Il primo trattato medico sulle erbe di cui si abbia memoria – cioè un documento che risale all’antica Cina, redatto durante il regno della dinastia Chen – classificava 365 erbe medicinali e tossiche, così come il Papiro Ebers (dal nome del suo acquirente e importatore in Europa), risalente alla XVIII dinastia egizia, all’incirca 1500 a.C., e descriveva già a sua volta piante in uso ancora oggi. Per cui, insistere sull’efficacia delle piante medicinali è evidentemente superfluo. Infatti, abbiamo visto crescere negli ultimi decenni il numero delle persone che con sempre più fiducia si affidano a queste cure, non alternative alla medicina tradizionale ma integranti.
Con il progredire delle conoscenze nel campo della chimica analitica e della biochimica e con la nascita del metodo sperimentale, la fitoterapia si allontanò dall’empirismo in direzione di una sempre ulteriore convalida scientifica. La scienza confermò in laboratorio le molte verità contenute in usanze e consigli di misteriosa e sorprendente intuizione, tramandati di generazione in generazione. Sulla scorta delle relazioni di missionari e botanici esploratori, nel corso dei secoli, ebbero inizio anche le importazioni di moltissime piante curative usate soprattutto nella medicina tradizionale americana e di altri paesi extraeuropei. La fitoterapia espanse in tal modo l’orizzonte delle sue conoscenze con piante provenienti da altri continenti. Ma tutto questo non ci impedirà mai di apprezzare sufficientemente le piante che vicine a noi da sempre ci donano la loro silenziosa presenza, anche le più comuni come il Laurus nobilis L., detto Alloro o Lauro.
Della famiglia botanica delle Lauraceae, presente anche nella medicina cinese e ayurvedica, questa meravigliosa pianta mediterranea che oggi guardiamo con distratta indifferenza era la pianta sacra per eccellenza nella Grecia antica e a Roma. Tutti conosciamo il significato simbolico della corona di alloro che premiava i vincitori, la loro gloria e sapienza; i termini laurea e laurearsi hanno infatti questa etimologia: essere incoronati con alloro.
Probabilmente introdotta in Grecia e in Italia dall’Asia minore, era la leggendaria pianta sacra ad Apollo, dio della medicina padre di Esculapio. La celebre Pizia dell’oracolo di Delfi si nutriva di foglie di alloro per profetizzare mentre aspirava il fumo dei suoi rami che nel frattempo venivano bruciati, (anche ai nostri giorni le foglie di alloro bruciate sui carboncini così come l’olio essenziale posto negli appositi bruciatori sono un potente purificatore degli ambienti dove l’aria è viziata). L’alloro, o lauro, cresce nei boschi allo stato spontaneo, lungo le coste, attorno ai laghi insubrici.
È spesso coltivato come un cespuglio sempreverde, ma in realtà è un vero albero che può raggiungere i dieci metri di altezza. Le foglie, lanceolate e coriacee dall’inconfondibile aroma usate pure come spezia in cucina sono ricche di ghiandole resinose. In primavera sbocciano dei fiorellini giallognoli raccolti in piccoli gruppi a ombrella, mentre il frutto è una bacca nero bluastra molto aromatica.
Antichissimo è l’uso terapeutico dell’alloro: Ippocrate prescriveva l’olio delle sue bacche contro le contrazioni tetaniche e le fumigazioni delle sue foglie contro i dolori del parto. Le bacche si raccolgono in autunno e si fanno essiccare all’ombra, mentre le foglie si raccolgono tutto l’anno ma sono più ricche di principi attivi quando sono giovani, si stagionano per 3-4 giorni e si conservano in sacchetti al riparo da polvere e umidità. Esse possiedono proprietà aromatiche, stimolanti, espettoranti, diuretiche, sudorifere e carminative (cioè favoriscono la capacità di espellere o limitare la formazione di gas intestinali). L’Alloro è per questo indicato nelle digestioni difficili, nelle influenze e nelle bronchiti croniche, nei raffreddori, nelle difficoltà di respirazione.
L’infuso di foglie, 4-5 tazze al dì, è un ottimo tonico digestivo, carminativo ed espettorante. In passato il suo uso era vastissimo: ad esempio, l’infuso di foglie era bevuto nelle affezioni gastriche e usato per preparare bagni aromatici contro i dolori. Come digestivo si preparava l’infuso di foglie di lauro, maggiorana e timo; contro la stanchezza e il dolore ai piedi si usava un decotto di lauro e foglie di edera in parti uguali; nelle digestioni difficili si mangiavano alcune bacche ben mature, cresciute in pieno sole e ben turgide; con le bacche seccate e cotte nella birra si aveva una bevanda diuretica da assumere contro la ritenzione idrica; e alcune foglie di lauro venivano messe a macerare per profumare l’acquavite.
Era inoltre molto usato l’oleolito di bacche che si preparava pestando in un mortaio 40 grammi di bacche fresche con 300 ml di olio d’oliva. Il tutto veniva posto in un contenitore a chiusura ermetica e collocato vicino a una fonte di calore per un riposo di un mese, si conservava poi in un luogo fresco e al riparo dalla luce e si applicava localmente, dopo averlo filtrato, come antinfiammatorio e antidolorifico per dolori muscolari di varia natura, per il benessere delle articolazioni.
Questo oleolito di facile preparazione si può ottenere a un costo quasi zero anche oggi, (il suo effetto non è certo molto dissimile, anche se di tipo diverso da quello prodotto da creme o delle farmacie). È anche un eccellente rimedio da applicare sulla cute contro le zanzare e come impacco per capelli lucenti e forti. Non da ultimo era pure usato in veterinaria: uno strato sottile sparso sul pelame difendeva gli animali dalle mosche.
Anche l’olio essenziale, estratto mediante distillazione in corrente di vapore dalle foglie essiccate e dai rametti, ha molte applicazioni. Per uso interno: cura inappetenza e flatulenza, influenze e infezioni delle vie respiratorie in generale; per uso esterno: mescolato a olio per massaggi è indicato per frizioni nei dolori reumatici, nelle contusioni, negli ascessi. Con l’infuso di bacche di alloro raccolte a piena maturazione, e versato nell’acqua, si ha un bagno tonificante e antifatica, un bagno con gli stessi effetti e profumato si ottiene versando nella vasca un’infusione ottenuta con due manciate di foglie lasciate per un’ora in acqua bollente.
Bigliografia
Gabriele Peroni, Trattato di Fitoterapia Driope, Nuova Ipsa editrice.