(Vincenzo Cammarata)

Per non smettere di lavorare

Disoccupazione – Il Centro di Formazione Professionale dell’Ocst promuove le Aziende di Pratica Commerciale dove si può operare come in una ditta vera: l’esempio della Prêt-à-porter di Locarno
/ 16.01.2017
di Sara Rossi Guidicelli

È a Locarno e si occupa di moda e casalinghi. Si chiama Prêt-à-porter, vende migliaia di capi l’anno, tonnellate di mobili e ha un giro d’affari di mezzo miliardo. Solo che quei soldi, quei vestiti, quegli articoli per la casa non esistono. Esistono solo il direttore, la sua assistente, il segretario, la responsabile risorse umane, l’ufficio marketing e contabilità. Il magazzino è un armadio di modestissime proporzioni con dentro piccoli fogli di carta. Tuttavia, il Prêt-à-porter di Locarno non è il gioco del monopoly. Qui, in questa Azienda di Pratica Commerciale, è tutto (quasi) come se fosse vero. «Sì, all’inizio sembra strano venire a lavorare qui pur sapendo che la merce non c’è, che lo stipendio non te lo danno, poi però ci fai l’abitudine». Nadine e Bessa sono due ragazze delle dodici persone impiegate alla Prêt-à-porter. La pratica dura tre mesi e ogni poche settimane si cambia ruolo. Alla fine Nadine, Bessa e gli altri avranno provato tutti i ruoli in ogni settore dell’azienda. Ma se troveranno lavoro prima, il loro contratto si interromperà all’istante.

«Io non ho mai svolto la mia professione, quindi per me stare qui è come una passerella tra la scuola e il mondo del lavoro», dice Bessa. «All’inizio ero delusa quando il mio collocatore mi ha mandata in una “finta” azienda, poi però mi sono motivata perché ho visto che imparavo tutto come se fosse un vero rivenditore, solo che posso sperimentare un po’ tutti i mestieri: così ho il tempo di capire per cosa sono portata e cosa mi piace di più».

«Io invece ho già lavorato e sono qui in attesa di essere reimpiegata in un nuovo posto. Per me è utile perché non perdo il ritmo, resto aggiornata e poi c’è un giorno a settimana in cui ci occupiamo di cercare lavoro. Da quando vivo questa esperienza nell’Azienda di Pratica Commerciale ho già fatto due colloqui: ho visto che i potenziali datori di lavoro prendono sul serio il lavoro che sto svolgendo qui. Lo considerano sia un lavoro sia una formazione e possono chiamare il responsabile di Prêt-à-porter per avere le referenze e chiedere come ci comportiamo nella nostra professione», spiega Nadine.

Andrea Bettosini è il direttore dell’azienda e Sabrina Martini è la sua assistente. Loro sono i formatori e gli unici salariati; lui si occupa di gestire i reparti e il personale, cioè gli utenti che arrivano e ripartono; lei è quella con la formazione in ambito commerciale. Sabrina è arrivata vent’anni fa, proprio quando l’Azienda di Pratica Commerciale è stata aperta da Ocst con un finanziamento pubblico. Ha fatto la sua esperienza, che all’epoca era di sei mesi, e poi il direttore di allora le ha proposto di restare, come formatrice e assistente di direzione. Ha fatto tutta la formazione, a livello cantonale e federale, ed eccola qui, entusiasta come allora. «Ne ho viste passare di persone, di storie belle e di storie tristi, storie a lieto fine o addirittura miracolose», racconta. «C’è gente di tutte le età che sta vivendo ogni tipo di situazione. Questa esperienza può essere vantaggiosa in ogni caso per chiunque; per esempio per chi ha fatto solo un tipo di lavoro molto specifico e adesso è alla ricerca di un impiego. Deve aggiornarsi, sviluppare anche altre competenze, per aumentare le sue possibilità. Oppure chi ha preso una batosta perché è stato licenziato e sente il bisogno di ricominciare in modo più seguito, in modo da riacquistare fiducia in sé stesso. O ancora vengono i ragazzi dopo la scuola; se non trovano subito un lavoro, per loro è una fortuna avere qualcosa di più di uno stage: una realtà lavorativa esattamente come quelle che circolano nel mondo di oggi, che ti dà la possibilità di essere intraprendente e fare le tue proposte, ma che al contempo ti offre un servizio di coaching, che ti permette di avere dubbi e incertezze e ti dà una mano a superarli». Come una prova generale.

Andrea Bettosini mi invita nel suo ufficio e mi spiega come funzionano le Apc. «Le Aziende di Pratica Commerciale vengono dagli Stati Uniti, e in Svizzera esistono da oltre una ventina anni. Da noi sono state importate per non lasciare a casa completamente gli operai delle fabbriche di orologi nei periodi di crisi. Oggi c’è una rete nazionale di una sessantina di aziende; una centrale si occupa dei servizi bancari e postali per renderli uguali a quelli di una vera banca e di una vera posta e controlla che la nostra contabilità sia perfetta. Ogni partecipante al mattino riceve una lista degli acquisti che deve fare durante il giorno (con finti soldi, naturalmente), così che noi riceviamo le ordinazioni per vestiti e casalinghi, mentre le altre aziende hanno giornalmente acquirenti per i loro prodotti, che siano immobili o cioccolatini. Se i clienti scarseggiano, il nostro servizio marketing si mette in moto e chiama gli altri partecipanti delle Apc svizzere e fa pubblicità. Tutto come nella realtà». Non è facile entrare in questa logica, ma con un po’ di buona volontà piano piano mi sembra di capire. «Noi abbiamo iniziato con i vestiti, poi però ci siamo accorti che dovevamo spedire solo pacchi leggeri, quindi con La Posta. Vendendo anche mobili, grill e così via, i nostri praticanti imparano a usare anche il servizio Cargo».

Sia Andrea Bettosini sia Sabrina Martini concordano con il fatto che la disoccupazione è aumentata rispetto agli inizi delle Apc. La tendenza inoltre è sempre di più quella di puntare su una collocazione tempestiva di chi è alla ricerca di lavoro. «L’Ocst era portatore di progetto per quattro Aziende di Pratica Commerciale, ma da questo mese di gennaio (2017) ne restano tre, la nostra di Locarno, l’Euromoda di Lugano e l’Iride a Porza», spiega Bettosini. «Tuttavia noi pensiamo che più una persona è formata e maggiori sono le sue chance di essere assunta. Troviamo importante che continui a esistere anche questa opportunità, soprattutto perché crediamo nella pedagogia del learning by doing, cioè dell’imparare lavorando, che sia per un inserimento o una riqualifica o un reinserimento. Come detto, poi, ci occupiamo anche molto della ricerca di lavoro: un’ora al giorno e una mattina a settimana sono dedicate a quello, imparare a cercare, inviare domande e simulare colloqui. Abbiamo anche notato che nel mondo del lavoro di oggi la durata degli stage è sempre più breve: da tirocini formativi diventano brevi periodi di prova sempre più mirati all’osservazione del candidato per decidere della sua assunzione; da noi invece la gente di ogni età ha veramente la possibilità di sperimentare il mestiere o di continuare a praticarlo se per un periodo deve stare a casa, e questa riteniamo sia un’offerta fondamentale».