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Onde sotto controllo

Elettrosmog - Poiché gli effetti sulla salute sono ancora poco conosciuti, al momento si applica il principio di precauzione
/ 15.07.2019
di Elia Stampanoni

L’inquinamento da radiazioni non ionizzanti, più comunemente noto con il termine elettrosmog, è tema di grande attualità sia a seguito della maggiore sensibilità di una parte della popolazione, sia a seguito dell’espansione del numero di antenne di telefonia mobile sul territorio. Con l’approdo del 5G, in questi mesi il dibattito è diventato ancora più intenso. 

I dati statistici dell’Ufficio federale delle comunicazioni (Ufcom) sul numero di abbonamenti di telefonia mobile o di schede prepagate sono eloquenti. Se nel 1992 si registravano circa 220mila sottoscrizioni, nel 2007 erano già oltre 8 milioni, mentre gli ultimi rilevamenti (2017) ne censiscono più di 11 milioni. Altro dato significativo è il graduale passaggio dalla telefonia fissa a quella mobile, come riportato nella Statistica Ticinese dell’ambiente e delle risorse naturali (Star) del 2017: in termini percentuali, la telefonia mobile rappresenta circa il 70% del totale, con un’inversione rapida di tendenza: nel 2000 la telefonia fissa era infatti ancora preponderante (66% del totale) rispetto a quella mobile.

Il problema comunque non è del tutto nuovo dato che le emissioni di radiazioni non ionizzanti (si chiamano così perché si tratta di una radiazione che non trasporta energia a sufficienza per ionizzare atomi o molecole, al contrario dei raggi-X) concernono anche altre fonti, quali: impianti ferroviari, linee per il trasporto dell’energia elettrica, stazioni emittenti per radio e TV, radar, e molti apparecchi elettrici di uso comune come televisione, radio, computer, forni a microonde o dispositivi wi-fi. Quest’ultimo gruppo di strumenti, utilizzati anche nelle economie domestiche alla pari dei telefonini, possono generare radiazioni altrettanto o più importanti di quelle degli impianti sopra menzionati. Ciononostante, non essendo installazioni fisse ma piuttosto apparecchi il cui uso è a discrezione dell’utilizzatore, non sottostanno all’ordinanza sulle radiazioni non ionizzanti (Orni). 

È quindi facile dedurre come quasi tutti siamo oggi esposti in modo più o meno marcato a delle radiazioni, che possono essere considerate tangibili in date condizioni. La nascita di nuove applicazioni, il numero crescente di dispositivi, così come il potenziamento delle reti possono condurre a un aumento delle emissioni, il cui monitoraggio e controllo in Ticino viene effettuato, per gli impianti di telefonia mobile, dal Dipartimento del Territorio (DT). L’Ufficio federale dei trasporti e l’Ispettorato federale degli impianti a corrente forte sono invece competenti per gli impianti ferroviari e, rispettivamente, per gli elettrodotti. 

Come cita il rapporto Star del 2017, «Gli effetti sulla salute sono ancora poco conosciuti e al momento si applica dunque un principio di precauzione, vale a dire che si incoraggiano le tecnologie a bassa emissione e si mira a ridurre, per quanto possibile, l’esposizione della popolazione alle radiazioni non ionizzanti». 

Il Cantone, con l’Osservatorio ambientale della svizzera italiana (creato nel 2002 dal DT in collaborazione con la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana, Supsi), oggi assicura il monitoraggio continuo, per gli impianti di telefonia mobile, delle radiazioni non ionizzanti. Sul sito www.ti.ch/oasi sono consultabili sia le misurazioni delle stazioni semipermanenti sia i dati relativi agli impianti di telefonia mobile.

Quelle semipermanenti sono posizionate in luoghi ritenuti interessanti e in genere per la durata di un mese circa. Le misurazioni, seppur indicative e non certificate dall’Istituto federale di metrologia, sono comunque considerate «scientificamente attendibili» e avvengono su uno spettro di frequenze più ampio (da 0.1 – 3000MHz) rispetto alle misure puntuali che vengono effettuate in prossimità degli impianti di telefonia mobile e comprendono di conseguenza anche gli apparati radio e TV e altri trasmettitori. Questo permette di avere un’indicazione attendibile sul carico complessivo di radiazioni in un determinato luogo e per un periodo di tempo prolungato. 

La Supsi ha per esempio effettuato su mandato del DT dei monitoraggi delle radiazioni generate da antenne di telefonia mobile nel periodo 2002-2016. Misure che sono ora in fase di ripetizione per poter avere dei confronti temporali. I luoghi di misura si situano presso edifici privati o pubblici, solitamente sui tetti, e hanno dato dei risultati soddisfacenti, nel senso che non si registrano superamenti dei valori limite previsti dall’Orni, che variano tra 4 e 6 V/m a dipendenza del tipo di impianto. Ogni anno vengono ripetute circa 13 misure di monitoraggio, a cui se ne aggiungono altre specifiche per verifiche puntuali.

Anche le antenne di telefonia sono sotto stretto controllo, come ci spiega Sergio Kraschitz, collaboratore scientifico dell’Ufficio della prevenzione dei rumori della Sezione della protezione dell’aria, dell’acqua e del suolo. «Già in fase di domanda di costruzione ogni impianto deve soddisfare i requisiti teorici per rimanere al di sotto del livello massimo di radiazioni stabilito dall’Ordinanza, che è in vigore dal 2000. Una volta approvato il progetto, su quasi ogni antenna che entra in funzione (vi sono delle eccezioni per quelle che mostrano valori inferiori all’80% del limite Orni, ndr) viene effettuata una misura di collaudo entro 4 mesi dalla sua messa in esercizio, che solitamente registra dei valori inferiori a quelli teorici. Solo raramente sono necessari dei correttivi». 

Un settore che nel nostro cantone concerne quasi 400 infrastrutture di telefonia mobile o impianti di comunicazione, dove è anche possibile la presenza di più operatori e che possono in seguito essere monitorate a campione durante l’esercizio. In più, grazie all’Ufcom, è possibile operare controlli per verificare che gli impianti funzionino secondo i parametri impostati e approvati. Il margine d’errore è quindi ridotto, come ci conferma Sergio Kraschitz: «Sì, come detto i superamenti sono molto rari e vengono individuati subito, già nella fase di collaudo, e sono dovuti solitamente a parametri che non sono potuti rientrare nel calcolo teorico. Si tratta inoltre di superamenti rilevati alla potenza massima autorizzata, mentre gli impianti sono quasi sempre in funzione a livelli inferiori. Ci sono inoltre le citate misurazioni di monitoraggio che rilevano dei valori molto bassi, attorno a 1 V/m in generale».

In merito all’approdo della tecnica 5G, «ci saranno di sicuro degli adattamenti da effettuare e quindi nuove verifiche s’imporranno in quanto, necessariamente, muterà anche la propagazione del segnale. La rete sarà più performante e quindi l’utenza potrebbe essere invogliata a usarla di più, con un aumento del traffico di dati, ma i limiti per i locali a utilizzazione sensibile restano comunque gli stessi di oggi, che tra l’altro sono dieci volte inferiori di quelli considerati dall’Organizzazione mondiale della sanità». 

Limiti che a volte non vengono considerati abbastanza restrittivi per le persone che soffrono di elettrosensibilità e per le quali anche piccoli valori d’esposizione risultano essere un elemento di disturbo. «Sì, esatto, c’è una piccola percentuale della popolazione che soffre la presenza di onde elettromagnetiche, sia da antenne o impianti di comunicazione, sia da elettrodomestici. In generale consigliamo di spegnere qualsiasi apparecchio che emetta delle onde se non utilizzato e nel limite del possibile ridurre l’impiego dei dispositivi mobili in favore di quelli fissi», conclude Sergio Kraschitz, ricordando la campagna di sensibilizzazione promossa nel 2008, e tutt’ora attuale, dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (www.ti.ch/telefonini).