Se il videogioco diventa dipendenza

Giovani – L’Organizzazione mondiale della sanità sta per inserire ufficialmente tra le malattie il gaming disorder. Ne parliamo con lo psicologo Dario Gennari attivo presso il centro Ingrado
/ 21.10.2019
di Guido Grilli

«Ai genitori dico: cercate il dialogo con i vostri figli, cercate di proporre loro alternative al web e in ogni caso ponete limiti al gioco online, pattuite con loro degli orari…». Dario Gennari, psicologo, attivo presso Ingrado servizi per le dipendenze da una ventina d’anni, si occupa da alcuni anni di nuove dipendenze. Con lo specialista parliamo della dipendenza da videogioco, alla luce della recente notizia secondo la quale l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel 2021 inserirà ufficialmente tra le malattie il gaming disorder, ossia una serie di comportamenti compulsivi persistenti o ricorrenti legati al gioco online. Gennari aiuta in particolare i genitori in difficoltà a cercare di sviluppare delle strategie per riuscire a mettere regole e limiti ai propri figli gamer, come ad esempio il collocare il wi-fi in sala e non nella cameretta; e altresì la rinuncia a intervenire bruscamente, spegnendo di forza il computer «perché ciò può portare ad aggressività e violenza. Piuttosto va trovato con il proprio figlio un modo perché la sua esperienza ludica (la fine della partita, la messa in memoria del punteggio, eccetera) si concluda consensualmente».

Dario Gennari, un anno fa, in un’intervista aveva stimato ad alcune decine i casi in Ticino di giovani presi a carico psicologicamente perché dipendenti dai videogiochi. Qual è la situazione oggi?
Il dato è in aumento, ma il fenomeno è molto disparato. Non c’è solo la dipendenza da videogioco sul web, c’è anche quella della pornografia, del gioco d’azzardo online, i social media… . Quel che posso dire è che tendenzialmente le richieste di sostegno arrivano dai genitori: i ragazzi sono poco consapevoli del problema, dicono «tanto io gioco come gli altri». Casi ne arrivano al nostro servizio di Ingrado, come ne arrivano in pediatria, così come vengono segnalati a scuola o in altri servizi. Il prossimo 24 ottobre si terrà al proposito un importante convegno organizzato al Centro professionale di Trevano dal dottor Valdo Pezzoli, primario di pediatria all’ospedale Civico di Lugano, intitolato «Adolescenti online: uso e abuso di mezzi elettronici nell’età dello sviluppo». Il convegno riunirà più esperti con un obiettivo ambizioso: creare un centro di competenza che raccolga un po’ tutte le richieste sul territorio, gli ospedali, le famiglie, la scuola, per cercare di mappare, quantificare un fenomeno in evoluzione e quindi coordinare poi gli interventi.

Ma quali strategie si possono mettere in campo per limitare l’uso del web?
Una ricerca, denominata «JamesFocus 2017», che monitora il mondo del web, fornisce fra l’altro suggerimenti per le scuole e per i genitori. Si evidenzia come gli adulti debbano essere da esempio in tema di media digitali. E ancora: quando si acquistano nuovi dispositivi vanno definite delle regole di utilizzo per evitare la perdita di controllo; e occorre mostrare e offrire al giovane alternative al web. Altro consiglio, che appare una banalità ma non lo è: usare la sveglia tradizionale per non dover tenere il cellulare vicino al letto. E poi supportare l’autostima fuori dal mondo del web per uscire dalla «dittatura del like» per cui io valgo solo se mi danno dieci, cento preferenze, altrimenti mi sembra di non valere nulla….

Come è possibile liberarsi dalla dipendenza da videogioco?
Non è semplice rispondere. Si passa dai casi nei quali dietro al gioco compulsivo si cela una grande sofferenza dell’adolescente, che ha quale grave conseguenza il ritiro sociale; ai casi di giovani che hanno bisogno di un «inquadramento», tempi ben definiti, un po’ di alternative accanto al videogioco. A livello famigliare, l’aspetto che più conta è il dialogo: parlarne, mettere delle regole. Se questo non funziona, perché magari i ragazzi reagiscono in maniera aggressiva o non dialogano, allora è possibile chiedere una consulenza specialistica. Nei casi di grave dipendenza, l’intervento è di tipo multi-fattoriale, dove interviene lo psicologo, magari l’educatore e magari anche il medico. Non voglio tuttavia creare falsi allarmismi e spaventare genitori, inducendoli a concludere: «mio figlio gioca tanto, allora ci vuole lo psichiatra».

Quali sono le fasce di età coinvolte?
Si va dai 12-13 anni, attraversando tutta l’adolescenza fino all’età di giovane adulto (20-25 anni). Il fattore Internet fa da vettore, poi un comportamento problematico di tipo compulsivo può evolversi in dipendenza, declinandosi in uno o più ambiti specifici: giochi, reti sociali, sessualità, acquisti.

In generale la dipendenza può rappresentare la risposta a un disagio esistenziale o al bisogno di affermazione. Quali sono le conseguenze della dipendenza da videogioco?
Giocando la sera e la notte tendono a dilatare il tempo, con conseguenze negative sui risultati scolastici. Non dormono. Tra l’altro proprio questa tematica sarà trattata il 24 ottobre al convegno di Trevano con il professor Mauro Manconi, responsabile del Centro del sonno al Civico di Lugano.

È d’accordo con la decisione dell’Oms di inserire nel 2021 in modo ufficiale la dipendenza da videogioco nell’elenco delle patologie?
Sono d’accordo in parte. Da un lato si fa bene a sottolineare che il videogioco può diventare un problema importante e debilitante, in quanto condiziona pesantemente la mia vita e pertanto va riconosciuto come una vera e propria malattia che mi porta a non avere una vita normale. Dall’altro lato bisogna fare attenzione a non dare etichette. C’è il rischio che tutti i gamer che hanno un problema in quanto giocano tanto, rispondano «ma io non ho un problema grave, non sono un malato», un meccanismo di difesa e in definitiva di negazione che non aiuta ad affrontare il problema.

L’Oms stabilisce quale soglia, affinché si possa parlare di dipendenza da videogiochi, la presenza di almeno 5 precisi criteri e un periodo di uso assiduo di almeno 12 mesi. Sono riscontri che ritiene validi secondo la sua esperienza?
I criteri fissati dall’Oms sono 9 e riguardano: l’utilizzo eccessivo di giochi online, tale per cui questa diventa la principale attività della giornata; sintomi di crisi d’astinenza manifestata attraverso l’irritabilità, l’ansia, la paura, la tristezza o l’abbassamento del tono d’umore; l’esigenza di trascorrere sempre più tempo a giocare su Internet; la perdita del controllo; la perdita di altri interessi; l’attività continua e eccessiva di gioco su Internet nonostante la persona sia stata informata sulle conseguenze psicosociali; l’ingannare familiari e terapisti sulla gestione dei giochi online; il gioco online per sfuggire a uno stato d’animo negativo; la compromissione o la perdita di un rapporto importante (scuola, posto di lavoro). Quel che mi chiedo è: ma se ho ad esempio solo tre dei nove criteri significa che non ho problemi? Io credo che in tal caso qualche problema ce l’ho e già il riconoscerlo significa che potrò allora risolverlo più rapidamente.

Intanto, in occasione dei 40 anni di Ingrado, la struttura il prossimo 14 novembre terrà al Centro eventi di Cadempino un convegno pubblico intitolato «Consumi e presa in carico: le sfide nella complessità». E uno degli interventi sarà quello dello psicologo e psicoterapeuta italiano, Matteo Lancini, che svilupperà un tema non privo di riflessioni: «Internet in adolescenza: nuove normalità e nuove dipendenze».