Mercoledì 26 settembre, dalle ore 9.00 alla Fondazione O.T.A.F. di Sorengo, si terrà la Giornata Cantonale Autismo che quest’anno sarà focalizzata su un tema che concerne tutti in modo diretto o indiretto: l’inclusione. Durante la giornata – dedicata a un disturbo che tocca l’1% della popolazione – non mancheranno le testimonianze di chi quotidianamente è in contatto con persone autistiche.
Claudio Cattaneo (direttore della Fondazione ARES-Autismo Risorse e Sviluppo) evidenzia i passi avanti fatti, negli ultimi anni, nella presa a carico dei pazienti. «Il cambiamento più importante a cui abbiamo assistito è la maggiore prevalenza del disturbo. Mi spiego: se fino a 30 anni fa si pensava che fosse una problematica rara, oggi si sa che la prevalenza si situa all’1%. Nello spettro del disturbo autistico inglobiamo le persone con compromissioni gravi e quelle con una condizione meno pregiudicata e che quindi possono permettere al ragazzo di frequentare le scuole con regolarità e avere un impiego. Abbiamo diagnosi sempre più sicure e precoci, eseguite entro i 3 anni di vita».
Come aggiunge lo stesso Cattaneo «nel concreto si assiste a un inserimento scolastico di un crescente numero di ragazzi. Ogni anno in Ticino si diagnosticano circa 20 bambini autistici e una parte di loro riesce, grazie anche a vari tipi di supporto, a frequentare le scuole regolari».
Detto della scuola un’altra evoluzione importante è quella delle strutture per invalidi adulti. In questi istituti, Ares è impegnata a formare in modo puntuale gli operatori sociali al fine di una migliore presa a carico.
Ma come rileva lo stesso direttore di Ares il lavoro è ancora lungo. «Tra le maggiori sfide quotidiane vi sono quelle legate alla formazione degli operatori, all’informazione e alla sensibilizzazione delle persone con uno sviluppo tipico. È sempre difficile far capire il funzionamento autistico e le reazioni, a volte bizzarre, di queste persone alla gente comune, ma è un’operazione importante che portiamo avanti con impegno».
Da notare che la Fondazione ARES, nata nel 1995, offre l’esperienza e la competenza, maturate nei suoi anni di attività di consulenza e di presa a carico di bambini, giovani e adulti con Disturbo dello Spettro Autistico, a professionisti e famiglie che quotidianamente si occupano del loro progetto di vita. Il dr. med. Paolo Manfredi è il responsabile di UNIS, l’Unità operativa multidisciplinare dell’OSC istituita per l’intervento diretto a bambini e ragazzi con disturbi dello spettro dell’autismo (DSA) e alle loro famiglie: «L’intervento di UNIS si svolge sia in fase diagnostica, sia nella presa a carico abilitativo-terapeutica» ci spiega. «Non è facile individuare le problematiche più frequenti tra i bambini, anche perché allargando lo spettro diagnostico ci sono molti più casi di un tempo. Indubbiamente il problema più evidente è relativo alle difficoltà nelle relazioni sociali e nella comunicazione. Per alcuni diventa invalidante anche un’altra caratteristica e cioè la difficoltà di accettare le variazioni dell’ambiente. Ma in generale i problemi sono parecchi e diversificati».
Come detto anche da Cattaneo vi è stato un cambiamento radicale negli ultimi decenni. «Nello spettro dell’autismo consideriamo molte persone che prima non avremmo preso in considerazione. L’approccio anglosassone-fenomenologico era arrivato prima a queste conclusioni, rispetto a noi latini. Per esempio, negli anni 80, da noi si riconosceva una persona autistica solo nel caso grave, mentre negli USA i casi presi in considerazione erano già parecchi. E aggiungo che secondo gli ultimi studi americani si riscontra, nei bambini di 8 anni, un caso su 68. Un risultato che addirittura cambia se osserviamo il genere. Infatti siamo addirittura a 1 su 45 per quanto riguarda i maschi».
Uno dei pericoli di questo allargamento diagnostico è però quello finanziario. «È vero, lo riscontriamo. È una conseguenza dell’aumento dei casi. Infatti si sa che esiste un finanziamento dell’Assicurazione Invalidità ai ragazzi a cui viene diagnosticato una forma di autismo e questo fatto può portare a una maggiore pressione delle famiglie verso chi, come noi, effettua la diagnosi».
Il dottor Manfredi guarda comunque avanti con ottimismo e auspica una maggiore consapevolezza nella popolazione. «Mi auguro davvero che l’autismo, malgrado sia diventato anche purtroppo una moda – grazie a un numero crescente di film, serie TV e libri – serva alle persone che hanno davvero bisogno di essere facilmente riconosciute, per poter poi attivare le strutture adibite come quelle scolastiche, sanitarie, ecc.».
E i genitori che cosa dicono? Secondo Patrizia Berger, mamma di una ragazza autistica di 37 anni e presidente di ASI «oggi le famiglie possono beneficiare di un intervento precoce e di una rete multidisciplinare, la quale può offrire un supporto a più livelli, per una presa a carico globale». Una rete che va costruita con la famiglia e alimentata costantemente per poter offrire aiuti mirati nelle diverse fasce di età. «Grazie a servizi come ARES e UNIS, ai professionisti e alle associazioni che operano a sostegno delle famiglie, possono essere attivate risorse per rispondere ai diversi bisogni e soprattutto elaborare strategie per offrire nuove opportunità e speranze. Per esempio, per noi, la grande sfida aperta è quella di cercare di capire quali sono i supporti che si possono offrire alla persona autistica adulta e sapere in che modo i genitori possono seguire nuove strategie per dare al ragazzo nuove opportunità».
E giornate come questa hanno proprio l’obiettivo di alimentare il dialogo e creare nuove sinergie