Novantenni inarrestabili

Complice l’allungamento generale dell’aspettativa e il miglioramento della qualità della vita, sono sempre di più le persone che arrivano alla quarta età. Un documentario prodotto dalla Hbo racconta i novantenni di oggi, abbattendo gli stereotipi
/ 21.08.2017
di Stefania Prandi

I novant’anni sono difficili da immaginare per chi non ce li ha: sembrano lontani e irraggiungibili. Eppure, complice l’allungamento dell’aspettativa e il miglioramento della qualità della vita, sono sempre di più le persone che si avvicinano a quest’età, riuscendo anche a superarla. Un documentario prodotto dalla Hbo, tra i canali via cavo più famosi e amati dal grande pubblico americano, racconta i novantenni di oggi, rompendo gli stereotipi ancora diffusi sull’«anzianità» avanzata. If You’re Not in the Obit, Eat Breakfast (Se non sei nei necrologi, fai colazione), ha protagonisti come Carl Reiner (95enne), leggenda della commedia americana – una delle celebrity più anziane attive su Twitter – e l’attrice Patricia Morison che debuttò a Hollywood nel 1939 e che ha spento 102 candeline lo scorso marzo. Il titolo, ironicamente irriverente e sarcastico, arriva proprio da una battuta di Reiner: «Ogni mattina prendo il giornale, vado alla sezione dei necrologi, e guardo se trovo il mio. Se non c’è, faccio colazione». Nel video si chiede, con un certo stupore, come sia possibile essere ancora al mondo: «Fortuna? Geni? La medicina moderna? Oppure stiamo facendo qualcosa di giusto?».

Interpellato al riguardo, Dan Buettner, esperto di longevità e autore del bestseller Lezioni di lunga vita. Le zone blu. I segreti delle popolazioni ultracentenarie, reportage sulle cinque diverse regioni del mondo dove si vive più a lungo (Icaria in Grecia, Sardegna in Italia, Okinawa in Giappone, Loma Linda in California, Nicoya in Costa Rica), spiega che il corpo umano può vivere bene fino ai 90 anni. Secondo le sue ricerche, a fare la differenza sono per il 45% i geni e per il 15% le circostanze. Resta, quindi, un 40% di margine che dipende dall’iniziativa personale, dall’attitudine e dalle buone abitudini. Di parere simile un altro esperto, Walter Bortz, professore all’università di Stanford: dopo anni di studi è giunto alla conclusione che gli effetti negativi dell’invecchiamento siano dovuti al «disuso» più che alla malattia. «Chi si ferma è perduto», questo è il motto da tenere a mente quando si pensa al tempo che passa. Bortz dà il buon esempio e a 86 anni continua a tenersi in forma: da oltre quarant’anni corre una maratona all’anno.

L’intento del lungometraggio è raccontare che, nonostante la vecchiaia, si possa vivere bene – non semplicemente sopravvivere – restando attivi, continuando a fare quel che si è sempre amato. Il quadro che ne emerge è senza dubbio interessante: il cantante Tony Bennett continua a cantare nonostante i novanta suonati, il regista Mel Brooks e il produttore Norman Lear hanno ancora voglia di lavorare, così come gli attori Betty White e Dick Van Dyke, sposato con una donna più giovane di 40 anni, e impegnato nella registrazione di un nuovo album. Il pianista Irving Fields, mancato nel 2016 alla veneranda età di 101 anni, è stato ripreso mentre teneva concerti al Park Lane Hotel a New York. «Potrei lavorare dieci giorni alla settimana senza essere stanco. Vado avanti perché amo quel che faccio», ha detto. Altri intervistati sono Stan Lee, editore, scrittore di libri comici, ex presidente della Marvel, che a 94 anni scrive, produce e appare in piccoli camei, e l’icona fashion Iris Apfel, 95enne regina della moda e del design di New York, già protagonista, nel 2014, del documentario Iris. Nel 2005, quando aveva 82 anni, le sue collezioni di tessuti e oggetti raccolti in giro per il mondo sono state celebrate al Metropolitan Museum. Un altro «nonnino» notevole è Kirk Douglas, cent’anni tondi, che ha portato in scena uno spettacolo da solo, un monologo, nei suoi novant’anni, nonostante fosse stato colpito da un ictus che ha condizionato per sempre il suo modo di parlare.

I 90 sono i nuovi 65, viene da pensare, osservando le vite di questi reduci di Hollywood, e anche quelle di Harriette Thompson, 93 anni, la donna anagraficamente più «grande» ad avere completato una maratona, di Tao Porchon-Lynch, maestra di yoga 98enne, che ha marciato con Gandhi e che da poco ha cominciato a ballare il tango (è diventata famosa grazie ai social network dopo che, nel 2012, è stata fotografata mentre insegnava a Central Park) e di Jim «Pee Wee» Martin, 95enne, che ha combattuto durante il D-Day e che si lancia ancora con il paracadute. Particolarmente istruttivo l’approccio di Ida Keeling, atleta 101enne con diversi record (detiene il primato mondiale per avere corso i 100 metri a cent’anni), che si allena ancora un’ora al giorno. Ha iniziato a correre a 67 anni, dopo una vita segnata da eventi tragici: ha perso la madre quando era piccola, il marito a 42 anni, e due dei suoi quattro figli sono stati uccisi per motivi legati alla droga e alla malavita a distanza di pochi anni uno dall’altro. «Da quando faccio jogging mi sento diversa, è come se fossi uscita dal guscio – spiega. – Rincorro solo me stessa, non competo con gli altri. Non mi considero vecchia. Siamo noi i padroni del nostro corpo. Se non ce ne prendiamo cura, nessuno lo farà al nostro posto».

If You’re Not in the Obit, Eat Breakfast è stato prodotto da George Shapiro che ha raccontato, in un’intervista, di essersi convinto a credere nel progetto dopo avere letto le storie dei protagonisti ed essersi reso conto della gioia che mettono in ogni nuovo giorno. Ciò che accomuna gli arzilli novantenni, diversi tra loro per interessi e vicende personali, è il trasporto per la vita e la capacità di coltivare le proprie passioni. Come ha detto Van Dyke, se si fa un lavoro che non si ama, va bene andare in pensione, ma non si può restare fermi, si deve trovare altro, qualcosa che piace. Restare con le mani in mano è la cosa peggiore. Aiuta, inoltre, stare lontani il più possibile dall’autocompatimento, che può arrivare a un certo punto, considerando che la vecchiaia non è sempre una passeggiata. 

L’ironia è sicuramente un buon antidoto. L’attore George Burns, che se n’è andato lo scorso anno, a cent’anni, diceva: «Realizzi che stai diventando vecchio quando smetti di allacciarti le scarpe e ti chiedi cos’altro potresti fare quando sei là sotto».