più si possono trovare consigli e selezioni anche per i podcast».

E cosa consiglia lui per iniziare? «Direi che chi capisce l’inglese può cominciare ad ascoltare Serial, che è la serie di giornalismo investigativo più avvincente e quella che ha dato il via al grande boom del podcast. La prima stagione riapre un caso di cronaca nera americana finito nel dimenticatoio, e vi indaga da capo, con testimonianze, voci, effetti di musica e paesaggi sonori molto belli. In italiano invece c’è Veleno, che racconta in sette puntate la vicenda di una decina di bambini modenesi che vent’anni fa furono sottratti alle loro famiglie, accusate di far parte di una setta di satanisti pedofili. Tutto il documento è costruito a partire dai racconti di quei bambini oggi adulti. Bellissimo».

Poi c’è Senza Rossetto, che affronta a 360 gradi la figura della donna di ieri e di oggi; Scientificast, 150 episodi sulla scienza, dai vaccini all’efficienza energetica passando dall’estinzione dei dinosauri; e in francese Les braqueurs, tre interviste ad altrettanti ex-malviventi che raccontano il loro pericoloso mestiere.

La maggior parte dei podcast vengono ascoltati in cuffia, ma come spiega Bilenko non è un’attività meramente solitaria. In molti paesi per esempio si inaugurano le serie di maggior successo con un lancio al cinema: «Immaginiamo una sala piena di ragazzi, ragazze e adulti di ogni età, con i popcorn sulle ginocchia, seduti al buio che si ascoltano la prima puntata della nuova serie e poi ne parlano tutti assieme (accade per davvero in Danimarca!). A Zurigo poi c’è la sede di podcastclub.ch, che organizza eventi pubblici e sta per aprire il primo spazio di coworking dedicato a persone attive in questo ambito. Anche noi in Ticino e nei Grigioni abbiamo proposto nei cinema e nelle sale comunali delle nostre valli il radiodramma Rsi Désalpe: si ascolta insieme, poi si dibatte e infine si condivide un rinfresco».

Secondo Bilenko questi non sono i tempi giusti per pensare a progetti grandiosi che richiedono budget importanti; sono i tempi invece in cui si fanno strada le idee più snelle, innovative, quelle che destano meraviglia in maniera più profonda e personalizzata. Creare laboratori sul nostro territorio che esplorino questo nuovo mezzo, intimo, economico, che richiede alta qualità, significa saltare sul treno di un mercato da 500 milioni di dollari, che a sud delle Alpi stenta ancora a decollare. Soprattutto, conclude, «significa fare del bene alla comunità, perché una storia ben raccontata all’orecchio è un toccasana contro l’inquinamento visivo e sonoro di cui tutti, chi più chi meno, stiamo soffrendo».