Il viceprimario dell’Unità di Ortopedia e Traumatologia all’Ospedale Regionale di Lugano, dottor Christian Candrian (Vincenzo Cammarata)

 

La videointervista


Servizio della giornalista Maria Grazia Buletti (video di Vincenzo Cammarata).


Protesi: nuovi orizzonti

Medicina - Avanza la ricerca negli interventi chirurgici post-amputazioni a beneficio della qualità di vita
/ 04.03.2019
di Maria Grazia Buletti

La percentuale di persone che si trova a dover vivere con l’amputazione di una gamba al di sopra del ginocchio non si può fortunatamente definire consistente. Ma per chi è confrontato con la vita che segue a un intervento del genere, la propria condizione e i relativi disagi che ne derivano rappresentano il cento per cento. Perciò devono essere considerati tutti gli aspetti atti a migliorare qualità di vita, disagi e l’eventuale dolore che accompagna queste persone, con lo scopo di «alzare l’asticella» di tutti i fattori che possono in qualche modo migliorare quel «poi» già di per sé invalidante. 

La ricerca medica è sempre il fulcro attorno a cui si deve provare a «costruire» un futuro pregno di condizioni sempre più aderenti alle singole patologie e alla loro cura. Parliamo di chirurgia protesica ortopedica con i due viceprimari dell’Unità di Ortopedia e Traumatologia attivi all’Ospedale Regionale di Lugano: i dottori Christian Candrian e Paolo Gaffurini. Due i temi (e i relativi studi che hanno portato a importanti progressi) il cui comun denominatore sta nella protesica di anca e ginocchio: «Una prima nazionale e una prima mondiale», preannuncia il dottor Candrian che, posticipando l’approfondimento sulle innovazioni, lascia la parola al dottor Gaffurini per ciò che attiene all’impianto totale della protesi dell’anca che oggi è possibile effettuare in regime ambulatoriale. In Svizzera la degenza media dopo un tale intervento è in media di 4 o 5 giorni, un’opzione per ora «mirata a quei pazienti sui 50 / 60 anni», afferma Gaffurini che attribuisce l’attuale prudenza alla capillare preparazione pre-impianto dell’intervento ambulatoriale.

«Il presupposto riguarda la degenza ospedaliera, strettamente legata alla gestione del dolore post operatorio. Condizione essenziale per procedere è un’accurata preparazione pre operatoria che tocca aspetti fisioterapici, farmacologici per il controllo del dolore e imparare a padroneggiare le stampelle». Una sorta di preparazione che responsabilizza il paziente al «poi». Cosa che comporta vantaggi: «Rispetto a prima, il recupero sarà precoce e il paziente stesso collabora attivamente e autonomamente alla sua riabilitazione». L’approccio è definito relativamente innovativo e mini invasivo: «L’accesso chirurgico avviene attraverso i muscoli che non vengono lesi ma solo spostati; il dolore post operatorio sarà minore e la riabilitazione facile e veloce». 

E veniamo al secondo grande tema: lo studio cui accennava il dottor Candrian, inerente l’impianto di una protesi femorale studiata in modo specifico per quei pazienti amputati sopra il ginocchio. Con l’entusiasmo del ricercatore attento al benessere del paziente, per il quale auspica una sempre migliore qualità di vita, egli afferma che «non risultano pubblicazioni che documentino analoghi studi e interventi già avvenuti altrove, dunque: è una prima mondiale». Si riferisce ai pazienti che sino ad oggi, nel portare una protesi esterna, devono fare i conti con parecchi disagi e dolori: «Concepita come fino ad ora, la protesi esterna si fissa e appoggia sul bacino (osso pubico). È ingombrante e causa problemi di propriocezione, dolori e postura asimmetrica, ad esempio quando la persona si siede».

Scomodità, dolori e fatica sono gli elementi che questo impianto protesico innovativo vuole limitare al massimo: «Ottenute le autorizzazioni necessarie per procedere allo studio – collaboriamo con Medacta (una ditta ticinese con sede a Castel San Pietro che opera nella ricerca, nello sviluppo e nella distribuzione protesica) – abbiamo studiato la parte delle protesi esterne con l’ortopedico Bösch e il dottor Nicola Schiavone (Clinica di riabilitazione di Novaggio). Un team che per il primo paziente, nel mese di dicembre, ha dapprima realizzato e poi impiantato una protesi interna, il cui perno va inserito nella parte lunga del femore. La grande innovazione sta nel fatto che questa protesi termina con una specie di “disco” piatto ad aumentarne la superficie utile dove la protesi esterna potrà poggiare, evitando perciò compressione e dolori sul bacino della persona». 

Con l’ausilio del modello osseo, ci viene mostrato che spesso non è possibile amputare la gamba conservando intatti parte del ginocchio e la relativa superficie utile ad ancorare la protesi esterna (su www.azione.ch, anche il video). Quindi, di norma, la superficie utile dopo l’amputazione è la parte lunga del femore, troppo piccola. Questo intervento permette di aumentarla, a vantaggio dell’appoggio: «La protesi esterna non andrà a pigiare sul bacino, ma sarà ancorata sulla parte distale della protesi interna». Di conseguenza miglioreranno materiale e fattezze della protesi esterna: «Meno voluminosa (e meno costosa) di quelle odierne, con un sensibile miglioramento della qualità di vita del paziente: si ovvierà ai dolori oggi causati dall’ancoraggio della protesi esterna al bacino; miglioreranno sia la propriocezione che la postura stessa».

Può dirsi riuscito il primo intervento effettuato a dicembre dal dottor Candrian e dal suo team (dottor Del Cogliano) con il chirurgo estetico plastico professor Harder: «Siamo soddisfatti, non ci sono complicazioni e dopo tre settimane il paziente deambulava con la sua protesi esterna ben montata». Dal canto suo, il paziente riferisce ai medici della grande differenza rispetto la protesi classica da lui portata da parecchi anni e ne decanta i benefici sottolineando la diminuzione dei dolori che subiva in precedenza. 

Il dottor Candrian tira le somme di questo successo: «Nel corso dei prossimi mesi opereremo altri pazienti e lo studio pilota terminerà dopo cinque interventi, quando potremo verificarne benefici, back round dei pazienti, eventuali problematiche e vantaggi». Se, come ci si aspetta, i dati raccolti saranno ottimi, sarà scientificamente provato il vantaggio per rapporto al sistema vigente e saranno premiati gli anni di lavoro, gli investimenti e l’impegno della ricerca. 

Il rapporto costi-benefici va sempre valutato a medio-lungo termine: «Economicamente avremo una diminuzione dei costi delle protesi esterne (più leggere, da adattare con meno frequenza) e migliorerà la qualità di vita del paziente, il che potrebbe favorire un reinserimento socio-professionale, con evidenti ripercussioni positive sui costi complessivi della salute». Il «prezzo della ricerca» si compone di mezzi economici, ideazione e realizzazione, ai quali segue la raccolta dei dati che permettono di decretarne il successo. «Sulla distanza i risultati premieranno diversi aspetti, in primis il benessere dei pazienti», ribadisce il dottor Candrian.