«It’s ok, my wife let me sleep during the night – È tutto a posto, di notte mia moglie mi lascia dormire». Mi ha incuriosito questa osservazione fatta da Rohan Dennis, 28enne ciclista australiano, neo campione del mondo della cronometro e neo papà da poche settimane. Un babbo felice, raggiante, che può beneficiare della comprensione e della disponibilità di sua moglie. Ammetto di non sapere nulla sulla signora Dennis. Ho solo appurato che si è calata dentro un modello classico di mamma e moglie, che resta a casa ad occuparsi del pargolo, lasciando che il marito-atleta possa allenarsi senza perdere preziose ore di sonno. Non c’è nulla di male. Così fan tutte. O quasi.
C’è infatti una categoria di donne che, restando nell’ambito sportivo, riesce a smarcarsi ed a rompere gli schemi. Donne che sono ai vertici nella loro disciplina, decidono di fare un break per mettere al mondo un figlio, spingono il loro impegno atletico fino al limite ritenuto tollerabile dal medico di riferimento, restano fuori dal giro quel tanto che basta per avviare il pupo verso i primi passi della presa di contatto con il mondo extraplacentario, infine riprendono ad allenarsi e, quasi per miracolo, come una certa mistica definisce la maternità, tornano a gareggiare più forti di prima. Non è da tutte.
Recuperare dopo gravidanza e parto comporta un progressivo riabituarsi allo sforzo e alla fatica da parte di un corpo che avrebbe tutto il diritto di sentirsi spossato. Pensate alle difficoltà che ha avuto nel suo «come back» Selina Gasparin. La biathleta grigionese, vicecampionessa olimpica nel 2014 a Sochi, ha messo al mondo Leila nel 2015, è tornata a gareggiare con risultati inferiori, per poi decidere col marito, il fondista russo Ilia Cernousov, di pensare ad un secondo figlio. Detto, fatto. Lo scorso 14 ottobre è nata Kiana. Sul suo sito web mamma Selina scriveva, in inglese, queste parole: «Farò il massimo sforzo possibile per tornare al più presto alle competizioni e mostrare alle giovani atlete che le vecchie madri non possono essere messe da parte». Auguri Selina, ce la puoi fare.
Gli esempi non mancano. Se rimaniamo agli sport invernali, ha dell’incredibile la storia di colei che vanta il record di medaglie olimpiche: 8 d’oro, 4 d’argento e 3 di bronzo. Si chiama Marit Bjoergen, è nata il 21 marzo del 1980 a Trondheim, in Norvegia, ma in realtà è un’extraterrestre. Oltre agli allori olimpici ha conquistato, fra l’altro, 114 vittorie in coppa del mondo e 18 titoli mondiali. Un primato. Il 26 dicembre del 2015, Marit, con 24 ore di ritardo rispetto alla quasi omonima Maria, ha dato alla luce Marius, figlio anche del compagno Fred Børre Lundberg, ex combinatista. Intenzionata da subito a riconquistare un posto sotto i riflettori, la regina dello sci di fondo ha comunque respinto il suggerimento del medico della nazionale norvegese, che voleva evitarle per 2 mesi qualsiasi contatto col bimbo, per scongiurare il rischio di contrarre malattie in prossimità dei Giochi Olimpici di Pyeong Chang.
«Scherziamo» ha replicato «è più importante che io possa aiutare mio figlio a socializzare, piuttosto che isolarlo per il rischio di ammalarmi. Sarà già dura restare senza di lui durante il mio soggiorno in Corea. Sfrutterò ogni momento per essergli vicino». Non solo Marit non si è ammalata, ma lo scorso mese di febbraio ha incrementato il suo bottino olimpico con 2 medaglie d’oro, 1 d’argento e 2 di bronzo, dopo che l’anno precedente, ai Mondiali di Lahti, aveva conquistato 4 titoli.
È vero, nello sport ci sono gli atleti, i campioni, e i fenomeni. Spesso in quest’ultima categoria rientrano le donne, nonostante siano il più delle volte discriminate sul piano finanziario e su quello della visibilità mediatica.
In Svizzera c’è chi, in una disciplina purtroppo non olimpica, ha fatto persino meglio di Marit. Simone Niggli-Luder, orientista bernese, che ha compiuto 40 anni il 6 gennaio di quest’anno, di campionati mondiali ne ha conquistati 23, tra il 2001 e il 2013. Fra questi, 9 sono entrati in bacheca quando Simone era già mamma di Malin e dei gemelli Anja e Lars. Scusate, dimenticavo che, nel frattempo, l’atleta più vincente della storia, si era laureata in biologia all’Università di Berna.
Non è molto diversa la vicenda di Nicola Spirig, triatleta 36enne di Bülach, laureata in diritto. Pratica uno sport massacrante, tuttavia, dopo l’oro ai Giochi di Londra del 2012, e dopo aver messo al mondo Yannis, è tornata sul podio olimpico a Rio de Janeiro nel 2016. Quindi è arrivata Malea, e mamma Nicola ha trionfato agli Europei di Glasgow. Nell’aprile del prossimo anno i signori Spirig Hug (il marito, ex triatleta di punta) accoglieranno il terzo pargoletto. Come dire che, in vista dei Giochi olimpici del 2020 a Tokio, la speranza di una terza medaglia è tutt’altro che irrazionale. E pensare che Nicola dovrà allenarsi per primeggiare in una disciplina multipla che comporta 1500 metri a nuoto, 40 km in bicicletta e 10 km di corsa a piedi. Ma lei ha, come spesso accade alle mamme, una forza interiore più profonda. Uno spirito di cui marito, figli, amici e sostenitori possono andare fieri.