Porte aperte ma non proprio spalancate

Tappeti rossi e porte aperte ai facoltosi acquirenti immobiliari confederati o tedeschi, ma non del tutto spalancate. È il caso del Park Hotel Delta Resort di Locarno, sui terreni alla Maggia, al centro di una diatriba legale, che approderà al Tribunale federale, che vede da una parte i proprietari di una dozzina di appartamenti, perlopiù germanici, dall’altra il Municipio cittadino. I primi hanno chiesto la residenza, considerando che occupano stabilmente gli appartamenti di pregio; Palazzo Marcacci invece sostiene che nella zona dove è stato costruito il complesso, inaugurato cinque anni fa, sono previsti solo impianti e strutture per attività turistiche di tipo alberghiero, ma non la residenza primaria o secondaria. Altro discorso, ma sempre inerente ad un futuro insediamento turistico-residenziale sul Monte Bré, la collina dei locarnesi. Qui alcuni promotori confederati intendono costruire un maxi resort con Spa e diversi appartamenti su una superficie di circa 30’000 mq. in piccola parte attualmente edificata. Il Piano regolatore di Locarno lo permetterebbe, ma il Municipio, anche di fronte ad una sollevazione popolare, ha deciso di soprassedere in attesa di una revisione del PR che ridefinisca gli indici di costruzione in collina, certamente uno dei luoghi più ameni e incontaminati del Locarnese.


Scegliere di vivere in Ticino

Svizzero-tedeschi e germanici continuano a stabilirsi stabilmente a sud delle Alpi. Ecco l’identikit dei «teutonici» che faticano a parlare in italiano ma amano il dialetto ticinese
/ 03.02.2020
di Mauro Giacometti

Età media intorno ai 60 anni, una buona sostanza, rendita o pensione che permette di vivere agiatamente nella «Sonnenstube» svizzera; figli grandi, autonomi, con nipoti da ospitare saltuariamente nell’appartamento di vacanza acquistato ad Ascona o in Collina d’oro a Lugano. Nel migliore dei casi, villa con piscina a sud delle Alpi per l’agiato «buen retiro». 

Questo l’identikit degli svizzero-tedeschi e germanofoni che scelgono il Ticino e in particolare il Locarnese e le sue valli, Gambarogno compreso, come residenza più o meno permanente. Lo traccia Marianne Baltisberger, caporedattrice della «Tessiner Zeitung», unico settimanale in lingua tedesca diffuso in Ticino e che può contare stabilmente su circa 6000 abbonati che lo leggono da cima a fondo per avere un’infarinatura, nell’idioma di Goethe, su ciò che succede nella loro terra d’adozione. Lei stessa, vent’anni fa, si fece conquistare da laghi e montagne e si trasferì stabilmente dal Canton Argovia nella regione del Verbano. «Ci sono due tipi di residenti confederati o tedeschi: quelli che scelgono il Ticino per godersi la pensione, potendo usufruire di un clima decisamente più confortevole di Zurigo o Monaco e chi, invece, investe i propri risparmi nell’acquisto di una residenza secondaria e ci passa svariati mesi l’anno, concedendone l’uso anche a parenti ed amici. In entrambi i casi la scelta è dettata da fattori ormai consolidati: oltre alle temperature generalmente miti e agli orizzonti naturistici ci sono la sicurezza, la qualità di vita e dei servizi pubblici e l’affidabilità delle cure sanitarie», sottolinea. Tutti elementi decisivi soprattutto per chi si appresta ad affrontare la terza età, ma che hanno un certo atout anche per supermanager o capitani d’azienda confederati e germanici che, magari dopo aver trascorso qualche giorno nella «Sonnenstube», la scelgono come base permanente per le rispettive famiglie. E oltre che per godere del clima e del buon cibo, anche per lanciarsi in qualche business, com’è il caso di Stefan Breuer, imprenditore che, proveniente dalla Germania, s’è insediato ad Ascona con la propria famiglia e in pochi anni ha monopolizzato la ristorazione del Borgo con il marchio Seven.

Non solo villeggiatura, dunque, anche se, a onor del vero, il mercato immobiliare direbbe il contrario, facendo registrare negli ultimi anni un certo calo di appeal da parte degli acquirenti germanofoni. «I tedeschi da qualche anno sono spariti – conferma Renza De Dea, promotrice immobiliare specializzatasi in appartamenti e residenze di standing superiore, con immancabile vista lago –. L’economia della “locomotiva d’Europa” ha rallentato, di conseguenza i tedeschi danno priorità ad altri investimenti che non all’acquisto di una casa di vacanza in Ticino. C’è poi un altro fattore negativo da considerare: la riuscita del referendum che ha fissato la soglia massima del 20% da destinare alle residenze secondarie. In alcuni Comuni il limite è già stato superato, quindi la disponibilità di appartamenti e case di vacanza si è azzerata. Proprio per questo ultimamente ci si concentra sulle ristrutturazioni, anziché sulle nuove costruzioni. E in questo segmento sono gli svizzero-tedeschi ad essere protagonisti di questa nicchia di mercato», sottolinea De Dea.

D’altra parte le statistiche sugli abitanti parlano chiare: in diversi Comuni del Locarnese, Ascona in testa, i confederati residenti o domiciliati sfiorano il 10% della popolazione, in alcuni casi come Ronco s/Ascona, Orselina o nei piccoli centri delle valli, il tedesco o lo Switzerdütsch è parlato dal 30% e più degli abitanti. «Quello della mancanza di integrazione attraverso l’espressione nella lingua locale è un limite conosciuto e consolidato della comunità germanofona in Ticino – confessa Baltisberger che, nonostante le sue origini argoviesi, si esprime in un ottimo italiano –. Molti svizzero-tedeschi, ad esempio, pur residenti da anni in Ticino, non fanno nemmeno lo sforzo di parlare un po’ d’italiano. Al contrario, pretendono che ci si rivolga loro in tedesco, se non addirittura in stretto dialetto zurighese o basilese. In Romandia, al contrario, se non si esprimessero in francese sarebbero subito messi in croce», sottolinea la caporedattrice della Tessiner Zeitung. Che però dà qualche attenuante ai suoi linguisticamente pigri corregionali confederati: «Mi è capitato, soprattutto con chi risiede nelle zone periferiche o con chi lavora stabilmente in Ticino, di sentirli parlare in dialetto pur continuando a snobbare l’italiano».

Prove un po’ particolari di integrazione nell’amata e soleggiata Svizzera italiana, dunque, anche se qualche passo in più per agevolare la convivenza tra teutonici e latini è stato fatto dai tempi, non lontanissimi, in cui il Ticino era visto solo come luogo di vacanza, con il sole, i grotti e la gente che canta. «Questi stereotipi sono molto difficili da superare. In realtà si tratta di un cantone economicamente molto importante, con delle industrie di punta poco conosciute ma che lavorano in tutto il mondo, con un sistema universitario che ha portato un bel cambiamento. Noi cerchiamo di presentare questa realtà, perché il Ticino è un cantone dinamico, dove si lavora sodo, altro che cantare», spiega Baltisberger. 

Lo stesso tentativo culturale di sdoganare il Ticino dai preconcetti, oltre alla «Tessiner Zeitung», lo compiono diverse associazioni locali di germanofoni residenti, come ad esempio il Deutscher Club Tessin (https://deutscherclubtessin.ch) che ha sede a Lugano e un comitato con rappresentanti in tutte le regioni. Sulle rive del Verbano sono attivi da tempo il Deutschschweizer Club Locarno (www.dclocarno.ch) o il Deutschschweizer Verein Minusio (https://dsvm.ch). Il Ticino, insomma, è sempre e comunque «über alles».