Lo sport e l’inclusione possibile

Disabilità – L’attività dell’Associazione InSuperAbili a favore delle persone paraplegiche alle quali offre consulenza, sostegno e la possibilità di praticare un’ampia gamma di discipline sportive
/ 11.02.2019
di Natascha Fioretti

Nella vita, sia sul lavoro, sia nel privato, ho imparato quanto la condivisione di un’esperienza possa fare la differenza. L’esperienza personale unisce le persone, i progetti e gli intenti. Condividere, seppur con sfumature diverse, il contatto fisico ed emotivo con una certa realtà delle cose cambia lo sguardo ma, soprattutto, nelle persone accende un motore, una forza di volontà che altrimenti manca. 

È questo il mio ragionamento mentre ascolto Walter Lisetto parlarmi degli InSuperAbili, l’Associazione che presiede dal 2012, da quando un gruppo di ragazzi con disabilità che praticava handbike gli ha chiesto se voleva farne parte. «Per me questa opportunità ha simboleggiato la chiusura di un cerchio. Ho sentito che aderire al progetto era la cosa giusta da fare». Walter Lisetto ha un fratello che, giovanissimo, è rimasto tetraplegico a causa di un incidente. Non è facile in questi casi scendere a patti con la nuova esistenza anche quando i famigliari danno tutto il loro supporto e le cure mediche adeguate non mancano. «Mio fratello non è mai riuscito ad accettare la sua nuova condizione. Come dice lo scrittore italiano Giuseppe Pontiggia nel suo libro Nati due volte, chi fa questa esperienza vive due volte e la seconda deve iniziare tutto da zero. Non potendo essere d’aiuto a mio fratello nella misura in cui avrei voluto, mi è sembrato naturale poterlo offrire ad altre persone pronte, nonostante tutte le difficoltà e le barriere del caso, ad accettare la loro nuova condizione e ad abbracciare una nuova vita».

L’Associazione InSuperAbili è una delle 27 sezioni ufficiali dell’Associazione Svizzera dei Paraplegici (ASP) di Nottwill, l’associazione mantello delle persone mielolese, che in tutta la Confederazione conta oltre 11’000 membri tra soci attivi (con disabilità) e soci passivi (sostenitori). Lo scopo degli InSuperAbili è quello di aiutare le persone con disabilità a rimettersi in pista dopo un grave infortunio o una pesante malattia. E quale migliore ricetta se non quella dello sport che in molti casi si rivela essere uno straordinario percorso di recupero personale e di integrazione sociale. «La nostra associazione no-profit crede fortemente nello sport e sin dalla sua fondazione, oltre a tutte le attività di tempo libero, gite, cene enogastronomiche, visite ai musei, offre un’ampia gamma di discipline sportive ai propri membri». L’associazione che oggi conta 350 soci tra i quali 80 attivi, si propone, inoltre, di tutelare gli interessi dei mielolesi nei confronti del pubblico e delle autorità, incoraggiare e sviluppare l’amicizia e la solidarietà fra i soci, promuovere le pari opportunità delle persone disabili nella società, collaborare con altri Enti, pubblici o privati, con analoghi scopi e abbattere le barriere architettoniche. «In altre parole il nostro club permette alle persone con disabilità di inserirsi in un nuovo tessuto sociale, fare amicizia e, attraverso l’esempio dello sport, e il senso di emulazione che ne deriva, trasmettere un messaggio tanto semplice quanto fondamentale: “se quella ragazza tetraplegica riesce a divertirsi facendo aerogravity o andando a sciare, posso riuscirci anch’io”», conclude Walter Lisetto.

Tra le varie discipline, gli InSuperAbili offrono la possibilità di fare nuoto, tennis, giornate in montagna sugli sci, attività di vela, parapendio e molto altro. Quella che ha più successo è sicuramente l’handbike. Ne sa qualcosa Gian Paolo Donghi che fa parte del team e da dieci anni, dal 2008, è il referente dell’ASP per il Ticino. In altre parole è l’antenna sul territorio della Svizzera italiana per il Centro svizzero per paraplegici di Nottwill e attraverso la tecnica del Peer Counseling, «Consulenza tra pari», basata sul principio di reciproco scambio d’idee tra due persone che si trovano in una situazione di vita simile, ha il compito di seguire le persone che arrivano a Nottwill nel loro percorso di recupero.

Gian Paolo Donghi ha avuto un incidente in moto nel 1992 e da allora è paraplegico. L’ho conosciuto in occasione di un evento sulla disabilità tenutosi a Lugano dal titolo «Una vita senza barriere. Disabili siamo tutti» organizzato da Business Professional Women Ticino e dall’Associazione Down Universe. In quell’occasione ha raccontato la sua storia mettendo a fuoco alcuni punti essenziali per chi vive esperienze come la sua: l’importanza di rientrare al lavoro, l’opportunità di poter fare una riqualifica professionale se necessario, l’inclusione nella società, l’autonomia e la possibilità di fare sport. «Partecipo spesso a gare in handbike, ed in queste occasioni sportive atleti disabili e non, gareggiano fianco a fianco. Mi sento di affermare che lo sport è davvero un terreno fertile in grado di dimostrare come l’inclusione sia possibile e reale. È un ambito nel quale i valori dell’inclusione e del rispetto reciproco sono messi in atto da persone che condividono la passione per una sana competizione sportiva. Un ambito al quale sarebbe sicuramente vantaggioso ispirarsi e da cui si potrebbero trarre modelli concreti e positivi da estendere ad altri settori della vita sociale».

Oggi grazie al suo lavoro Gian Paolo Donghi aiuta persone che si trovano nella sua stessa situazione a trovare la ricetta per andare avanti. Ad esempio con la consulenza di un architetto valuta se l’appartamento è idoneo a ricevere la persona una volta dimessa da Nottwill oppure se sono necessarie delle modifiche. «Inoltro le richieste all’ASP per gli aiuti finanziari necessari, nel caso una persona decida di praticare dello sport le indico a chi rivolgersi, fornisco consigli riguardo ai mezzi ausiliari da acquistare. Seguo la persona in tutto e per tutto, sono il suo punto di riferimento».

Gli chiedo se in dieci anni di attività c’è stata una persona o una storia che gli è rimasta particolarmente impressa. «C’è stato il caso di un ragazzo – racconta – che conoscevo, veniva con noi a sciare, ci accompagnava nelle nostre uscite in carrozzina. Un bel giorno ha avuto un infortunio con la bicicletta ed è rimasto tetraplegico. E lì devo dire la verità, l’ho detto anche ai miei superiori, ho avuto un po’ di difficoltà quando sulla lista ho visto il suo nome. Il primo giorno sono andato a trovarlo in clinica e mi ha fatto un certo effetto. Lui è stato bravo, mi ha messo subito a mio agio. Mi ha detto “stavolta è capitato a me, nessuno è immune”».

Se associazioni come gli InSuperAbili offrono preziosi esempi di inclusione e di vita comune all’insegna del rispetto e del divertimento, non è sempre lo stesso nei nostri contesti di vita urbana. Gian Paolo Donghi è dovuto arrivare con mezz’ora di ritardo al nostro appuntamento in centro a Lugano per via di una Smart che abusivamente occupava due parcheggi riservati a persone con disabilità dietro al Casinò. L’inclusione passa anche da qui, ricordiamocelo. E se avete voglia di diventare anche voi degli InSuperAbili, contattate l’Associazione, i volontari non sono mai abbastanza! (info@insuperabili.ch)