Chiara Orelli Vassere

Per il lavoro e l’integrazione

Socialità – Cambio al vertice di SOS Ticino, Soccorso operaio svizzero. La direttrice Chiara Orelli Vassere lascia dopo dieci anni. L’associazione continua a essere al servizio delle persone in difficoltà
/ 03.02.2020
di Fabio Dozio

Un giovane afgano di 23 anni, residente in Ticino dal 2014, potrà rimanere nel nostro paese grazie al SOS Ticino, Soccorso operaio svizzero, che si occupa, tra l’altro, della protezione giuridica dei rifugiati e dei richiedenti asilo. È una notizia significativa, perché Berna è stata sconfessata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, grazie a un ricorso inoltrato dal giurista del SOS. Il giovane, di etnia hazara, si è convertito al cristianesimo e con ciò ritiene di essere in pericolo in Afghanistan. Strasburgo ha condiviso questi timori a differenza delle autorità svizzere. Un esempio che dimostra il rilievo dell’assistenza giuridica per rifugiati o richiedenti asilo che arrivano nel nostro Paese. Che cos’è e cosa fa SOS Ticino?

Lavoro e integrazione, due parole che rappresentano le linee guida dell’associazione. Il campo di attività è ampio e molto sensibile: dall’inserimento professionale dei disoccupati al settore migrazione; infine l’impresa sociale Sostare che gestisce il ristorante Casa del Popolo a Bellinzona.

La missione principale del SOS è chiara: «un’organizzazione umanitaria che si impegna nella promozione della giustizia sociale, politica ed economica e sostiene l’autodeterminazione e il rispetto dei diritti umani, operando nei contesti di emarginazione e povertà».

La storia dell’associazione affonda le radici nel secolo scorso. Venne infatti fondato nel 1936 dall’Unione sindacale svizzera e dal Partito socialista dopo la crisi economica per sostenere le famiglie operaie bisognose. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale il SOS cominciò a occuparsi di rifugiati. Altro importante capitolo riguarda la disoccupazione in Svizzera, un fenomeno che dagli anni Novanta ha assunto proporzioni significative. In questo ambito, il Soccorso operaio svizzero ha svolto un ruolo pionieristico, organizzando programmi occupazionali e promuovendo il reinserimento professionale.

La sezione ticinese è nata a metà degli anni Ottanta e attualmente a livello nazionale il SOS conta circa 600 collaboratori, distribuiti in dieci associazioni regionali.

Il settore migrazione si occupa da anni di sostenere i richiedenti asilo che arrivano nel nostro cantone. «I progressivi inasprimenti della legislazione svizzera sull’asilo, – si legge sull’opuscolo che presenta l’associazione – sempre più sfavorevoli ai migranti, rischiano di esporre molte persone a situazioni di precarietà e di abbandono». Sostegno giuridico e accompagnamento verso l’integrazione sono i due aspetti fondamentali dell’intervento a favore degli stranieri che cercano asilo in Svizzera. Con l’entrata in vigore della rinnovata legge sull’asilo nel marzo dello scorso anno, SOS Ticino si è aggiudicato, assieme a Caritas svizzera, il mandato federale per la consulenza e la rappresentanza legale nei nuovi Centri federali d’asilo in Ticino e Svizzera centrale.

«La ristrutturazione nell’ambito dell’asilo, – ci dice la direttrice Chiara Orelli Vassere – prevede un elemento centrale, insieme alla velocizzazione delle procedure e alla riunione di tutti gli attori coinvolti nella procedura in un medesimo spazio di attività: una consulenza e rappresentanza legale indipendente per ogni richiedente asilo, fin dai momenti immediatamente iniziali della procedura legata alla sua domanda. Si tratta di una novità molto importante e decisamente positiva per il richiedente, che può sapere a cosa va incontro e avere in ogni momento consigli e supporto a tutela sua e dei suoi diritti. Certo, vi sono ancora diversi elementi problematici, ad esempio l’insufficiente attenzione alle vulnerabilità mediche, ma la valutazione è a mio giudizio complessivamente positiva. È tuttavia utile mantenere alta l’attenzione e la vigilanza, che devono essere però ancorate a dati reali e non meramente ideologici, affinché questa protezione possa essere costantemente monitorata e dove necessario migliorata».

Il settore disoccupazione organizza programmi occupazionali e formazioni con l’accompagnamento nella ricerca dell’impiego, per garantire il reinserimento sociale di persone a forte rischio di esclusione. Questi compiti sono esercitati collaborando con il cantone, i comuni, gli uffici regionali di collocamento e le aziende della regione.

Attualmente i programmi occupazionali offerti da SOS Ticino sono tre. Ri-cicletta, l’atelier che aggiusta e rinnova le biciclette. Ri-Sostegno, offre un aiuto nella ricerca del lavoro e occupa gli utenti in attività pratiche quotidiane, come sgombero mobili e rivendita degli oggetti. E Ri-Taglio, un atelier indirizzato soprattutto alle donne, che organizza lavori di cucito, piccole riparazioni, nuove creazioni e anche lavanderia e stireria. Piccoli lavori che permettono all’utente di riprendere confidenza con un impegno di tipo professionale, mentre si cerca di ottenere un reinserimento nel mercato del lavoro.

L’impresa sociale è l’ultimo settore creato dal SOS Ticino. Si tratta della gestione del Ristorante Casa del Popolo a Bellinzona, un’istituzione secolare, che permette di integrare socialmente persone svantaggiate offrendo loro un impiego. Si coinvolgono utenti a beneficio di prestazioni assistenziali concesse per svolgere attività di utilità pubblica. Vi sono anche migranti che hanno ottenuto lo statuto di rifugiato ma che hanno difficoltà a inserirsi nel contesto lavorativo locale. L’obiettivo dell’impresa è l’integrazione sociale dei partecipanti, grazie alla possibilità di riavvicinarsi, anche se solo per un periodo definito, al mondo del lavoro.

Come sono i rapporti tra l’associazione e le autorità? «Sono buoni. – spiega Chiara Orelli Vassere – SOS Ticino ha ormai acquisito autorevolezza, ed è riconosciuto come punto di riferimento nella Svizzera italiana per i temi della migrazione, della disoccupazione, dell’inserimento sociale. Più in generale, credo che non vi sia una vera e propria politica globale di riequilibrio degli squilibri alla base dei fenomeni migratori».

Chiara Orelli Vassere ha diretto SOS Ticino per dieci anni e si appresta a lasciare l’incarico per occuparsi del delicato tema della violenza domestica in seno al Dipartimento cantonale delle Istituzioni. «Ho avuto dieci anni di grande fatica e impegno, – confida – ma anche di grandissime opportunità di apprendimento e di crescita. Il confronto con le situazioni difficili e dolorose portate dai nostri utenti, vissute con dignità e forza, e insieme l’abnegazione dei colleghi che sostengono queste persone, sono stati il dono principale che mi ha fatto il SOS. Io penso di avere portato al SOS l’impegno a rafforzare e consolidare la struttura, che pativa qualche negligenza precedente, e a recuperare una dimensione progettuale e attiva che era stata fortemente ridimensionata. Tutta la nostra attività nei vari campi ha contribuito ad arricchire il nostro territorio con i valori della solidarietà, dell’impegno sociale, dell’inclusione. Una strategia anticiclica vincente, e che spero possa ulteriormente consolidarsi».

Occuparsi di rifugiati in un Paese e in un periodo in cui non mancano di soffiare venti sovranisti e «primanostristi» non è sempre facile. Il presidente di SOS Ticino Edy Meli, avvocato, ex procuratore pubblico ed ex giudice, ha sottolineato la sua preoccupazione perché in Svizzera il numero dei rinvii di richiedenti asilo prevale nettamente sulla media europea: 56,8% contro il 36,6. «Credo che il nostro Paese non possa più essere considerato terra di asilo, – ci dice a malincuore Meli – ammesso che lo sia stato in passato. Lo testimoniano le sempre crescenti restrizioni introdotte negli ultimi 30 anni circa nella legislazione relativa: Legge sull’asilo e Legge sugli stranieri in particolare, ma penso anche agli accordi di Dublino. L’ultimo flusso di un certo rilievo che mi sembra potesse ancora testimoniare uno spirito di accoglienza è quello che ha riguardato gli esuli cileni degli anni 70. L’approccio è cambiato: dal problema dell’asilo che veniva declinato come necessità di accoglienza si è passati al problema dei flussi migratori, dove si cerca di regolamentare e filtrare il più possibile».