Lustro significa lucente: come i cinque anni di AvaEva, un’associazione ora indipendente nata dalla sorella ticinese del progetto GrossmütterRevolution, ideato dal Percento culturale Migros e attivo da più tempo in Svizzera interna. Entrambi si occupano di creare una rete di scambio, proposte di attività e di riflessioni alle donne che hanno raggiunto la terza età.
AvaEva è un’associazione strutturata in maniera democratica, mi spiegano Norma Bargetzi, la coordinatrice, di professione psicoterapeuta, e Anita Testa-Mader, membra di comitato, ricercatrice psicosociale. Ci sono attività promosse dall’Associazione stessa, come il convegno annuale a ottobre e la tavola rotonda in primavera, dove AvaEva sceglie un tema e propone conferenze, workshop e discussioni con specialiste; ma poi ci sono molti gruppi autogestiti nati in seno all’associazione su desiderio delle partecipanti. C’è il caffè narrativo, in tedesco ad Ascona e in italiano a Mendrisio, che lavora sull’autobiografia, ci sono le uscite tra nonne e nipoti alla scoperta della natura nel nostro cantone, ci sono i gruppi che riflettono sui diritti giuridici delle nonne o sul femminismo nella terza età, ci sono i gruppi per parlare, per fare le passeggiate.
Le donne hanno temi specifici che riguardano l’invecchiare, il ritrovarsi sole, il fare le nonne, l’avere poca disponibilità finanziaria pur avendo lavorato a casa tutta la vita, l’abitare, la sessualità, i simboli e gli antichi linguaggi femminili. La sociologa Marina Piazza, che è stata ospite di AvaEva durante il suo ultimo convegno lo scorso ottobre, ha sottolineato come la vecchiaia è ormai un fenomeno di massa e come sia preponderante il numero di donne in questa fascia di età; questo le porta a essere più sole, spesso più vulnerabili, senza dimenticare che non esiste un modo unico di invecchiare, ma tanti, proprio come esistono tanti modi di essere giovani. E le mie due interlocutrici aggiungono che si vuole uscire dallo stereotipo sia della donna vecchia che non piace più e quindi diventa oggetto di derisione, sia dai modelli pubblicitari, in cui si vedono donne eternamente giovani: «Si fa fatica a ritrovarsi sia nell’una che nell’altra figura. E questo è un discorso che rientra nella visione che la società ha della donna: per noi e per le giovani di oggi vogliamo proporre un discorso diverso, che valorizzi ogni persona per quello che è».
In un quaderno che racconta degli incontri luganesi del lunedì (una delle varie proposte di AvaEva), viene citata questa frase della scienziata Rita Levi Montalcini: «Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente».
Mi spiegano Norma e Anita che le donne socie o partecipanti a uno o più incontri sono molto diverse fra loro, solo accomunate dalla generazione. «Ognuna di noi ha il suo percorso di vita, la sua storia, la sua situazione attuale. Ma il sogno comune è di stare bene, di incontrarsi e far lavorare la mente tutte insieme. Chi lo fa per necessità, su temi molto pratici, come la solitudine o le questioni finanziarie; chi lo fa per la compagnia, andando a visitare luoghi di cultura o camminando per i boschi; chi invece ha voglia di impegnarsi in momenti di riflessione sulla politica, o l’autostima, o il valore del femminismo intergenerazionale, o la salute, il corpo, la cura, la morte».
Anita, che nel corso della sua vita è stata impegnata politicamente come femminista e nei gruppi sindacali, aggiunge che «è molto bello confrontarsi con uno spettro più ampio di donne. Anche tra noi “nonne femministe” ci sono differenze, però abbiamo un linguaggio comune, sappiamo che la pensiamo in modo simile su molte questioni; invece “tra le AvaEva” come ci chiamiamo qui, ci sono donne di ogni origine e colore politico, anche neutro, e non tutte sono femministe. Questo è molto arricchente per me; a volte è incredibilmente facile, perché ci si intende subito sul linguaggio e ci si scambiano opinioni e si passano bellissimi momenti insieme, altre volte va costruita una lingua comune e questo è molto stimolante».
Nella terza e nella quarta età, dunque, le questioni di genere non scompaiono, anzi: sono età in cui la donna ha più da dire e da pensare, perché ci sono percentualmente più donne anziane che uomini e anche più donne nelle case di riposo e in quelle medicalizzate; ci sono inoltre anche più donne che si occupano della cura dei nipoti, dei figli adulti, dei partner, del contesto famigliare e sociale. Si tratta dunque di un tema femminile, senza dimenticare che le “nonne” rischiano maggiormente di trovarsi in difficoltà finanziaria una volta raggiunta l’età della pensione, visto che le disparità salariali durante la “vita attiva” si ripercuotono sull’Avs e che il lavoro casalingo non è retribuito.
«Non da ultimo», proseguono Anita Testa e Norma Bargetzi, «le differenze tra le nostre vite e quelle delle nostre nonne sono più grandi che quelle tra i nostri mariti e i loro nonni: per questo ci concentriamo sulle donne, ma ciò non significa che gli uomini non possano sostenerci! Un altro aspetto che ci sta a cuore è che ci sono tante donne che hanno sviluppato competenze importanti, magari anche solo stando in casa, ma hanno acquisito questi saperi in modo inconsapevole, senza osare, senza crederci, senza valorizzarli. Per questo nei gruppi spontanei non chiamiamo per forza una specialista, ma cerchiamo di dare spazio alle competenze di ognuna, dicendo che non c’è bisogno sempre dell’esperta che viene da fuori e che ci aiuta a capire di cosa abbiamo bisogno. Il motto è: prova prima a guardarti dentro».
L’età dell’invecchiare è un’età legata a momenti di fragilità: si è più stanche, in molte cose si lascia il posto ai giovani, si è comunque però magari sollecitate ad aiutare i figli che lavorano, ci sono amici e amiche che si ammalano, parenti, e ci si deve prendere cura di loro, a volte si è più confrontate anche con la morte. In ogni caso le energie non sono più quelle di prima, e nemmeno la freschezza fisica. Può essere difficile da accettare, da trasformare in un periodo pieno di possibilità e di esperienze nuove, ricche, serene. Ancora Marina Piazza: «E non vi dirò che invecchiare è bello, non dirò “la fortuna di invecchiare”, non dirò “felici di invecchiare”, cercherò di dire: libere di invecchiare». AvaEva è nata anche per stare insieme durante questo processo, prestando ascolto a tutte, e incoraggiandosi ad affrontare ciò che occupa e preoccupa le sue 127 membre.
AvaEva, così come GrossmütterRevolution, beneficia del sostegno di Percento culturale Migros. Il nome in dialetto leventinese, proposto da Romana Camani-Pedrina, significa Nonna Eva, anche se l’associazione non è indirizzata letteralmente alle nonne, bensì alle donne della loro generazione.